I limiti della crescita, i confini del pianeta.
Ho finito di leggere gli articoli del numero di Aprile di Le Scienze dedicato ai limiti del pianeta e alle idee per arrestare il processo di overshoot in corso.
Terra 3.0 vuole significare, in modo efficace, il terzo stadio della presenza umana sul pianeta.
Che non può essere la continuazione di Terra 2.0, l'era della crescita.
L'edizione italiana di Scientifica American ha deciso questo mese di divulgare il contenuto essenziale di un lavoro uscito settimane fa su Nature a proposito dei "confini" (borders) del pianeta.
Si tratta della stima quantitativa di quei cicli e processi naturali che sono stati rapidamente modificati dall'azione della nostra specie dalla rivoluzione industriale ad oggi, e la cui variazione non può superare certi valori pena l'innesco di transizioni incontrollabili e repentine.
Una quantificazione del principio di precauzione.
Per gli appassionati di clima c'è anche un'intervista a Casarini sui problemi all'IPCC e un articolo sui problemi e limiti dei modelli climatici.
Sulla questione petrolifera c'è un circostanziato intervento di risposta all'articolo di Leonardo Maugeri del mese scorso, pubblicato nella rubrica La polemica. Il pezzo che ha tratti di genialità nella valutazione
dell'EROI del petrolio, è opera di tre autori ben noti in ASPO-Italia: Claudio della Volpe, Antonio Zecca e Luca Chiari.
Si conferma che, sulla questione ambientale ed energetica, la linea editoriale di Le Scienze è cambiata rispetto al recente passato di trionfalismo tecnoscientifico per approdare ad un più moderato e preoccupato ottimismo (a parte gli editoriali del solito Bellone).
Si conferma anche che la questione demografica resta un tabù per tutti perfino per gli scienziati che si occupano di sostenibilità e resilienza. Solo un breve accenno nell'articolo di Bill McKibben.
Nulla di simile all'intervento fulminante di Jay Forrester alla vigilia di Copenaghen.
Fino a quando questo atteggiamento culturale e politico non cambierà ci sarà sempre posto per Rientrodolce (purtroppo). E speriamo che, se cambia, non cambi troppo tardi.