Nel mio comune, Pontassieve in provincia di Firenze, con la sponsorizzazione dell'amministrazione comunale, è nato un sistema per sussidiare l'irresponsabilità riproduttiva dei pochi che non hanno capito che su questo pianeta, e anche in questo territorio comunale, siamo in troppi. Si chiama Family Card. Ne hanno parlato stasera al TG3 regionale con inusuale dispendio di tempo. Ma, per vie traverse che non sto a raccontarvi, io lo sapevo già! Non potevano chiamarla Carta Famiglia, faceva troppo catto-comunismo reale. Vuoi mettere Family Card? E' una carta sconto per chi ha tre figli o più utilizzabile nei negozi e nei servizi del territorio comunale.
Forse sarebbe d'uopo ricordare ai nostri amministratori che l'Impronta Ecologica è determinata da tre fattori:
la Popolazione, il Livello dei Consumi e il Livello Tecnologico. Con questo genere di iniziative si incoraggia l'aumento di un impronta ecologica umana già oltre ogni livello di guardia, con ben due contributi: quello demografico, e quello dei consumi.
Il tutto viene presentato come concreto aiuto alla famiglia dando per scontato che la famiglia numerosa sia un bene per tutti. Naturalmente destra e sinistra sono indistinguibili. Tutti tesi a ""rilanciare l'economia" e cioè il consumo e la crescita, non vedono, destra e sinistra, una spanna oltre il proprio naso. Impegnati a perpetuare il paradigma totalizzante della crescita economica.
Ma la cosa che duole di più, non è lo squallore quotidiano del nulla politico che si trova fra Storace e Ferrando (nessuno escluso), ma il fatto che l'unico partito politico che ha, in passato, dimostrato di capire l'entità del problema demografico, il Partito Radicale di Marco Pannella, abbia ormai rinunciato a dire alcunché sul tema. Incapace di ritrovare lo slancio delle grande battaglie anche il partito di Pannella, si è adagiato nel suo ruolo "accettabile" di promotore di diritti tanto sacrosanti quanto totalmente inutili nella convergenza dei fattori che determinano la catastrofe ecologica e sociale in atto.
Blog di Luca Pardi e Jacopo Simonetta sui limiti di questo pianeta.
sabato 30 aprile 2011
mercoledì 13 aprile 2011
Un mondo senza pesci.
Da piccolo e poi da giovane praticavo la pesca subacquea in apnea. Non ero un campione, ma ho preso anche delle belle prede. Poi una volta che uccisi un gronco di 4 Kg mi dispiacque così tanto di averlo fatto che smisi d'improvviso. Da allora ho sempre mangiato poco pesce perché quando si è abituati fin da piccoli a mangiare il pesce appena pescato ...... quello che si trova in città non è la stessa cosa.
Giorni fa ho preso questo film-documentario di Rupert Murray che consiglio a tutti. Si trova in libreria ed è sottotitolato in italiano.
Descrive e scava nel tema dell'ipersfruttamente delle popolazioni di pesci. Si dibatte se alcune popolazioni di tonni siano diminuite del 90 o del 70% in pochi decenni. Si viene a sapere che la capacità di pesca delle flotte pescherecce è molto superiore a quanto viene pescato realmente. Eppure già ora si pesca in modo forsennato. La condizione del tonno rosso è emblematica, gli scienziati che studiano la popolazione di questo animale consigliano di non pescare più di 15.000 tonnellate/anno (15 kilo t/a) nel mediterraneo per impedire il collasso della popolazione e di limitarsi a 10 kilo t/a se si vuole ripristinare la popolazione. La quota permessa dall'ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) è di 29,5 kilo t/a, ma si stima che il risultato della pesca illegale raggiunga la quota di 60 kilo t/a. E molto di questo viene pescato proprio da pescatori illegali italiani nel silenzio del nostro governo. Fra la Tunisia e Lampedusa e oltre verso le coste libiche si verifica anche questo sterminio condotto con mezzi tecnologici efficacissimi, aerei (illigali) individuano i banchi di pesce e guidano i pescherecci alla cattura di massa.
Si verificano anche fenomeni di neo-colonialismo con la distruzione delle zone di pesca tradizionali dell'Africa occidentale da parte di flotte pescherecce ipertecnologiche provenienti dai paesi industrializzati.
Si apprende anche che la multinazione Mitsubishi controlla qualcosa come il 60% del commercio di tonno nel mondo. Non si occupa direttamente della pesca ma lo compra. Sembra che stiano creando delle riserve di tonno congelato da tirar fuori quando la pesca sarà esaurita.
Insomma immaginatevi se a qualcuno venisse in mente di industrializzare la caccia rastrellando boschi e cieli uccidendo ogni singolo animale. Ecco questo avviene lontano dai nostri occhi in tutti i mari del mondo. Immagino già alcuni che proporranno l'acquacultura, cioè l'allevamento dei pesci, come alternativa alla pesca indiscriminata. Purtroppo per loro non è così. Il caso del salmone è emblematico di questa situazione. Il salmone un tempo raro e costoso è diventato ormai un pollo di allevamento con grave detrimento della variabilità biologica della specie e altri squilibri come il fatto che per allevare pesci carnivori di grandi dimensioni si devono pescare (ci risiamo) altri pesci più piccoli per fare i mangimi.
L'assurdo della devastazione dei mari si verifica con il krill, principale cibo dei cetacei, che viene pescato in quantità industriali per due ragioni fondamentali: l'esoscheletro serve per fare prodotti cosmetici e le proteine per fare mangimi per gli animali domestici.
Tutto questo e molto altro si trova in questo documentario e nel libretto allegato e curato da slowfood. C'è una sola soluzione che non è molto tecnologica: ridurre il consumo di pesce e ridurre il numero di bocche.
Ambedue le cose potrebbero essere fatte in modo incruento con il semplice uso della ragione di cui Homo Sapiens Sapiens si vanta di essere l'unico depositario. Per ridurre il numero di bocche, in particolare .... beh si immagino che sappiate come si fa.
Giorni fa ho preso questo film-documentario di Rupert Murray che consiglio a tutti. Si trova in libreria ed è sottotitolato in italiano.
Descrive e scava nel tema dell'ipersfruttamente delle popolazioni di pesci. Si dibatte se alcune popolazioni di tonni siano diminuite del 90 o del 70% in pochi decenni. Si viene a sapere che la capacità di pesca delle flotte pescherecce è molto superiore a quanto viene pescato realmente. Eppure già ora si pesca in modo forsennato. La condizione del tonno rosso è emblematica, gli scienziati che studiano la popolazione di questo animale consigliano di non pescare più di 15.000 tonnellate/anno (15 kilo t/a) nel mediterraneo per impedire il collasso della popolazione e di limitarsi a 10 kilo t/a se si vuole ripristinare la popolazione. La quota permessa dall'ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) è di 29,5 kilo t/a, ma si stima che il risultato della pesca illegale raggiunga la quota di 60 kilo t/a. E molto di questo viene pescato proprio da pescatori illegali italiani nel silenzio del nostro governo. Fra la Tunisia e Lampedusa e oltre verso le coste libiche si verifica anche questo sterminio condotto con mezzi tecnologici efficacissimi, aerei (illigali) individuano i banchi di pesce e guidano i pescherecci alla cattura di massa.
Si verificano anche fenomeni di neo-colonialismo con la distruzione delle zone di pesca tradizionali dell'Africa occidentale da parte di flotte pescherecce ipertecnologiche provenienti dai paesi industrializzati.
Si apprende anche che la multinazione Mitsubishi controlla qualcosa come il 60% del commercio di tonno nel mondo. Non si occupa direttamente della pesca ma lo compra. Sembra che stiano creando delle riserve di tonno congelato da tirar fuori quando la pesca sarà esaurita.
Insomma immaginatevi se a qualcuno venisse in mente di industrializzare la caccia rastrellando boschi e cieli uccidendo ogni singolo animale. Ecco questo avviene lontano dai nostri occhi in tutti i mari del mondo. Immagino già alcuni che proporranno l'acquacultura, cioè l'allevamento dei pesci, come alternativa alla pesca indiscriminata. Purtroppo per loro non è così. Il caso del salmone è emblematico di questa situazione. Il salmone un tempo raro e costoso è diventato ormai un pollo di allevamento con grave detrimento della variabilità biologica della specie e altri squilibri come il fatto che per allevare pesci carnivori di grandi dimensioni si devono pescare (ci risiamo) altri pesci più piccoli per fare i mangimi.
L'assurdo della devastazione dei mari si verifica con il krill, principale cibo dei cetacei, che viene pescato in quantità industriali per due ragioni fondamentali: l'esoscheletro serve per fare prodotti cosmetici e le proteine per fare mangimi per gli animali domestici.
Tutto questo e molto altro si trova in questo documentario e nel libretto allegato e curato da slowfood. C'è una sola soluzione che non è molto tecnologica: ridurre il consumo di pesce e ridurre il numero di bocche.
Ambedue le cose potrebbero essere fatte in modo incruento con il semplice uso della ragione di cui Homo Sapiens Sapiens si vanta di essere l'unico depositario. Per ridurre il numero di bocche, in particolare .... beh si immagino che sappiate come si fa.
lunedì 11 aprile 2011
Non esistono catastrofi naturali.
....ma esiste la stupidità umana amplificata dalla boria tecno-religiosa che ha preso il sopravvento sulla saggezza.
Riprendo la foto seguente e la didascalia da questo articolo.
In questa foto del 31 marzo, 2011 foto, una lastra di pietra vecchia di secoli avverte del pericolo di tsunami. Essa si trova nella frazione di Aneyoshi, della Prefettura di Iwate, nel nord del Giappone. Centinaia di tali marcatori punteggiano la costa, alcuni di essi da più di 600 anni. Nel loro insieme, formano un sistema di allarme per il Giappone, la cui linea di costa, che si estende lungo linee di faglia principali ne hanno fatto un bersaglio di ripetuti terremoti e maremoti nel corso dei secoli. (AP Photo / Vincent Yu)
Riprendo la foto seguente e la didascalia da questo articolo.
L'iscrizione dice: "Ricorda la calamità dei grandi tsunami. Non costruire nessuna casa al di sotto di questo punto."
In questa foto del 31 marzo, 2011 foto, una lastra di pietra vecchia di secoli avverte del pericolo di tsunami. Essa si trova nella frazione di Aneyoshi, della Prefettura di Iwate, nel nord del Giappone. Centinaia di tali marcatori punteggiano la costa, alcuni di essi da più di 600 anni. Nel loro insieme, formano un sistema di allarme per il Giappone, la cui linea di costa, che si estende lungo linee di faglia principali ne hanno fatto un bersaglio di ripetuti terremoti e maremoti nel corso dei secoli. (AP Photo / Vincent Yu)
martedì 5 aprile 2011
Cambio titolo al mio blog.
Cambio titolo, tanto non istituiremo mai un Malthus day. Malthus non osano nominarlo nemmeno quelli che ci danno ragione, a noi di Rientrodolce, sulla questione demografica. Questioni di opportunità. Troppo scomodo il vecchio reverendo Malthus. Comunque se qualcuno avrà voglia di riprendere la bandiera è libero di farlo, festeggerò ogni suo successo.
Anche il rientro dolce suona ormai come una canzonatura beffarda di fronte a quello che sta succedendo. Non c'è più spazio per un rientro dolce, è iniziato il rientro amaro. La politica è definitivamente inservibile allo scopo che ci prefiggevamo. Al massimo riesce, quando ci riesce, a gestire gli eventi contingenti. Quando riesce a gestirne due di fila, perdendo il controllo di altri mille, afferma di avere una strategia. Inservibile ad ogni livello, ma a quelli più alti è perfino peggio.
Il nuovo titolo me lo ha suggerito un politico amico mio che alle critiche a proposito delle posizioni, sue e del suo partito, in merito alla questione libica, e di tutto il mondo arabo, risponde che faccio, appunto, commenti dalla collina. Fare commenti dalla collina significa, credo, guardare da fuori senza fare nulla. Loro invece sono attivissimi nel dare il loro contributo a rimpiazzare il tagliagole di turno con altri tagliagole in nome della democrazia e della libertà. Loro sono sempre portatori di valori superiori. E questo attivismo gli da la sicurezza di chi fa. In questo momento la cosa più saggia da fare è sparire, dileguarsi, ritirarsi, abbandonare il campo, rinunciare .... lasciare che l'Impero collassi come deve.... Al massimo, finché c'è elettricità per tener su il computer e la rete, fare, ogni tanto, senza eccessivi sforzi, qualche commento dalla collina.
Finalmente mi libero del dovere di essere ottimista e di fare qualcosa per dimostrarlo. Mi sento già meglio.
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