Per spiegarmi meglio, porterò ad esempio due fra i molti articoli che nientepopodimenoché Paul Krugman scrive per le maggiori testate del mondo (nella fattispecie The New Youk Times).
Nel primo, “Limiti della crescita e roba simile” (22 Aprile 2008) l’illustre accademico afferma che il celeberrimo studio del gruppo dei Meadows è notoriamente carta straccia, ma anziché argomentare la sua affermazione, parla di un precedente modello che sarebbe risultato “spazzatura in ingresso e spazzatura in uscita” ; anche in questo caso senza spiegazione o esemplificazione alcuna, ma semplicemente perché l’autore di tale articolo era un ingegnere e non un economista. In sintesi: ognuno coltivi il suo orto senza ficcanasare in quello del vicino che fa brutta figura.
Ma il livore fra colleghi fa parte dell’etologia accademica da sempre; nessun problema.
La cosa sorprendente viene nel seguito dove, a titolo di esempio di un lavoro viceversa molto serio, cita un ponderoso studio di Nordhaus sui costi delle energie alternative al petrolio (rinnovabili e non), concludendo che, nei decenni, tutte le previsioni tanto economiche che tecnologiche si sono rivelate largamente sbagliate per eccesso di ottimismo. Tant'è che gli anni 2000 si stanno dimostrando molto diversi da come ce li eravamo immaginati 20 o 30 anni fa. Il progresso non si è fermato, dice Krugman, ma ha subito un brusco rallentamento che risulta evidente confrontando quanto avvenuto nel periodo 1908 – 1958 e quanto avvenuto, invece, fra il 1958 ed il 2008.
Ma, mi domando, questa non è la prova provata che la legge dei ritorni decrescenti si applica all'economia globale, esattamente come hanno sempre sostenuto i Meadows, il loro precursori ed i loro continuatori?
Non pago di tale paradosso, Krugman conclude con una frase a dir poco stupefacente:
“Insomma, anche se la i Limiti della Crescita e roba simile degli anni ’70 erano un pasticcio, la storia dell’energia e della tecnologia non supporta davvero un grande ottimismo.”
Che a me pare come dire: “Malgrado Tizio avesse torto su tutto, i fatti gli danno ragione”. O no?
Poiché potrebbe anche trattarsi di un malinteso, ho letto un secondo articolo, molto più recente, sullo stesso argomento: “Navigare lentamente ed i presunti Limiti della Crescita” (7 Ottobre 2014) in cui Krugman spiega che negli Stati Uniti si sta formando una stravagante coalizione politica fra tre soggetti molti diversi: - Destra repubblicana, ostile per principio a qualunque azione in favore del clima; - Sinistra storica, ostile per principio al sistema capitalista; - “Scienziati duri” che pensano di essere più furbi degli economisti. Per inciso, non una parola sul fatto che ci sono anche degli economisti (pochi) che la pensano come gli “scienziati duri”.
Questa eterogenea accozzaglia avrebbe, pare, lo scopo comune di convincere il mondo che la crescita del PIL e quella delle emissioni clima-alteranti sono necessariamente accoppiate.
A dimostrazione di quanto costoro si sbaglino, il Nobel cita l’esempio delle petroliere che, per ridurre i costi, hanno trovato una facile parata: rallentare le navi. Di sicuro non lo avreste mai immaginato, ma diminuendo la velocità i consumi diminuiscono in modo più che lineare! Guarda caso l’argomento usato dai perfidi “hard scientists” che hanno sempre detto di non accelerare troppo perché i consumi salgono in misura più che lineare. Insomma, qualcosa del tipo “Tizio sbaglia a dire che non bisogna accelerare, in realtà bisogna rallentare”. O capisco molto male l’eccellente prosa di Krugman?
Non pago di ciò, il nostro prosegue ammettendo che in questo modo la quantità di petrolio trasportata diminuisce e con essa il PIL, ma niente paura. Basta costruire delle navi in più da mettere a navigare pian piano sulle stesse rotte et voilà: abbiamo ridotto i consumi e le emissioni, facendo nel contempo crescere il PIL. (?!?) Alla faccia dei sofisticati pensatori che non conoscono i processi produttivi reali, l’energia non è che un input fra i tanti ed è quindi sostituibile; in questo caso da più capitale e più lavoro a fronte di meno nafta.
Qualche “hard scientist” potrebbe forse porre domande tipo: Per costruire e manutenzionare le navi non si consuma energia? Più navi in mare non consumeranno più nafta? A chi dovrebbero portare più petrolio, visto che tutti ne stanno comprando meno, tanto che i petrolieri devono rallentare le navi che fino a ieri avevano voluto più veloci? Ma questioni di tanta futilità non vengono nemmeno prese in considerazione e si conclude che questo semplice esempio dimostra incontrovertibilmente come la crescita economica possa benissimo andare a braccetto con la riduzione dei consumi. E, anziché spiegarci come mai questo, almeno finora, non sia mai accaduto, Krugman conclude con la seguente frase: “ Se pensate di aver trovato un argomento profondo che dimostra che questo è impossibile, significa che vi siete intrappolati da soli con le vostre parole”. Cioè: “Chi la pensa diverso da me sbaglia perché io ho ragione.”
A questo punto mi sorge una riflessione. In quattro righe su di un quotidiano costui liquida decenni di lavoro di teste del calibro di Jevons, Georgescu-Roentgen, i coniugi Meadows, Odum, Nash, Daly, Roddier e tantissimi altri; per la maggior parte “hard scientists” (chissà perché?), ma anche economisti.
Ma anche io che sono un pinco pallino qualunque mi permetto di irridere le opinioni di un premio Nobel su di un piccolo blog. Chi di noi due pecca maggiormente di orgoglio?