Se non si conviene sul fatto che il mondo è ad un bivio, che non è più possibile, con 7 miliardi di individui, pensare di continuare a crescere ancora di numero e di consumi, se non si capisce che la crescita demografica si è basata sullo sfruttamento delle risorse di petrolio, gas e carbone, cioè di risorse non rinnovabili, se non si conviene sul fatto che i consumi individuali moltiplicati per il numero di individui stanno rapidamente erodendo la vivibilità del pianeta, se non si conviene sul fatto che il problema non è far ripartire la crescita economica, ma come fare senza crescita economica. Beh, se non si conviene su tutto questo allora è anche inutile iniziare a parlare.
Quando si mettono al mondo bambini si deve capire quello che si fa e quello che gli si offre. Oggi gli si offre un mondo affollato, inquinato, impoverito di risorse e sull'orlo di un collasso ecologico senza precedenti. Questo è quello che penso io. Alcuni, molti, mi ribattono che non è vero, che si sta meglio di prima e che staremo sempre meglio. Non mi hanno mai convinto. Non che io neghi che oggi in Europa si stia meglio di un secolo fa, il problema è che non siamo autorizzati ad estrapolare la dinamica socio-economica euro-americana degli ultimi due secoli nel futuro come se fosse una traiettoria stabilita in modo infallibile.
E' questo almeno uno dei problemi. Nella cultura tecno-economica dominante si è sviluppata la tendenza pericolosissima a prendere per leggi di natura fenomeni storici transienti come la transizione demografica, la crescita economica e lo sviluppo tecnologico. E questa forma mentis è diventata talmente forte da farsi prima ideologia e poi fede. Il risultato è che se parli di limiti della crescita, di limiti biofisici del pianeta, se ti opponi all'idea che sia possibile continuare a riprodursi come conigli di allevamento, vieni immediatamente classificato come retrogrado, identificato come uno di quelli che sognano e propongono il ritorno al bel tempo che fu quando la natura era incontaminata e si moriva di fame. Allo stesso tempo ti ribattono con le loro convinzioni sulle magnifiche sorti e progressive dello sviluppo tecnologico e dell'ingegno umano, e sul fatto che questo in cui viviamo è il più lungo periodo di storia senza guerre, con il maggior benessere ecc ecc. Usano una narrazione che rientra perfettamente nella metafora del tacchino di Thanksgiving il quale, vedendo che ogni giorno gli veniva portato del buon becchime, era convinto che il pollaio fosse un posto magnifico dove vivere, poi, appunto, arrivò Thanksgiving.
Tacchino ripieno al forno, ricetta tipica di Tanksgiving (il giorno del ringraziamento) |
Ho rappresentato la crescita della popolazione in un modo che mi permettesse di capirla non solo con l'intelligenza razionale dei numeri, ma con l'intelligenza emotiva. Se ognuno lo facesse sarebbe forse un primo passo verso una consapevolezza condivisa di dove siamo. La popolazione umana era poco superiore ad 1 miliardo quando nacque il mio bisnonno Ulisse, nonno Francesco (detto Pancho) nacque quando la popolazione era di 1 miliardo e trecento milioni, babbo nel 1917 quando la popolazione era di 1,8 miliardi, io nel 1957 con una popolazione di 2,7 miliardi, il mio primo figlio, Galileo, nel 1995 con una popolazione di 5,7 e Rebecca, nel 2009 ad un livello di popolazione prossimo ai 7 miliardi. Una progressione che non ha uguali nella storia.
Se non si conviene sul fatto che questo pianeta è sovrappopolato, cioè che l'umanità è in overshoot ecologico, cioè che ha superato la capacità di carico del pianeta, cioè che SIAMO TROPPI, non si capirà mai come mai quelli come me si preoccupano della crescita demografica, anche se ha rallentato, e considerano la bassa natalità una virtù e non un vizio, e pensano che si debbano affrontare i problemi dell'invecchiamento della società e della fine della crescita economica piuttosto che cercare di rilanciare un meccanismo inceppato.