Dal punto di vista ecologico Homo sapiens è in overshoot. Cioè la sua popolazione ha superato la capacità di carico dell'ecosistema che la sostiene che è l'intero pianeta. Ormai è un dato scientificamente assodato non vi segnalo neppure un link preciso perché una ricerca con parola chiave "overshoot day" da come risultato migliaia di hit anche in italiano. Se invece volete approfondire c'è il Global Footprint Network di Mathis Wakernagel, ma è in inglese. Ci sono pubblicazioni e libri sull'argomento. Dal mio punto di vista il problema è chiuso. L'overshoot è un fatto abbiamo risposto (il plurale allude al fatto che in molti hanno risposto, non è un plurale maiestatis) a tutte le possibili obbiezioni e siamo ragionevolmente tranquilli sul fatto che sarà difficile trovarne di nuove e tali da farci cambiare radicalmente idea (Un caveat per me stesso più che per altri: anni fa, un mio amico e compagno, in un ambito differente ostentava esattamente la stessa sicurezza con parole simili: "abbiamo risposto a tutte le possibili obbiezioni". Poi in realtà la cosa si è rivelata più difficile di quanto lui pensasse e alcune obbiezioni erano meno peregrine di quanto lui allora pensasse. Per questo motivo mi riservo un'area incontaminata dove possano proliferare obbiezioni intelligenti. Ma che siano intelligenti please, non le solite favole sull'ingegnosità umana, i miracoli del libero mercato, et similia).
Si tratta di farsi un'idea come sarà il rientro dall'overshoot, perché da un overshoot inesorabilmente si rientra. Lo dice la termodinamica prima della biologia. E di fare il possibile perché sia il meno amaro possibile per la maggior parte possibile di persone sulla Terra.
Naturalmente i due corni del problema sono il numero di persone e i loro consumi. Sia il primo che il secondo attengono alla sfera economica. L'ideologia che domina la politica del mondo globalizzato (quella che Luciano Gallino chiama la società- mondo) è quella della crescita. La componente neo-liberale che ha dominato le politiche mondiali degli ultimi decenni, lamentandosi di improbabili fallimenti keynesiani, ha portato la bella situazione in cui siamo. Le analisi non ortodosse, cioè quelle che nell'accademia non hanno successo, ma fortunatamente cominciano ad averlo sul web, si sprecano. L'ultima che ho sentito è una intervista fiume di due ore e mezzo ad Alberto Bagnai che spiega molto chiaramente (merito anche dell'intervistatore) la crisi del debito in Europa e quello che lui chiama il disegno neo-mercantilista tedesco.
Ma prima della crisi del debito c'è la crisi finanziaria del 2007-2008 partita dagli USA.
Quelli che guardano il mondo dal Picco delle Risorse [cfr ASPO-Italia 1, 2 e 3, The Oil Drum, Gail Tverberg, Ugo Bardi] con il punto di vista dei Limiti dello Sviluppo [cfr Club di Roma, I Limiti dello Sviluppo] hanno annunciato la crisi dalla fine degli anni 90, [Colin Campbell, Matthew Simmons] prima in modo specialistico, cioè riferendosi alla questione della dipendenza della società- mondo dal flusso di petrolio a buon mercato, poi, via via, riconoscendo il problema della non sostenibilità di un metabolismo sociale ed economico che ha debordato rispetto ad ogni possibile confine di sicurezza per quanto riguarda sia il consumo di risorse non rinnovabili (fonti fossili di energia e minerali) sia per la profonda (e presto irreversibile) modifica dei cicli biogeochimici del pianeta, in primis quello del carbonio, alla base dei cambiamenti climatici (altro dato scientificamente incontrovertibile che solo alcuni mestieranti della comunicazione continuano a mettere in dubbio con argomenti scientificamente nulli, ma mediaticamente efficaci), quello dell'acqua, quello dell'azoto, quello del fosforo .... [Richard Heinberg, Planetary Borders].
Quando la crisi è arrivata aveva la forma della crisi finanziaria, ma poteva essere il primo effetto del superamento dei limiti che, in varie maniere, si presenta con una crescente viscosità al processo economico. Il fatto che il barile abbia un prezzo che è quasi un ordine di grandezza maggiore di quello dell'ultimo decennio del 900' avrà pure un significato.
Si badi, non si tratta di individuare LA CAUSA della crisi nel Picco del Petrolio convenzionale [ref] avvenuto nel 2005-2006. Se c'è una cosa che ci ha insegnato Limiti dello Sviluppo è che la società- mondo non può essere descritta in termini di catene di cause effetti, ma in termini di cicli di retroazione fra loro accoppiati a formare una complessa rete che risponde in modo non lineare alle sollecitazioni. E' ovvio, per noi, che escludere da questa rete l'influenza della progressiva rarefazione delle materie prime sul processo economico è sbagliato. Le spiegazioni puramente economico- finanziarie- monetarie, per quanto
importanti non sono interamente convincenti. In pratica non mi riesce di
pensare che crisi ecologica ed economica siano non correlate. La cosa
di cui siamo sicuri è che i diversi processi: quelli ecologici, quelli
sociali, quelli dell'economia reale e quelli dell'economia finanziaria
hanno tempi molto diversi. Questo può determinare diverse modalità di
interazione fra gli elementi della rete e in alcuni casi un'apparente assenza di correlazione.
Le spiegazioni storiche: le crisi del debito ci sono sempre state ed hanno modalità analoghe dal tempo dei banchieri fiorentini del 300' è tanto vera quanto non particolarmente rilevante nel caso odierno. La particolarità del caso contemporaneo è che oggi, per la prima volta nella storia, viviamo in una società- mondo che è confinata in un ecosistema finito dal quale è impossibile emigrare o uscire alla conquista di nuove frontiere.
Ed ecco che arriva il complotto. Supponiamo che la parte apicale della classe dirigente della società- mondo abbia capito benissimo: il tempo della crescita è finito, la decrescita è inevitabile, i due corni del problema sono consumi e popolazione. La ricetta è semplice: 1) lasciamo che le popolazioni più esposte alla fame, agli effetti dei cambiamenti climatici, all'aumento dei costi delle materie prime ecc si riducano "liberamente" 2) comprimiamo i consumi delle classi medie e basse dei paesi industrializzati. Il disegno è quello di un rientro amaro sapientemente guidato. Qualche guerra per le risorse, e qualche epidemia può aiutare nel cammino verso la sostenibilità.
E' ovvio che la popolazione va ridotta laddove aumenta di più e i consumi vanno compressi laddove sono maggiori. Dunque: muoiano i morti di fame e si impoveriscano gli altri che già hanno goduto abbastanza benessere. Quest'ultimo passaggio, l'impoverimento delle classi medie dei paesi sviluppati, avrebbe anche un risvolto demografico "positivo" nel grande complotto con la riduzione progressiva della speranza di vita indotta dalla distruzione del Wellfare State.
Uno scenario del genere è tanto credibile che qualcuno ci crede fermamente. Io no!
Cioè non credo nel disegno preordinato, ma non escludo che si stia realizzando autonomamente qualcosa del genere per azione di forze impersonali (gli spiriti vivi del mercato?) con il contributo di forze personali.
Ma ......
Ma il punto di approdo di questa analisi è che: 1) non esiste una classe dirigente su cui fare pressione per
invertire la traiettoria del sistema mondo 2) noi che siamo per il rientro dolce e per la mitigazione degli effetti del picco di tutto, siamo già accusati di essere parte del complotto. Parlare di limiti delle risorse e della crescita, parlare di riduzione (anche se volontaria, non cruenta) della popolazione ci accomuna alla centrale Pluto-Giudaico-Massonica ecc ecc ecc che conduce la società- mondo al Nuovo Ordine Ecologicamente Sostenibile.
Come si esce da questo accerchiamento?