mercoledì 24 marzo 2010

Lettera ai candidati (di qualsiasi elezione democratica)

Caro candidato,

iniziata l'ultima settimana di campagna elettorale ognuno si chiede per chi sarebbe meglio votare, per motivi di interesse personale, generale, nazionale, umano …. e la confusione si fa preoccupante.

Personalmente avrei un criterio molto semplice: votare qualunque politico che mostri di comprendere una o più delle questioni elencate qui di seguito (o possibilmente l'intera sequenza):

1- La crisi economico – finanziaria in cui siamo piombati nel 2008 non è altro che l'effetto di un più generale manifestarsi dei limiti della crescita economica. Il fattore più evidente di questi limiti è stato il raggiungimento di un picco di produzione globale del petrolio convenzionale che ha determinato un aumento impetuoso del prezzo dell'energia nel periodo 2004-2008 (da 30 a 140 USD/barile) che il sistema del credito basato sulla continua estensione del debito non poteva reggere altro che in condizioni di crescita materiale infinita. Fine della crescita, fine del sistema finanziario contemporaneo.

2- Il globalismo economico, le istituzioni che lo governano e le infrastrutture fisiche che lo rendono possibile dipendono da un flusso continuo di energia a basso costo. Fine dell'energia a basso costo: fine del globalismo economico e delle sue strutture locali cioè dell'intero sistema da cui dipendiamo attualmente per ogni singola azione della nostra vita.

3- Raggiunti I limiti della crescita economica e superati molti dei confini ecologici del pianeta, si è raggiunto anche il limite della crescita demografica. L'unica opzione sensata è un progetto politico di rientro dell'economia e della popolazione. Tale progetto non può evitare nel prossimo futuro un periodo di instabilità e incertezza, ma è l'unica via di uscita praticabile per attenuare, se non evitare, il collasso del sistema.

4- Tale progetto non può che partire dal 'locale'. La produzione industriale, e in particolare la produzione di energia, deve essere diffusa sul territorio e restare nelle mani delle comunità locali. Il modello di produzione e distribuzione polare dell'energia è incompatibile con il progressivo assottigliamento della dispobibilità di risorse fossili e minerali ed è impensabile in assenza o in fase di assottigliamento della disponibilità di combustibili liquidi.

5- L'intero modello di trasporto di merci e persone è legato alla disponibilità di combustibile a buon mercato. Nessuna delle soluzioni proposte per la sostituzione dei combustibili liquidi con altri combustibili (biocombustibili, idrogeno, carbone liquefatto ecc …) è praticabile per un volume di traffico come quello attuale. Il sistema di trasporti attuale è condannato, tanto vale prenderne atto. Le case automobilistiche sono un dinosauro come le compagnie aeree. Quanto di questo potrà restare in piedi non è certo, ma quello che è certo è che si dovrà pensare ad un modo di rispondere alla crisi dell'auto e di tutto il sistema dei trasporti e del suo indotto.
Un modello di trasporto che garantisca una residua capacità di movimento di persone e merci deve essere basato principalmente sul trasporto pubblico perchè, piaccia o meno, la stagione del trasporto automobilistico di massa è al crepuscolo. Con una crescente elettrificazione della produzione di energia, la trazione elettrica potrà diventare un'alternativa praticabile per il trasporto individuale e non, ma non è pensabile, neppure in questo caso, di riproporre il modello “una automobile per ciascuno” per mancanza di risorse.

6- La produzione di cibo è attualmente legata a filo doppio alla disponibilità di combustibili liquidi e perciò di petrolio a buon mercato. L'intera filiera agroalimentare industriale globalizzata va incontro a difficoltà crescenti nella fase di assottigliamento della disponibilità di petrolio. Si deve assecondare e stimolare lo sviluppo di filiere alternative che siano ecologicamente e socialmente sostenibili. Anche in questo caso non si può prescindere da una rilocalizzazione della produzione.

La rilevanza delle questioni sopra elencate in una competizione elettorale democratica come quella attuale è altissima. Le elezioni in questione riguardano infatti in gran parte le regioni che, in Italia, appaiono come la divisione territoriale dimensionalmente più adatta per mettere in atto progetti di gestione e governo dell'emergenza. Un candidato serio dovrebbe promettere di opporsi, o in caso di vittoria di porre fine, ad ogni progetto che nasca da una visione conformistica di crescita economica: blocco dei progetti edilizi, blocco della costruzione di strade e capannoni e di ogni altra infrastruttura che porti a quel drammatico consumo del territorio che ha distrutto il suolo fertile delle nostre regioni, marginalizzato e frammentato gli habitat naturali e saturato, senza altra giustificazione che la crescita indifferenziata, gli ecosistemi con gli scarti del nostro metabolismo sociale ed economico. Riduzione a zero dei rifiuti, blocco della costruzione e dell'uso degli inceneritori. Ripensamento totale della politica energetica: abbandono dei e opposizione ai megaprogetti che implicano una produzione polare dell'energia (rigassificatori, centrali nucleari e termoelettriche) a favore di una produzione distribuita, adatta alle necessità delle comunità locali e basata sull'uso esclusivo delle fonti rinnovabili. Questo porterà quasi certamente ad una riduzione dell'offerta e quindi dei consumi, ma è l'unica via per affrontare realisticamente e da subito l'emergenza. Difesa dei suoli agricoli e ripristino della loro fertilità. L'agricoltura industriale petrolio dipendente è segnata, ci si deve attrezzare per produrre cibo in quantità sufficiente per la popolazione residente. E' abbastanza ovvio che un progetto di totale autonomia alimentare sia di lunga o lunghissima durata, a meno che non sia forzato e traumatico per cause esterne (fatto che non si può escludere), ma prima si comincia a metterlo in atto, meno traumatico sarà il passaggio. Per fare questo le valutazioni sull'uso del suolo devono essere fatte olisticamente con il rigoroso rispetto dei vincoli ecologici e non in ossequio alle (sole?) convenienze economiche. Ad esempio l'uso dei suoli fertili e dei prodotti agricoli per la produzione di biomassa e biocombustibili deve essere valutata in vista dell'uso del suolo come fonte primaria di cibo.

Si deve considerare non solo l'urgenza attuale, ma la sostenibilità di certe produzioni. In un ottica del genere diventa chiaro come il sole che ogni progetto di produzione di biocombustibili deve essere abbandonato, ma anche l'uso della biomassa, utilizzando, ad esempio, gli scarti delle produzioni alimentari, può non essere considerato sostenibile a causa del mancato ritorno al suolo agricolo di una parte sostanziale dei nutrienti necessari al ripristino della fertilità. In poche parole per la sostenibilità si deve adottare non le leggi della politica economica, ma quelle della politica ecologica che tiene conto della natura termodinamica del mondo fisico in cui viviamo, fatto di cui l'economia si è dimenticata sia nella pratica che nella teoria.

Per la sostenibilità si deve altresì smettere di elevare lamenti per la decrescita della natalità. La descrescita della natalità è un fatto positivo che non può che aiutarci ad affrontare gli anni che verranno. Dalla decrescita della natalità si deve, di fatto, passare alla decrescita della popolazione. Questo sarebbe l'obbiettivo sensato da perseguire in ogni regione, nell'intero paese e sul pianeta. Una politica di riduzione demografica non può prescindere da una opportuna politica che affronti il temporaneo invecchiamento della popolazione non come una calamità, ma come un INEVITABILE fenomeno da governare.

Nessuna altra ipotesi può condurre ad alcunchè che somigli ad una politica sensata. Questo è il realismo, questo è essere pragmatici. Il resto appare come il sogno stralunato di una classe politica che non è in grado di comprendere i fenomeni in cui si è trovata ad operare e vive nel mondo dell'intrattenimento- spettacolo- informazione come se fosse il mondo reale. Tale classe politica non può chiedere il mio voto.

14 commenti:

  1. Condivido il tutto al 95% (e il 5% sono dettagli e puntualizzazioni). Temo però che se uno si presentasse con questo programma non riceverebbe che una decina di voti.

    È molto più facile promettere un milione di posti di lavoro e il rilancio dell'industria automobilistica.

    Se poi parli di decrescita demografica (lo faccio da 40 anni, e sono cattolico) ti additano subito come nazista, che vorrebbe ridurre la popolazione mettendola nei forni. È difficile, molto difficile, spiegare che la riduzione ci sarà comunque, e quella indolore è quella governata, con politiche di denatalità. L'altra lo sarà mooooolto meno.

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  2. Diagnosi perfetta. Alla cura - comunque improbabile - manca qualcosa, di certo per ragioni di sintesi (e i commenti ci stanno per questo, anche).
    Manca per es. una grande opera pubblica delle valore corrente intorno a 15 miliardi di euro, che è la ristrutturazione della rete elettrica sia di trasmissione (alta e altissima tensione) che di distribuzione locale (media tensione - dorsali e "derivate"). Questa opera può essere una gravissima "vittima" del rilancio del nucleare (=drenaggio risorse pubbliche a fronte di niente).
    Sul fronte della delocalizzazione della produzione energetica, manca di ricordare alcune evidenze "sul campo": che qualsiasi progetto di rinnovabili può essere bloccato negli ultimi 10 metri di connessione alla MT dall'opposizione di un proprietario di 100 metri quadri di terra, che le banche danno credito solo a fronte del conto patrimoniale e non (più) del conto economico, che gli enti locali impiegano minimo due anni, spesso di più, dall'idea, per installare un impianto FV da 50 kW, quando li accettano sul proprio territorio; che l'economia delle rinnovabili, soprattutto nel segmento degli impianti medio-piccoli, non è ancora del tutto maturo e accade di tutto con un trasferimento netto di attività e soldi agli avvocati, ecc ecc.
    Per finire, temo che non ci siano ne' il tempo ne' le risorse per fare tutto quello che servirebbe anche solo per attutire il colpo. E intanto l'euribor a 6 mesi ha raggiunto lo 0,95% e la rana gode nell'acqua calda (col fuoco sotto)!!!
    Francesco Meneguzzo

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  3. Caro Luca,
    condivido pressoché totalmente quanto scrivi e plaudo alla tua capacità di sintesi.
    In sostanza, lasciando volutamente sullo sfondo il diretto legame elettorale, propongo le stesse tue considerazioni alla fine di ogni incontro che faccio sulle questioni energetiche (solo per presentare il mio libro ne ho fatti 52 negli ultimi 5 mesi).
    L’unica, ma sostanziale, osservazione che mi sento di proporre è che manca completamente la visione socio-politica.
    L’introduzione pur graduale, progressiva e - se si vuole - per quanto possibile prudente, dei correttivi e delle scelte necessarie per rispondere ai diversi punti che elenchi, se non collocata all’interno di una ipotesi di struttura socio-produttiva - del tutto inedita? - che la sostenga e la realizzi, porta inevitabilmente allo sfacelo più completo dei criteri di convivenza interna nonché a insanabili contrasti e conflitti sovranazionali.
    Si pone quindi il problema di una progettualità sociale e politica di estrema complessità, in grado di esprimere un blocco sociale e una capacità di governo all’altezza dei cambiamenti.
    Dando per scontato in questo caso che si condivida l’ipotesi di una struttura socio-politica basata su una forma di democrazia rappresentativa e quindi sul consenso.
    In caso contrario tornerebbero in campo ipotesi dittatoriali o imperiali.
    Compito da affidare esclusivamente al “politico” che sarà stato eletto, in quanto avrà mostrato di “comprendere una o più delle questioni elencate” ?
    Con ogni probabilità è proprio questo il nodo più difficile da sciogliere.
    La tua lettera, senza volerlo, tende a bypassare la questione: si rivolge al politico perché realizzi obiettivi radicalmente stravolgenti … a prescindere dal consenso su cui – dopo il tuo/nostro voto e nel prosieguo dell’azione – potrà contare.
    Non è che io sappia proporre un approccio molto più efficiente ed efficace. Salvo tornare a sottolineare l’essenzialità della crescita della cultura, della consapevolezza collettiva e della seria divulgazione. Magari lavorare con pazienza su entrambi i fronti.
    Ma i tempi quasi sicuramente sono incompatibili …
    Mirco

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  4. Francesco, il tuo commento completa la mia lettera con la competenza che tutti ti riconoscono. Come sai non ho inventato nulla di nuovo, sto solo facendo una sintesi delle molte cose che ho appreso e mi sono rimaste attaccate in questi anni di ASPO, Rientrodolce, ecc...

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  5. Caro Mirco, la complessità del progetto sociale e politico mi frena non poco. Non che non ci pensi, ma fra pensare e scrivere deve correre un minimo di chiarezza. Io non ce l'ho. Mi sembra che nessuno ce l'abbia. Comunque il bypass che tu vedi è solo apparente perchè io non chiedo propriamente ai politici di fare qualcosa, ma mi rivolgo ai politici perchè elettore-cittadino intenda. E' chiaro che la maggioranza dei politici, con poche buone eccezioni, rappresentano la società e il suo livello di coscienza quindi il problema è come elevare questo livello di coscienza. E' appassionante anche il tema del blocco sociale: un tempo si diceva "la classe", ma oggi sappiamo cosa questo sia? Ci rapportiamo all'intero pianeta o alla regione (Europa) o alla nazione? Guarda, ripercorrendo l'analisi marxiana (sto faticosamente leggendo Bentornato Marx di Fusaro) del capitalismo si rimane sconcertati dal livello di profondità che essa ha, ma sul piano poi dell'attualizzazione tutto diventa incerto e poco convincente. Cercavo qualcosa in Ghandi ovviamente, ma anche lì è difficile trovare appigli sicuri che ci mettano in grado di sintetizzare un percorso politico alternativo all'attuale. Un plan B politico. In ogni caso sono molto interessato a chiunque abbia idee precise (o anche meno precise) in proposito.

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  6. Condivido quasi tutto di quello che c'è scritto nell'articolo, rimango però un po' scettico sulla questione della popolazione.

    Provo a spiegare brevemente: ovviamente non sostengo assurdità come quelle che vogliono che la popolazione possa crescere all'infinito, un livello compatibile con le capacità che il pianeta ha di offrire a tutti una vita dignitosa va individuato e reso stabile. Sul fatto che questo livello non possa essere quello raggiunto attualmente di 7 miliardi ho dei forti dubbi: se un quinto della popolazione consuma i 4/5 delle risorse il problema non possono essere quei 4/5 della popolazione che consumano il restante quinto. Inoltre i tempi stretti imposti dalla necessità di riduzione dell'impronta ecologica non sono compatibili con programmi di "rientro dolce". Non abbiamo molto tempo, il picco del petrolio è già stato raggiunto come sa bene Pardi. Un livello di popolazione compatibile con un'impronta ecologica, anche inferiore a quella occidentale attuale, si potrebbe ottenere solo se contemporaneamente aumentasse il tasso di mortalità, cosa poco auspicabile.

    Ribadisco che non voglio sostenere che le dimensioni della popolazione non contino, ma solo che è una variabile poco elastica nel breve periodo, e purtroppo di tempo per abbandonare il modello della crescita perpetua ce ne siamo concessi poco.

    Saluti.

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  7. Secondo me occorre una cosa come la CNT-FAI a Barcellona nel '36: un sindacato anarchico in grado di gestire i servizi e la produzione in una situazione di economia di mobilitazione rivoluzionaria,razionare e razionalizzare le risorse, sviluppare una milizia in grado di difensere una nascente repubblica, essendo purtoppo l'alternativa che vedo più probabile Weimar, un cupio dissolvi della democrazia e una deriva nazionalsocialista. Il capitalismo è un pugile suonato come il comunismo sovietico 20 anni fa, e sta per collassare nello stesso modo

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  8. Ho letto con piacere le considerazioni espresse, i temi e gli argomenti sono parecchi ma tutti di importanza vitale per tutti noi. Sicuramente la nostra classe politica difficilmente si potrà calare nella parte per un questione puramente retorica e demagogica, infatti le scelte importanti per il futuro del pianeta vengono sempre prese da persone che nulla hanno a che fare con l'argomento trattato.
    La proposta è per portare al tavolo delle decisioni le persone competenti nella scelta da prendere e quindi tecnici formati con forte senso umano, civico e morale come ho potuto trovare nelle poche ma significative righe lette sul blog.
    Un saluto, Michele.

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  9. E allora guardatevi questo:
    http://www.youtube.com/watch?v=fOyj2W06CFU

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  10. Pardi, inizia intanto a ridurre la popolazione in autonomia:suicidati, tanto ti assicuro non sarebbe una gran perdita.

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  11. Ottimo articolo... ed è un commento ovvio, da parte mia, essendo anch'io un "peak-oiler"!
    Vi ravviso solo due "punti problematici":

    1) Come una volta ci si chiedeva se fosse possibile instaurare il comunismo "in una sola nazione", oppure se fosse necessario che sorgesse un movimento comunista contemporaneamente in tutte le principali nazioni del mondo, così io mi chiedo se ci si possa realmente incamminare "da soli" verso l'era della "post-crescita", oppure se i vincoli imposti dalla globalizzazione impongano che la fuoriuscita dal "fondamentalismo capitalista" possa riuscire solo a patto che questa venga intrapresa in modo graduale e concertato tra tutte le principali economie del pianeta...

    2) Riguardo la spinosa questione demografica, io ho un bruttissimo presentimento... Crescere, non si può più, ma anche abbattere la natalità equivarrebbe a "suicidarsi" (avremmo una società di tanti vecchi, poco produttivi ed assai costosi, gravanti sulle spalle di pochi giovani).
    La natura, questo problema di "equilibrio generazionale", l'aveva risolto in modo assai semplice, ovvero con un'alta mortalità, sia infantile che (e soprattutto) "senile"; strategia questa che salvava sia la "capra" di una crescita limitata, che il "cavolo" di una bassa età media.
    Ma noi abbiamo gravemente "inceppato" questo delicato equilibrio...
    La soluzione che mi viene in mente è assai "antipatica", ma non ne vedo altre...

    Qual è la tua opinione su queste due questioni?

    Nicola

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  12. Siete dei nazisti di merda.Vergognatevi!!

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  13. Caro Nicola, essere poco produttivi potrebbe essere l'occasione per invertire rotta. Il maestro di Konrad Lorentz l'etologo Oskar Heiroth diceva che "Dopo lo sbatter d’ ali del fagiano argo il ritmo di lavoro dell’umanità moderna costituisce il più stupido prodotto della selezione intraspecifica.”
    La frase può apparire poco chiara se non si conosce l'Argo. Si tratta di un uccello i cui maschi vengono scelti dalle femmine sulla base della lunghezza della coda. Si tratta di un caso tipico di selezione intraspecifica che ha portato i maschi a sviluppare delle code così straordinariamente lunghe da ostacolare il volo. E' ovvio che nel caso dell'Argo esistono altri meccanismi di pressione che hanno limitato la divergenza delle dimensioni della coda. Analoghi meccanismi devono valere anche per il ritmo di lavoro, per la produttività dell'uomo industriale, anche se non sono ancora pienamente dispiegati. L'invecchiamento della società che tutti vedono, tu compreso, come una iattura, potrebbe essere la risposta: una società meno produttiva, meno innovativa (ammesso che quella attuale lo sia) meno aggressiva, più saggia. Non ci vedo nulla di drammatico, l'unica cosa è rinunciare alla crescita indifferente.

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  14. Caro Luca, tutto può esser plausibile, è solo questione di intendersi, cioè utilizzare le stesse parole per gli stessi concetti, e commisurare correttamente gli effetti alle conseguenze.
    Io, dal basso della mia ignoranza (non è una "posa", la mia... è una genuina consapevolezza dei miei limiti!), trovo una netta discrasia tra l'obiettivo dei due miliardi, il suo raggiungimento "dolce", le problematiche del "peak oil", il tuo peana della "bassa produttività"...
    La saggezza, posto che la senescenza ne sia foriera (ed indizi per dubitarne abbondano), non si mangia, nè si mette nel serbatoio.
    A me sembra che una popolazione di 7 miliardi, che tende a salire ai 9 miliardi in 20 anni, far sì che invece scenda a 2, sia un obiettivo così ambizioso che mal s'accorda con la "dolcezza"...
    E poi, ammesso che fosse, quando saremo 2 miliardi, ed avremo mezzo miliardo di anziani nei cronicari, sei proprio certo che potremo permetterci la "bassa produttività"?
    Comunque, ero anche (e soprattutto) interessato alla mia prima domanda, ovvero se reputi fattibile e sensato il procedere verso il post-capitalismo/consumismo a prescindere da un coordinamento a livello delle principali economie mondiali.

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