martedì 12 ottobre 2010

Provo a rispondere al direttore dello IOR.

Recentemente il direttore dello IOR (Istituto per le Opere di Religione) Ettore Gotti Tedeschi ha fatto una serie di dichiarazioni sulla necessità di rilanciare la crescita demografica per sostenere la crescita.
L'ultimo intervento che conosco è stato pubblicato su la Repubblica Affari e Finanza con il titolo:
Fare più figli per aiutare la crescita. Vi consiglio di leggere questa lettera prima di continuare.

Dopo aver letto questa lettera torna a fagiolo questa vecchia vignetta:



Ho scritto una risposta che ho indirizzato al direttore del quotidiano La Repubblica. Non mi è riuscito di essere breve quindi ho poche probabilità di essere preso in considerazione.

Gentile Direttore,


leggo con interesse la lettera di Ettore Gotti Tedeschi intitolata "Fare più figli per aiutare la crescita" sul supplemento di Repubblica Affari e Finanza. Il ragionamento del direttore dello IOR ha l'apparenza della razionalità, in un mondo in cui la crescita economica è diventata un imperativo. Io sono un chimico-fisico e ragiono come tale. Sono anche responsabile politico di una piccola associazione che auspica la riduzione della popolazione su questo pianeta. Il nostro ragionamento è profondamente diverso da quello del sig Gotti Tedeschi. Noi siamo convinti che il metabolismo sociale ed economico stia rapidamente raggiungendo limiti fisici che non possono essere spinti oltre. Non c'è solo la questione climatica, ma in primis la questione del raggiungimento del Picco del Petrolio. Nessuno ancora lo dice apertamente, ma semplicemente verrà a mancare presto l'energia necessaria per sostenere il livello di consumi proprio del mondo industrializzato e, a maggior ragione, per estendere tale livello ad altri miliardi di persone.

Nel giro di pochi anni sarà chiaro a tutti che le tecniche di politica economica sviluppate nella fase di espansione dell'economia mondiale non sono più adatte a governare la fase successiva e alle dottrine neoclassiche si dovranno sostituire tecniche basate su un'economia bio-fisica. Un tale cambio di paradigma include ovviamente anche un riequilibrio della popolazione a livelli più bassi di quelli attuali. L'alternativa non è fra considerare l'uomo una calamità o una creatura del signore. Questi sono quesiti che lasciamo volentieri ai teologi e agli studiosi di morale. Si tratta invece di riconoscere la condizione di superamento della capacità di carico del pianeta da parte della popolazione umana e "organizzare" un atterraggio per quanto possibile morbido. E' evidente che le classi dirigenti attuali non sono in questo momento attrezzate per rendersi conto di questa necessità e prenderne atto. Tutti "pregano" con il sig. Gotti Tedeschi per la crescita. Ma sono preghiere vane.

Il bistrattato Malthus ha fatto l'unico errore di formulare la sua teoria, rozza, ma sostanzialmente giusta almeno qualitativamente, proprio alla vigilia dell'era fossile nella quale l'uomo ha scoperto e sfruttato i giacimenti di energia solare immagazzinata nel carbone, nel petrolio e nel gas. Il crepuscolo di quest'era, segnalato dalla fine, nel 2003, del petrolio a buon mercato, segna anche la fine del tipo di crescita economica che abbiamo conosciuto dalla rivoluzione industriale ad oggi. Con essa finisce anche la crescita demografica. Accelerare con mirate e non coercitive politiche di controllo delle nascite questa naturale tendenza renderebbe la transizione meno brutale di quello che purtroppo ci possiamo attendere, data la generale adesione alle idee di Gotti Tedeschi. E' stupefacente notare che questo signore sembra lamentarsi di un maltusianesimo imperante che probabilmente è solo un frutto dei suoi incubi. Nella mia personale esperienza parlare di sovrappopolazione e controllo delle nascite resta un tabù e coloro che si impegnano su questo fronte sono ancora un ridotta minoranza con pochissime opportunità di comunicazione. Concludendo in poche parole riassumerei la mia posizione affermando che se la decrescita demografica è una necessità nei paesi poveri essa è una virtù da non perdere in quelli ricchi.

Cordiali saluti

Luca Pardi

5 commenti:

  1. Il fatto è che Ettore Gotti Tedeschi è un cattolico e un cattolico doc: ha fatto ben cinque figli e - come tiene a sottolineare - tutti con la stessa donna (ma perché fermarsi a cinque e non insistere? Che tecniche avrà adottato per non ingravidare di nuovo la moglie? Ovvio: l'Ogino-Knaus, unica tecnica ammessa dalla Chiesa - oltre l'astinenza).

    Per i cattolici, lo sappiamo, ogni rapporto sessuale deve essere potenzialmente aperto alla vita (ma poi va bene anche Ogino-Knaus - però attenzione, non sistematicamente, se no ci risiamo: peccato mortale!).

    Ormai la Chiesa ha dimenticato di annunciare Cristo risorto e preferisce concentrarsi sulle questioni ... sotto la cintura (rapporti sessuali, pre ed extra-matrimoniali, omosessualità, matrimonio indissolubile, procreazione assistita, la famiglia «naturale» ecc.).
    Il motivo di questa ossessione è semplice e chiaro: se la Chiesa cede su questa materia - che concerne tutti, anche i non cattolici - perde ogni rilevanza perché delle verità di fede non interessa più niente a nessuno (peccato originale, redenzione, vita eterna ecc.).

    Il controllo delle nascite implica la liberazione della sessualità dalla procreazione: si può fare l'amore senza procreare. Questo mai e poi mai! Perché se tutti si mettono a fare l'amore "senza conseguenze" buona notte al secchio! I preti possono chiudere bottega: la gente se la spassa e non ha più bisogno delle consolazioni cristiane (la vita eterna).
    Perciò la Chiesa e il chierichetto Ettore Gotti Tedeschi non vedono alternativa all'incremento demografico. In un mondo disastrato e invivibile la Chiesa potrà continuare a distribuire elemosine e ahimè false consolazioni.

    RispondiElimina
  2. Nel sistema capitalistico senza aumento del profitto il PIL non può crescere.
    Qualche raro e incerto rantolo fuoriesce dal Vaticano contro l'eccessiva attenzione al profitto ma, come sottolinea Gotti Tedeschi, la crescita del PIL resta centrale anche nella concezione cattolica della società; tanto che la stessa natalità viene concepita come ad essa funzionale.
    Gigantesca contraddizione.
    La consapevolezza dei limiti delle risorse e, di conseguenza della crescita, risulta incompatibile e irricevibile dal sistema economico in auge.
    Sino a che le scelte politiche e umane resteranno subordinate a quelle dell'economia capitalistica non ci possono essere soluzioni.
    Se non traumatiche, tragiche e drammatiche.
    mirco

    RispondiElimina
  3. Perché "la crescita del PIL resta centrale anche nella concezione cattolica della società" ?
    L'ossessione della crescita è piuttosto recente. La Chiesa è favorevole alla crescita del PIL perché bisogna provvedere ai bisogni crescenti dovuti all'incremento demografico che per lei è primario. Siccome la popolazione aumenta, e la Chiesa è favorevole all'aumento (sia per il crescete e moltiplicatevi biblico che per mantenere un controllo sulla società disciplinando l'uso della sessualità) deve necessariamente aumentare anche il PIL per evitare cataclismi sociali. Non per niente la Chiesa è favorevole oggi anche al nucleare: l'energia nucleare appare anche a lei come assolutamente necessaria nella situazione attuale. E di energia c'è bisogno per far crescere il PIL e soddisfare almeno i bisogni primari di presto 10 miliardi d'individui.

    Una popolazione stabile non necessita di parossistiche crescite del PIL. Sicuramente tenderebbe a uno sviluppo e miglioramento delle proprie condizioni di vita, ma non a una crescita economica illimitata. Sviluppo sì, crescita del PIL non necessariamente.

    RispondiElimina
  4. "Oggi si desidera avere 5 figli e che ciascuno di essi ne abbia altri 5, e perciò si vedono dei nonni con 25 nipoti. MA SE SONO PIU' NUMEROSI, SONO ANCHE PIU' POVERI; LAVORANO DURO PER GUADAGNARE POCO. La ricchezza di una nazione dipende NON dal numero dei suoi abitanti, MA dalle disponibilità alimentari."
    (Han Fei-Tzu, antico filosofo cinese)

    RispondiElimina
  5. Da cattolico (forse non proprio del tutto DOC ma nessuno mi ha ancora scomunicato) non ho molto da eccepire.

    Apertura alla vita significa considerare la vita come qualcosa di positivo, accettare ogni persona per quel che è, indipendentemente da un suo valore economico.

    Ma mi sembra ovvio che 100 miliardi di persone, se fossero oggi sulla Terra, sarebbero destinate a scannarsi per sopravvivere e comunque morirebbero di deprivazioni dopo poco. E allora è chiaro che esiste un limite, non si può crescere all'infinito, l'apertura alla vita non può essere "quantitativa", non può significare che più vite ci sono e meglio è.

    Questo limite possiamo benissimo averlo già superato (e di fatto è così), e quindi è essenziale una strategia di rientro. Quale, dipende ANCHE da considerazioni etiche, ma una ulteriore crescita è fuori discussione, significa mettere le idee (evangelicamente parlando "la legge") davanti alle persone. Cosa che come cristiano so essere la prima delle cose da non fare.

    RispondiElimina