Dopo un mese tondo tondo di assenza pubblico un articolo che ho scritto per Notizie Radicali, per quelli che non l'hanno ancora letto.
La Cornucopia. Le risorse sono infinite?
Alla domanda del titolo si può rispondere positivamente. Non, strettamente parlando, per il pianeta Terra, ma certamente se ci si riferisce all'Universo. Volendo restringere il campo di indagine al nostro pianeta possiamo comunque dire che le risorse sono molto, molto abbondanti. Vi risparmio la definizione astratta di risorsa che viene dall'economia perché tutti la conoscete e c'è un limite anche al carattere didascalico dei miei interventi. Parliamo di risorse minerali e in particolare dei metalli che hanno infiniti usi nel mondo industriale. E facciamo un esempio: quello del rame. Il rame, che troviamo in tutti i dispositivi elettrici ed elettronici, è un metallo la cui produzione mondiale nel 2008 ammontava a 16 milioni di tonnellate (dati USGS).
E' un metallo che non presenta problemi di approvvigionamento a breve termine. Sappiamo che, come tutte le risorse non rinnovabili andrà incontro ad un picco di produzione nel giro di qualche decennio dipendentemente dalle condizioni economiche che si determineranno, dall'evoluzione della capacità di riciclo e dal rinvenimento di nuove risorse estraibili. Dunque possiamo parlarne con una certa calma, senza l'assillo dell'esaurimento e, dunque, senza allarmismo. Le riserve conosciute, quelle che oltre ad essere state localizzate e stimate sono estraibili economicamente nelle condizioni tecnologiche attuali, ammontano per il rame a 550 milioni di tonnellate mentre l'insieme delle riserve, cioè includendo quelle sub-economiche e quelle inferite sulla base dei modelli geologici, ammontano a 1 miliardo di tonnellate (tecnicamente vengono definite riserve base). Ma di rame ce n'è ancora di più, la crosta terrestre ne contiene, disperso a bassa concentrazione, una quantità stimabile in 10.000 miliardi di tonnellate. Una quantità virtualmente infinita rispetto anche a dei consumi moltiplicati diverse volte rispetto ad oggi. Quindi possiamo stare tranquilli?
L'altro lato dell'estrazione mineraria è che essa richiede energia. Quanta energia? Dipende dalla concentrazione del metallo che interessa. E infatti, siccome, più energia significa anche costi di estrazione più alti tipicamente si sfruttano prima i giacimenti con tenore più alto e poi, via via che questi si esauriscono, quelli a tenore minore. In effetti, sempre per il nostro rame, siamo passati dallo sfruttamento di minerali con una concentrazione del metallo pari all1,8%, corrispondente a 55 tonnellate di minerale per 1 tonnellata di metallo, negli anni trenta, ad una situazione attuale in cui si estrae il metallo da minerali con concentrazioni dello 0,8% corrispondenti a 125 tonnellate di minerale per tonnellata di metallo (non considero qui l'impatto ambientale di questo incremento di materiali trattati). Secondo alcuni modelli economici, ad esempio quello della Piramide delle Risorse o Functional Model, man mano che la concentrazione del minerali decresce la quantità estraibile totale aumenta (Legge di Lasky) e la produzione può continuare a crescere perché, in condizioni di libero mercato, grazie all'aumento dei prezzi estrarre risorse a concentrazione più bassa rimane profittevole. Di fatto le risorse non si esauriscono mai anzi continuano ad aumentare all'infinito. In questa visione, di cui Julian Simon fu forse l'inteprete più estremo, possiamo rimuovere il vincolo che ci siamo imposti all'inizio di questo scritto e immaginare un industria mineraria interplanetaria come nei film di fantascienza. Ad un certo punto sarà conveniente andare ad estrarre minerali sulla Luna e poi ancora più lontano.
Dunque la Terra, il Sistema Solare, la Galassia e l'Universo non sono altro che una cornucopia messa lì perché l'uomo, con il proprio ingegno, vi possa attingere. La tesi è bella e accattivante. Ma ha un coté nascosto che ci riporta dallo spazio siderale alla realtà del sottosuolo. Si tratta, appunto, dell'aspetto energetico dell'estrazione mineraria.
Supponiamo di essere arrivati, fra enne decenni, ad aver esaurito il miliardo di tonnellate di riserve base di rame di cui parlavamo prima. Abbiamo progressivamente esaurito le riserve più concentrate economicamente estraibili con le tecnologie esistenti, poi, tirando fuori dal cappello il proverbiale coniglio tecnologico, abbiamo reso economiche quelle che erano sub-economiche e siamo arrivati al fondo. Naturalmente nel frattempo le riserve base saranno aumentate rispetto al lontano primo decennio del XXI secolo quando si era stimato il fatidico miliardo di tonnellate di riserve base. Ma, detto per inciso, già allora la crosta terrestre aveva ormai pochi segreti per i geologi e, quindi, per gli ingegneri e gli imprenditori minerari. In ogni caso, qualunque sia la data di cui ci occupiamo, siamo arrivati a dover sfruttare le risorse a bassa concentrazione presenti nella crosta terrestre, quelle che contengono rame alla percentuale più bassa, diciamo con concentrazioni di 0,002-0,005 % (20-50 parti per milione o ppm). Qui si tratta dunque di processare da 20.000 a 50.000 tonnellate di roccia per ottenere una tonnellata di rame. Siamo andati parecchio in là a furia di conigli tratti dal cappello. Bene la migliore stima dell'energia necessaria per estrarre rame da una roccia ad un tenore nel metallo pari a 0,005% ammonta a 400 miliardi di Joule (GJ) per ogni chilogrammo di rame estratto. Ricordiamo che 1 barile di petrolio corrisponde a circa 6,12 GJ (o se preferite le unità elettriche 1 KWh fa 3,6 milioni di Joule). Per sostenere la produzione attuale di 16 milioni di tonnellate di rame, ma dati tutti questi decenni di crescita dovremo ammettere che la quantità dovrà pur essere aumentata, sarebbe necessaria una quantità di energia pari a 20 volte la produzione di energia globale attuale. Solo per il rame. Ancora fiduciosi? Si certo allora, forse, avremo la fusione (quella calda perché quella fredda è quasi sicuramente un miraggio,... … ho detto quasi) che produrrà energia a volontà e a costo zero. O forse no?
Sicuramente se il rame è arrivato a questi livelli di rarefazione, ci saranno altri metalli in condizioni più serie. Il XX secolo ha visto la moltiplicazione dell'uso dei metalli rari. Se nel giro di 30 anni, abbiamo più che triplicato il numero di metalli differenti che utilizziamo nella applicazioni industriali ciò è in gran parte dovuto alle nuove tecnologie. Per nuove tecnologie intendiamo qui in particolare le tecnologie dell'Informazione e della Comunicazione e le nuove tecnologie legate allo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, al risparmio energetico, quelle che si definiscono spesso “tecnologie verdi”.[brano tratto da Philippe Bihouix e Benoît de Guillebon. Quel futur pour les métaux? : Raréfaction des métaux : un nouveau défi pour la société. EDP Sciences 2010.].
In effetti molti metalli rari hanno una caratteristica aggiuntiva che rende il bilancio energetico dell'estrazione ancora più pesante. Come evidenziato da Skinner nel 1976 la distribuzione dei metalli rari nella crosta terrestre segue un andamento particolare: una quantità piccola di questi metalli è contenuta in giacimenti a concentrazione relativamente alta mentre la maggior parte della quantità totale è contenuta a basse concentrazioni nella roccia indifferenziata. Fra le due distribuzioni c'è il vuoto. Passando nell'estrazione da una tipologia di giacimento all'altra il consumo energetico aumenta in modo drammatico determinando quella che viene definita la barriera mineralogica.
I minerali ad alta concentrazione esistono grazie alla natura vivente del nostro pianeta: i fenomeni della tettonica, dell'erosione, il ciclo idrologico e gli altri cicli geo-biochimici, determinano la formazione di quantità limitate di giacimenti relativamente concentrati. Sarebbe illusorio immaginare di andare a cercare minerali su corpi celesti geologicamente statici come la Luna. Dunque a conclusione di questa, forse troppo lunga e noiosa disamina della questione, è più corretto, almeno per le risorse minerali ed in particolare per i metalli, parlare di rarefazione delle risorse piuttosto che di esaurimento. Ma la rarefazione fa lievitare il consumo energetico per l'estrazione e quindi rende indisponibile le grandi quantità esistenti. Anche questa è una conseguenza del secondo principio della termodinamica, quello dell'Entropia, ma parlarne ci porterebbe troppo lontano. La cornucopia è effettivamente lì, ma quanti conigli deve trarre dal cappello l'ingegno umano per metterci le mani dentro?
chissà se l'uomo del 2111 sopravviverà alla fine dei minerali e della tecnologia e se si riadatterà ad usare la pietra?
RispondiEliminaE' davvero difficile dire a cosa si potrà riabituare l'umanità quando arriverà la vera penuria delle materie prime.
RispondiEliminaCerto ci sarà comunque una riduzione progressiva, che aiuterà ad adattarsi poco per volta; inoltre la specie umana ha grandissime capacità di adattamento.
Però, allo stato attuale (almeno in occidente) siamo talmente sprofondati nelle nostre comodità, che non riesco proprio a persare ad un futuro "antico".
Qualche tempo fa chiesi a mia nonna se si ricordava come facevano per lavarsi quando lei era piccola. Stiamo parlando forse del 1940 o giù di lì. Mi ha risposto: "ma io non mi ricordo d'essermi mai lavata, sai allora non ci si lavava tanto spesso"...:-) Ecco come si faceva, si faceva senza. A quel punto le ho chiesto con cosa si lavassero i denti. Semplice, non se li lavavano. E mia nonna non è che vivesse nella povertà nera, stavano anche abbastanza bene. La moglie di suo fratello da piccola lei sì era povera. Viveva con la sua famiglia in una casa senza finestre, e dove il pavimento era in terra battuta.
RispondiEliminaHo cominciato a raccogliere le stime (http://simonemartinieco.blogspot.com/2010/04/risorse-ab.html#more) che arrivano dalla rete sull'esaurimento dei giacimenti di vari elementi. Sicuramente ci saranno degli errori. In effetti sembrerebbe che di questi giacimenti la maggior parte saranno esauriti entro il 2050. Se non altro il ferro è un minerale ancora abbondante e lo si può riciclare. Oggi dovremmo averne qualcosa come 20 tonnellate pro-capite, e non sono poche. E allora forse nel 2110, se anche non avremo (tutti) tutta questa tecnologia, sicuramente avremo acciaio in abbondanza per farne aratro, asce, scalpelli, coltelli, chiodi, etc., almeno l'indispensabile per non dover ricorrere alla pietra, ai palchi di cervo...
Mi preoccupa di più la sovrappopolazione, e quindi la denutrizione, la perdita di biodiversità. Quando saremo 9 G, se mai arriveremo ad essere 9 G, e la resa dei terreni produttivi sarà calata, anche ma non solo a causa del GW, allora si dovranno abbattere le foreste per fare posto ai campi. Quante specie botaniche e animali perderemo entro la fine del secolo? quante specie di insetti impollinatori saranno scomparse; quante specie alloctone portatrici di chi sa quali virus popoleranno l'Italia; quali politiche agro-forestali saranno adottate in futuro, a quanti disoccupati saranno date in concessione terre da lavorare; quando la nostra società prenderà coscienza della necessità di rispettare i limiti imposti dalla terra... prima o dopo aver vissuto le conseguenze del superamento di quei limiti? etc. Difficile vedere oltre il 2050.