Nella seconda metà del decennio scorso abbiamo raggiunto e superato il picco del petrolio convenzionale, cioè di quella forma di petrolio, relativamente facile da estrarre e a buon mercato, che ha alimentato il metabolismo sociale ed economico per più di un secolo, con un'accelerazione nel secondo dopoguerra; quello dietro il boom economico, la rivoluzione verde, l'esplosione demografica, il welfare, l'auto di massa, e poi la globalizzazione la quale, altro non è, che la tendenza di tutti i popoli di seguire il modello occidentale nella sua forma più consumista: il sogno americano.
La crisi finanziaria è un effetto del rallentamento economico che a sua volta è stato innescato dalla inesorabile stasi dell'offerta di combustibili su cui è fondata la nostra società. Robert Hirsh stima che fra 50mila e 100mila miliardi di dollari siano cristallizzati in macchine e infrastrutture disegnate per funzionare grazie ai prodotti petroliferi. La società non è quindi nè preparata nè in grado di affrontare una transizione rapida e indolore.
Per motivi energetici ed ecologici la transizione dovrà essere più rapida di quanto il
sistema possa sopportare. Il problema
è che le classi dirigenti non possono nè capire nè accettare, quello
che il sistema non può sopportare. La capacità di sopravvivenza del
sistema capitalistico si misurerà su questo terreno, non su quello
ideologico dell'ipotesi socialista.
Il capitalismo che si è sviluppato in questi decenni è dipendente dalla crescita e la crescita dipende dalla disponibilità di energia a buon mercato e dalla libera licenza di inquinare. Con l'inizio del declino del petrolio convenzionale questo requisito è venuto meno e conseguentemente hanno iniziato a scorrere brividi di nervosismo nel tessuto della Civiltà Mondo. A volte questo nervosismo mostra aspetti prossimi al panico. E' il caso, ad esempio, del ricorso allo sfruttamento delle risorse fossili non convenzionali: shale gas e shale oil, deep water ecc. (tutti i termini in inglese, tradurli gli fa perdere comunicativa). Tali risorse sono una bolla finanziaria in senso stretto, che secondo il prof. Shiller di Yale si verifica ogni volta che si trattano sul mercato grandi volumi di merci o prodotti finanziari che hanno un valore monetario scollegato da quello reale, siano essi i bulbi dei garofani, le abitazioni di Cleveland, le azioni dot.com o i barili di petrolio.
Per inciso va detto che quando si parla di sfruttamento delle risorse fossili residue si fa sempre abbinandolo all'attributo "sostenibile", una continuazione della tradizione contemporanea dell'ossimoro ecologico.
Per quanto riguarda i barili di petrolio o i metri cubi di gas naturale oggi sappiamo che il contenuto energetico dei combustibili fossili non convenzionali, in termini di Energia Netta (cioè l'energia che resta dopo aver sottratto l'energia servita per estrarre quel barile o quel metro cubo di gas), è diverse volte inferiore a quella dei fossili convenzionali. Tuttavia il loro costo è superiore. Dunque siamo nelle tipiche condizioni della bolla.
Io non so se qualche forma di capitalismo e di democrazia sopravviverà alla crisi. Ma di una cosa sono sicuro: se lo farà dovrà adattarsi ad un ambiente in cui la crescita materiale, dei consumi e della popolazione non sarà più possibile, in cui il flusso di energia e materiali dalla natura sarà ridotto e in cui la popolazione umana inizierà il cammino verso una nuova sostenibilità.
La differenza fra collasso catastrofico, adattamento doloroso e transizione dolce, è tutto nella rapidità con cui questo cammino sarà compiuto.
Caro Luca, il petrolio facile sta finendo ma, per fortuna, non è ancora finito.
RispondiEliminaPertanto avrà una importanza fomdamentale il modo con cui useremo il petrolio di cui potremo ancora disporre nei prossimi anni.
Se lo useremo stupidamente, inseguendo il sogno impossibile di continuare col solito BAU, non avremo scampo.
Se invece lo useremo in maniera intelligente, forse, chissa ?
Sono d'accordo.
EliminaMa di chi è il petrolio che resta? Di Russi, Sauditi, Iraqeni, Venezolani ecc. ?
EliminaDubito che i "proprietari" del petrolio vogliano gentilmente metterlo a disposizione di tutti per poco o niente. E dubito che quel che resta (e si spera ancora di trovare, magari sotto l'Artico) possa bastare per 7 mld di persone che aspirano al modello di vita americano.
Certo si può puntare sulla fusione nucleare (disponibile al più presto a metà secolo) o anche sulle vecchie o modernissime centrali nucleari, come suggerisce Zichichi che crede si possano davvero risolvere tutti i problemi con l'energia nucleare, pulita e relativamente a buon mercato (salvo alcuni problemini come le scorie e lo smantellamento delle centrali).
Io penso che si continuerà col solito BAU fino al crash (altro che transizione dolce).
Riassumendo:
RispondiEliminaLe feci sono a livello del collo e a breve arriveranno in gola entrando da bocca e narici.
STOP
coprofagi di tutto il mondo, gioite!!
La capacità di sopravvivenza del sistema capitalistico si misurerà su questo terreno, non su quello ideologico dell'ipotesi socialista.
RispondiEliminaquesto vuol dire caro LUca che non hai capito l'"ipotesi socialista"; il comunismo è esattamente il movimento reale, in questo momento cioè la crisi di questa forma di accumulazione del capitale basata sui fossili; il comunismo è appunto la spinta verso la caduta di questo modo di produrre; non c'è nulla di ideologico; il comunismo è il picco del petrolio; il comunismo è la spinta oggettiva verso una società senza classi sociali, qualunque sia la sua forma "superficiale"; ho idea comunque che le cose non siano cosi' "veloci" come supponi tu.
Non credo di non averla capita, ma sono sempre pronto a ricredermi. La definizione che riporti si adatta a qualsiasi cosa determini una crisi del capitalismo. Il movimento reale che supera e distrugge lo stato di cose presente. Dal mio punto di vista è il massimo dell'ideologia perché si adatta a qualsiasi situazione. E' il brodo di coltura in cui si sviluppa ciò che faceva dire ad Amedeo Bordiga: "noi non siamo pochi, siamo quanti il momento storico richiede". Autoconsistente. Io non credo che si debba prendere il pensiero di Marx e le sue intuizioni e analisi del modo di produzione capitalistico (sempre degne di attenzione) con le sue sintesi politiche che sono necessariamente caduche. Almeno per me.
EliminaHo aggiunto una frase e un link al seminario di Euan Mearns ad ASPO 2012 perchè è quel seminario che ha ispirato questo post. E il commento di Anonimo me lo ha fatto ricordare. Mi ero dimenticato l'affermazione centrale: il capitalismo dipende dal flusso di energia facile e dalla licenza di inquinare.
RispondiEliminaCM già ripetuto in svariate sedi, la crisi economica attuale ha ben altri prodromi ke nulla hanno a ke fare cn il picco del petrolio. Il problema energetico il mondo lo sta affrontando passando al metano, carbone e rinnovabili e il BAU x i prox anni nn cambierà affatto. I problemi di insufficiente energetica x il globo industrializzato inizieranno a farsi sentire nn prima del 2020 e forse anke oltre se i PIL ocidentali continuano qesto trend. I mezzi x la nuova transizione verso un mondo meno vorace di energia sn tt sul tavolo, basta adottarli a partire dagli edifici a consumo 0 praticamente Off-Grid ke giusto in qesti gg la normativa europea viene valutata x inserirla nella legislazione italiana. Cosiccome le fonti cosiddette alternative ke si stanno spargendo a makkia d'olio e ke già cominciano ad essere serie protagonista nell'agone energetico. La crisi attuale è fondamentalmente finanziaria e capitalista ed è insita nel concetto stesso di capitalismo qindi ineludibile. Il cambio di paradigma sta in una società dove nn sn + permesse le disuglianze attuali e dv, tra il povero e il ricco, la differenza sta solo nel censo e in un rapporto legalmente consentito di circa 10 o poco +. Cosa ovvia se vogliamo promuovere miliardi di persone in un mondo eqo ma fisicamente finito, cosa ke la finanza nn concepisce essendo ormai basata su moneta elettronica e scambi altrettanto ovvero slegata dai concetti fisici e materiali del pianeta. In pratica vive in un mondo ke nn esiste, e si vede.
RispondiElimina....siamo arrivati ad una situazione in cui NESSUNO è più disposto ad aspettare e a rallentare su niente. Una mattina si alza un qualsiasi "strillone" che abbia un po' di potere e per paura, per convenienza, per opportunismo masse più o meno grandi di persone lo seguono. Quindi non credo che gli "strilloni" siano disposti a perdere potere. Continuano a perseguire i loro piani in un clima di falsa democrazia seguiti e supportati in maniera più o meno consapevole da chi è stato convinto.
RispondiEliminaNon ci sarà nessun rallentamento ragionato. Il sistema se si dovrà arrestare lo farà e basta.
Il petrolio convenzionale ha sicuramente alimentato il metabolismo sociale ed economico e lo ha accelerato nell'ultimo secolo (da quando abbiamo cominciato a capire come estrarlo ed utilizzarlo), ma prima di allora l'evoluzione c'era comunque stata. Non siamo passati dal buio Medioevo all'età moderna sbattendo gli occhi.
Un altro grosso ostacolo al cambio di paradigma è quello che si potrebbe definire (con un orribile neologismo) psico-economico.
RispondiEliminaNel senso che qualunque cambiamento strutturale fa perdere denaro e potere ad alcuni soggetti a favore di altri, ed i primi sono disposti a fare di tutto per non perdere la loro posizione di preminenza, anche a negare (e fare propaganda contro) la realtà.
Così, per esempio, dopo lo spostamento epocale dell'economia dall'agricoltura all'industria, potrebbe esserci un ritorno al passato, con un ritorno al "potere" della proprietà terriera e delle attività aglicole.
il fenomeno del land grabbing e anche i contratti tagliola degli impianti fotovoltaici di banche e mafia si stanno infatti muovendo nella direzione di prepararsi al prossimo futuro senza petrolio. Ma è solo un tentativo disperato, perchè i conti senza l'oste non tornano, un pò come è successo in Libia e Iraq. Si può eliminare il padrone, ma non sempre chi lo ha eliminato, ne diventa il successore.
Eliminamago, mi spieghi cortesemente un pò meglio questi "...contratti tagliola degli impianti fotovoltaici" ??
Eliminanei contratti è inserita la clausola che se cessassero i contributi statali (si parla di 15 anni almeno) al finanziatore dell'impianto (banca) il proprietario è impegnato in solido a restituire i soldi avuti, che nella maggior parte dei casi non avrà. A chi credi passerà la proprietà dell'impianto stesso, col terreno su cui insiste?
EliminaPost essenziale, semplice, chiaro, efficace!! Grazie Luca
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