giovedì 15 luglio 2010

Il ritorno di Malthus.

Ho invitato con piacere Eugenio Saraceno a commentare la notizia riportata sui media e in rete sul ruolo della speculazione sulla crisi alimentare. Il commento è molto appropriato per questo blog. Si potrebbe anche intitolare "Il ritorno di Malthus".
Luca Pardi


Crisi alimentare e speculazione finanziaria

Di Eugenio Saraceno


Aspo Italia

Lug.2010



In un editoriale apparso il 2 luglio su The Indipendent e firmato dal giornalista e critico d'arte Johan Hari, intitolato "How Goldman gambled on starvation" si descrive "come alcune delle società più ricche del mondo, Goldman, Deutsche Bank, i traders della Merrill Lynch ed altri ancora, hanno provocato la morte per fame delle persone più povere del mondo, solo perché così hanno potuto fare un più grasso profitto."

Si parla della speculazione messa in atto dal 2006 da molti operatori finanziari sui derivati che da alcuni anni permettono di speculare sui prezzi delle più importanti derrate alimentari: granaglie, olii vegetali, soya etc. I mercati della food speculation hanno consentito ad organizzazioni finanziarie prive del più elementare senso morale (del resto sono finanzieri, non filantropi) di provocare un aumento ingiustificato dei prezzi delle derrate alimentari che ha avuto come effetti sostanziose prese di profitto da parte degli speculatori stessi e milioni di persone affamate in più nel mondo, persone che non potevano permettersi di acquistare sufficiente cibo con i livelli di prezzi raggiunti. In seguito i prezzi sono tornati a livelli più ragionevoli e le statistiche ci dicono che nel periodo considerato non vi erano state drastiche riduzioni di produzione nè aumenti di domanda tali da giustificare i livelli raggiunti; ciò dimostra che quell'andamento dei prezzi era dovuto ad una bolla speculativa.

La conclusione è che è tutta colpa degli speculatori e che in tali mercati dovrebbero essere introdotte regole che impediscano tali condotte.

Ho letto simili ragionamenti anche in merito alla bolla sui derivati petroliferi e, se ben ricordo, anche riguardo i maneggi dei panettieri milanesi che provocarono l'assalto ai forni di manzoniana memoria.

Ogni crisi presenta un triste cliché, i furbi ed i privilegiati finiscono per arricchirsi sulla pelle delle persone comuni. Non è una novità e mi sembra inutile ragionare ulteriormente su questo, a meno che non vogliamo fare della filosofia spicciola sulla natura maligna o benigna dell'essere umano.

La semplice introduzione di regole, sappiamo, non è sufficiente ad impedire che individui e società, nella massima noncuranza di ogni senso umano, trovino il modo per approfittare di una crisi, che sia una guerra o una carestia, o un terremoto (ogni citazione a fatti recentemente accaduti è puramente voluta) per lucrare e speculare.

Non si contano i casi di speculazione sulla fame anche in tempi in cui i food derivates non esistevano affatto. Non erano certo strumenti finanziari che venivano utilizzati per fare incetta di derrate in tempi di guerra o carestia rivendendole a peso d'oro. Lo strumento finanziario e telematico, contrariamente al fare incetta localmente, permette di effettuare la speculazione a livello globale, ma tale diabolica capacità è bilanciata da altrettanto tecnologici strumenti che oggi permettono di trasportare e conservare derrate alimentari in tutto il mondo.

Per quale ragione la speculazione è intervenuta solamente nel 2006 e non prima, visto che è così lucrativa e gli strumenti finanziari esistono dagli anni '90?

Un tentativo di analisi può raffrontare i due seguenti grafici che confrontano la crescita della popolazione con la produzione di grano.



Dal 1960 al 1989 si evince che la produzione di grano è cresciuta più rapidamente della popolazione, rispettivamente del 165% contro un aumento demografico del 125%



Dal 1990 al 2009 la produzione di grano è cresciuta solamente del 24% contro un aumento demografico del 28%.

E'da considerare che nello stesso periodo gran parte dell'aumento di produzione di granaglie è stato destinato alla produzione di carne, richiesta dai ceti produttivi dei paesi emergenti e biocombustibili, richiesti dai paesi sviluppati per far fronte alla crisi petrolifera. Tali quote degli aumenti di produzione risultano pertanto divisi per 7 in termine di aumento delle calorie o addirittura nulli nel caso della destinazione a biocombustibili. La produzione di bioetanolo da granaglie è quintuplicata dal 1990 al 2009.

Le prospettive per l'agricoltura non sono rosee, cambiamenti climatici, erosione, desertificazione, sovrasfruttamento delle falde acquifere e crisi energetica con aumento di costo dei fertilizzanti e richiesta di biocombustibili non fanno presagire un miglioramento della sicurezza alimentare, quanto all'aumento demografico, al contrario, le previsioni più caute indicano una popolazione di 8 mld al 2025.

Parallelamente le statistiche indicano che il numero di persone sottonutrite, calato da 878 mln del 1970 a 825 nel 1997 si è di nuovo acuito ed è stato superato il miliardo di affamati nel 2009.

Pertanto la FAO ha stimato che la produzione alimentare mondiale deve raddoppiare al 2025 per sopperire alle necessità degli 8 mld di persone ed alleviare il problema del miliardo di affamati.

In uno scenario del genere è prevedibile che si innesti la speculazione a peggiorare le cose. La speculazione segnala che qualcosa non va, è un sintomo e non una causa. Curare un sintomo regolando un mercato è lodevole, ma non elimina la causa.

Gli speculatori hanno semplicemente notato che la popolazione cresce più rapidamente dei raccolti e scommesso sulla fame. Sicuramente gli operatori che hanno fatto un simile ragionamento sono degli individui spregevoli ma questo non spiega perché i raccolti non crescono allo stesso tasso della popolazione.

L'unico rimedio è produrre di più (o consumare meno) quando domanda e offerta si incontrano troppo vicine è lì che si creano i presupposti per la speculazione che, ripeto, è sempre un sintomo e mai una causa.

Le statistiche utilizzate sono reperibili in:

http://www.earthpolicy.org/index.php?/books/pb4/pb4_data
si veda anche:

http://info.k4health.org/pr/m13/m13chap1_2.shtml

6 commenti:

  1. Unico rimedio mi pare un po' restrittivo...

    ve ne sono varie di soluzioni e ci vuole, a mio avviso un mix di queste... una stabilizzazione della popolazione come auspicata da L. Brown in plan b 4.0, ed aggiungo una successiva riduzione di questa, va ad incidere notevolmente sul lato della domanda.

    ciao

    Paolo

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  2. Il rimedio "produrre di più", scientificamente ineccepible, sembra quasi provocatorio, in bocca a Saraceno, dopo che ha scritto "le prospettive dell'agricoltura non sono rosee".
    Il rimedio "consumare di meno", pure esso oggettivamente possibile, viene messo tra parentesi, a indicare l'incredulità di Saraceno a che questo possa avvenire.
    Dunque le conclusioni sembrano essere che non esiste altro rimedio che la catastrofe, ma allora perché scrivere?
    Posto che "produrre di più" si scontra con i limiti della natura, mi pare che Eugenio avrebbe dovuto mettere questa tra parentesi e non il "consumare di meno".
    Ora, se non ci si vuole rassegnare, si dovrebbe indagare meglio sull'alternativa "consumare di meno", visto che soltanto a questa la Natura non si oppone. Forse si dovrebbe approfondire, magari partendo da una riduzione della popolazione e dei consumi di carne?
    Guido Ferretti

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  3. La cosa importante di questo commento è, come nel caso del commento di Forrester sulla megaconferenza sul clima di Copenaghen, è il fatto che combattere i sintomi, e la speculazione è un sintomo, è fonte di grandi delusioni.

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  4. Errata corrige:
    La cosa importante di questo commento, come nel caso del commento di Forrester sulla megaconferenza sul clima di Copenaghen, è il fatto che combattere i sintomi, e la speculazione è un sintomo, è fonte di grandi delusioni.

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  5. Ottima analisi, però come suggerisce Luca si deve agire non dico solo, ma di sicuro principalmente sul problema e non solo sul sintomo.
    Ovvero quel diminuire i consumi non può voler dire solo mangiare meno, ma essere in meno a mangiare ...

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  6. Infatti se produrre di più vuol dire raschiare il fondo del mare andando nel golfo della Sirte a preparare la distruzione del mediterraneo .. infatti a 500 km dalla Sicilia potremmo avere un nuovo caso BP .. quindi produrre meglio, consumare meno ma puntare all' obiettivo meno uomo sul pianeta ..

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