giovedì 1 dicembre 2011

La scoperta della miniera dell'acqua calda.

Conservare, Risparmiare, come cambiare affinché tutto resti come prima.


Come è noto, il risparmio energetico è uno dei tre obiettivi 20-20-20 indicati dalla Commissione Europea. La confindustria ha proposto, in un voluminoso documento un piano nazionale di risparmio energetico nel quale, in premessa, si afferma che gli investimenti saranno compensati da un risparmio in combustibili superiore a 100 miliardi annui. Nessuna stima dei costi totali viene data, anche perché il miglioramento dell'efficienza è un processo asintotico, ma si può presumere che essi saranno accettabili fino al limite superiore del risparmio previsto. Sulla base di questa “scoperta” dell'efficienza, ancora una volta gli Amici della Terra organizzano una conferenza nazionale sull'efficienza energetica, in collaborazione con Radicali Italiani e con parlamentari dell'area. Un'altra kermesse dei produttori di Fonti Rinnovabili non elettriche che sembrano diventate il nuovo cavallo di battaglia della sezione italiana di Friends of Earth, spesso in strumentale opposizione alle Rinnovabili Elettriche.

Ma numeri di questa grandezza inducono ad una riflessione più approfondita sul tema, anche perché è intuitivo che un miglioramento dell'esistente, a costi di tale dimensione, implica una rinuncia ad alternative diverse, tra la quali la transizione ad un mondo totalmente privo di fonti energetiche fossili. Tale alternativa radicale è stata in passato riassunta da noi di Rientrodolce nello slogan di “fine dell'era del fuoco”., che potrebbe essere una possibile versione italiana dello slogan delle post-carbon cities.

E' indubbio, e l'interesse di Confindustria potrebbe costituire un indizio, che l'insistenza sull'efficienza energetica rappresenta la continuità di un pensiero conservatore, tendente a non cambiare paradigma e a insistere a rabberciare l'esistente. Tale insistenza è coerente con il riflesso conservatore che si manifesta, ad esempio, nella resistenza a riconoscere nel riscaldamento globale un fenomeno di origine antropica o anche nel rifiuto di rivedere le astratte teorie economiche imperanti e il mito della crescita materiale (da cui conseguono grandi affari e falso progresso, come quelli connessi con TAV, inceneritori, rigassificatori, grattacieli, ferro, cemento e macchine ovunque, in un insostenibile processo di complessificazione).

"Efficienza energetica" significa continuare ad utilizzare le fonti fossili, dedicando enormi capitali per ottimizzarne l'uso, pur di non cambiare nulla della sostanza mentale che ci ha portati a questo punto.

"Efficienza energetica" significa dedicare risorse finanziarie e naturali sempre più scarse a prolungare l'esistente, sottraendo risorse all'affermazione delle energie rinnovabili e mettendo le basi per una caduta più rovinosa nel futuro.

L'efficienza energetica non richiede apposite politiche. Il sistema economico vigente già contiene al proprio interno la logica funzionale al raggiungimento delle riduzioni di costo, per semplici ragioni di mercato. Infatti l' efficienza è sempre stata promossa, in tutti i campi, ovviamente in proporzione all'utile marginale ricavabile: non per nulla l'intensità energetica per ogni punto di PIL è stata, almeno fino al 2005 (prima del picco del petrolio convenzionale), in diminuzione. Il criterio di massima utilità implica che si ottimizzino prima i processi energetici più dispersivi e meno costosi da modificare e poi, man mano, gli altri, secondo la legge dell'utilità marginale decrescente a fronte di costi crescenti. Se alcuni processi non sono ancora stati ottimizzati, ciò significa che l'utilità marginale ricavabile è minore e non si vedono motivi di intervento statale per rendere artificiosamente conveniente ciò che il mercato farebbe da sé o, se non lo fa, è perché lo considera svantaggioso.

Poiché l'efficienza energetica, così come concepita, all'interno della logica del sistema economico vigente, non tiene conto né del Life Cycle Assessment né dei costi delle esternalità, essa spesso si traduce in rottamazioni e grandi interventi energeticamente e ambientalmente controproducenti, che finiscono per accentuare l'azione dell'obsolescenza programmata, che è già, purtroppo, il motore dell'economia, della crescita e del consumismo che sono alla base della presente fase del capitalismo. Se almeno questi interventi non fossero mascherati di ecologismo, l'indignazione potrebbe forse essere minore.

L'efficienza energetica produce spesso effetti paradossali, come un maggior consumo di energia (sul paradosso di Jevons si è sviluppato un'interessante dibattito di cui potere trovare traccia qui, qui e qui). Ad esempio capita normalmente che si isoli meglio l'abitazione, ma poi ci si conceda qualche grado in più, che si compri una macchina che consuma meno per percorrere più chilometri o che si cambino le vecchie lampade a incandescenza con quelle a basso consumo per poi lasciarle accese anche quando non serve. Ciò indica che, in realtà, il fattore che incide di più nelle scelte di consumo è (ancora) il costo dell'energia, più che il risparmio energetico.

L'efficienza energetica in pratica si presenta come il deus ex machina dei conservatori che sulla base del mito del decoupling intendono letteralmente raschiare il fondo del barile in cerca degli ultimi profitti ottenibili dal modello fossile.

Il decoupling, letteralmente disaccoppiamento, invoca l'innovazione di processo e di prodotto in modo da ottenere lo stesso risultato economico,con un decrescente flusso materiale di energia e risorse. Il fatto che il decoupling sia un mito è stato dimostrato in varie sedi (si veda ad esempio Tim Jackson. Prosperità senza crescita). Qui si vuole solo rimarcare che, se pure tale disaccoppiamento ha funzionato in senso relativo, cioè, ad esempio, nella già citata riduzione dell'intensità energetica dei prodotti, esso ha totalmente fallito in senso assoluto, visto che le emissioni di CO2 (che, è bene ricordarlo, sono solo uno dei molti indicatori della pressione antropica) sono aumentate dell'80% dal 1970. D'altra parte tale fallimento non dovrebbe sorprendere, dato che il disaccoppiamento è essenzialmente determinato dall'applicazione di tecnologia e la tecnologia è, come ogni fattore di produzione, soggetta alla legge dei ritorni marginali decrescenti.

Sia chiaro non siamo contrari alle azioni che i cittadini hanno già iniziato a mettere in atto per proprio conto per difendersi dalla crescita delle bollette. Siamo contrari all'efficienza assunta a strategia generale sotto l'egida dello stato con il benevolo assenso di esperti e industriali.

Invece della costosa efficienza energetica di stato, se un provvedimento immediato, e a costo zero, fosse auspicabile, esso potrebbe essere l'introduzione (almeno a livello europeo) di una forte carbon tax, che, attraverso l'aumento del costo dell'energia, desse un contributo sia all'efficienza energetica che all'affermazione delle energie rinnovabili, senza necessità di una selva di incentivazioni burocratiche e dirigistiche, sulla via ipocrita dello "sviluppo sostenibile". Qualche effetto, anche se, purtroppo, assolutamente insufficiente, ne potrebbe anche conseguire sul contenimento delle emissioni dei gas climalteranti.

Nel fissare gli obiettivi dell'economia è necessario collocarli all'interno di un sistema più vasto, che ne riconosca il fine ultimo nel benessere spirituale e materiale dell'umanità, all'interno dell'ambiente che ne consente la vita. Se è vero che il pianeta è finito e che il metabolismo sociale ed economico umano sta portando alcune risorse essenziali verso un rapido esaurimento, è necessario che le residue risorse naturali ed economiche, ivi inclusi i ricavi di una eventuale carbon tax, siano diretti ad accelerare l'introduzione delle energie rinnovabili di massa, attraverso macchine (a energia solare ed eolica), già ampiamente conosciute e in costante perfezionamento, in grado di produrre grandi quantità di energia a costi ridotti e basso impatto.

Tale processo, sebbene, nel medio termine, risolutivo sul fronte energetico (esistono comunque fattori limitanti anche per la produzione di energia rinnovabile), non dovrebbe tuttavia essere considerato a se stante, ma essere visto come un intervento di mitigazione della transizione del pianeta verso uno stato stazionario che, inevitabilmente, potrà essere raggiunto solo nel lungo termine, governando le prevedibili catastrofi umanitarie che nel frattempo interverranno, a causa del ritardo con cui si interviene. Del resto economia ed energia, come anche disponibilità delle risorse naturali e popolazione, sono aspetti inestricabilmente interconnessi in un'unica realtà, come appare evidente a chi si sforzi di raggiungere una visione olistica del mondo e di includervi le leggi fisiche, come quelle della termodinamica e dell'ecologia.

Dai tempi in cui, grazie allo studio della dinamica dei sistemi, si iniziò a capire il legame fra ecosistemi terrestri ed economia sono passati, quasi invano, quaranta anni e le opere del Club di Roma e di altri autori come Paul Ehrlich con il suo libro “la Bomba Demografica”, e Ivan Illich con la sua ispirata critica agli eccessi del mercato capitalistico, che furono all'origine dell'ecologismo politico, sono state quasi dimenticatenell'orgia di una crescita che sembrava destinata a non interrompersi più.

Oggi è quanto mai necessario riprendere e approfondire il lavoro di questi antesignani che per tempo indicarono l'insieme di problemi in cui stiamo regolarmente inciampando senza peraltro essere in grado di dar loro il nome che hanno e cioè quello di crisi da overshoot ecologico della specie umana, guidata da due fattori essenziali: la dimensione dell'economia industriale e la dimensione della popolazione. Per questo motivo accanto ai menzionati interventi sull'energia, da considerarsi come una misura transitoria, è necessario che le scarse risorse naturali ed economiche residue siano utilizzate per avviare, immediatamente e con la massima energia, i processi a lungo termine necessari a instaurare una vera sostenibilità della vita sul pianeta, senza rinunciare totalmente agli aspetti positivi della modernità. Tali processi comprendono la riduzione della popolazione e dei consumi materiali globali, con il conseguente cambiamento degli attuali paradigmi economici e monetari, basati sull'indebitamento, ormai già in fase avanzata di auto-distruzione.

8 commenti:

  1. Ma come ridurre la popolazione senza metodi drastici ovvero cinesi? Già il concetto in sé di riduzione scatena i fondamentalisti economici e religiosi, ma anche la "gente normale" non gradisce. Una mia conoscente, anziana come me (67), osserva: siamo un paese di vecchi (l'Italia). Sottinteso: che schifo. Ovvero: non c'è futuro, siamo condannati (all'estinzione o all'invasione dei barbari). Andrea Furcht, demografo e decrementista, sostiene che il "rientro" non può avvenire che in tempi lunghissimi (addirittura secoli!) perché un rientro troppo rapido sarebbe rovinoso (il che è anche vero).

    L'iniziativa svizzera per il contenimento dell'incremento demografico allo 0,2% annuo è stata accolta malissimo (da economisti e sinistra-verdi). Il contenimento infatti non può avvenire che limitando (limitando non impedendo!) l'immigrazione e quindi per i verdi è un'iniziativa cripto-xenofoba. In realtà l'iniziativa mira al numero e non alla composizione etnica della popolazione.

    Siamo da anni in crisi globale, ma mai nessuno associa la crisi all'incremento demografico. Per me la connessione dei due fenomeni è un'evidenza solare, ma la "gente normale" non vede il nesso, il Vaticano teme che la gente pensi poi solo a scopare e non vada più a messa, gli economisti e i politici temono ripercussioni sulla crescita se i consumatori diminuiscono.
    L'informazione sembra che non basti.

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  2. Purtroppo il tabù demografico è quasi invincibile, perchè è radicato profondamente dentro di noi, in quanto esseri viventi.
    E' la conseguenza inevitabile della nostra dipendenza ontologica dal gene replicatore egoista.
    Come spiega molto bene il grande biologo Richard Dawkins: << Noi siamo macchine per la sopravvivenza, veicoli automatici ciecamente programmati per preservare quelle molecole egoiste conosciute come geni >>.

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  3. @ Lumen

    Non sono tanto d'accordo. Il gene egoista dovrebbe anche realizzare che l'inevitabile crollo del sistema comporta anche la sua sparizione. Certo il gene è cieco e ottuso, non pensa. Ma l'uomo può pensare, fare proiezioni sul futuro - e quindi dovrebbe far tacere il gene. Del resto anche tu ritieni, mi sempre, che una maggiore consapevolezza è utile per contrastare le spinte cieche e oggi autodistruttive del gene.

    Certo il gene, come la vita, è una forza irresistibile che vuole solo la propria espansione. In natura tutti gli esseri viventi sono tenuti in scacco da altre specie o dai limiti fisici. Negli ultimi duecento anni l'uomo ha abbattuto via via molti di questi limiti, può addirittura indurre una mutazione genetica della specie.
    Io sono per il principio di precauzione ("adelante, Pedro, con juicio").

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  4. L'affascinante storia del gene egoista sta diventando obsoleta ormai.L'epigenetica lo dimostra.
    Il corredo genetico di qualsiasi essere vivente non vive a lungo in una capsula di Petri.
    La vita è una inestricabile rete di esseri viventi che non si può studiare fino in fondo pezzo per pezzo come se fosse solo un orologio.
    Il codice genetico umano ha una coscienza che gli permette di sapere quello che fa?.
    Se sì, allora perchè tanta complicazione per creare un essere umano completo di un sistema nervoso come il nostro,solo per replicarsi?
    Se no, allora l'arnese ciecamente programmato per autoreplicarsi che saremmo noi, perchè mai dovrebbe preoccuparsi del suo futuro?
    Tanto è tutto ciecamente programmato!.
    Semmai è la prima , forse, volta nella nostra breve storia, al confronto della lunghissima della biosfera che dobbiamo fare consapevolmente i conti con dei limiti molteplici e stringenti.
    Siamo come un moscerino che dovesse centrare la cruna d'un ago lontana come un continente volando veloce quanto un aereo da caccia.
    Difficilissimo ma non teoricamente impossibile.

    Marco Sclarandis.

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  5. Rispetto le opinioni di Sergio e di Marco, ma resto del parere che quella del GENE EGOISTA sia ancora la teoria migliore di cui disponiamo per spiegare tanti comportamenti altrimenti insensati della specie umana.
    E il tabù demografico mi sembra proprio uno di questi.
    Quante saranno le persone consapevoli della tragedia demografica che ci attende ?
    L'uno per cento ? Forse di meno.
    Se l'uomo fosse davvero l'essere razionale che pretende di essere, dovrebbero essere molte, ma molte di più.

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  6. Lumen, ma allora come mai noi Italiani abbiamo fatto una transizione demografica così rapida senza quasi che ce ne accorgessimo?
    E dire che ospitiamo pure Il Vaticano!
    In natura esistono innumerevoli mezzi che impediscono ad una specie di moltiplicarsi catastroficamente, e più è complessa una specie più sono raffinati questi meccanismi.
    La nostra natura umana è evidentemente un groviglio di razionalità e irrazionalità, ma il momento che stiamo vivendo è unico nel suo genere.
    Collassi precedenti di civiltà e di popoli possono insegnarci molte cose ma questa situazione planetaria sembra una prima assoluta, o una mano di poker dove si gioca il tutto per tutto.
    Io sono dell'idea che in linea di principio noi umani potremmo fare ancora un raddoppio o forse due ma, a prezzo di un cambiamento profondissimo del nostro modo di vivere.
    Ma è come dire che siccome siamo riusciti ad mandare una dozzina di noi sulla Luna quarant'anni fa allora, possiamo emigrarci in massa in pochi anni.
    Già rientrare in certi limiti sforati da tempo sembra impossibile.
    Ma anche andare sulla Luna a fare una passeggiata sembrava fino a cent'anni fa impossibile................
    Eppure molto meno dell'un per cento di tutti noi ha reso possibile quel mitico sogno.

    Un saluto
    Marco Sclarandis.

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  7. Caro Marco,
    andare sulla Luna non violava il tabù demografico, anzi lo esaltava (era un mondo nuovo da conquistare per la prolifica razza umana).
    All'inizio, in effetti, si trattava di un sogno per pochi, ma poi tutti si sono accodati entusiaticamente.
    Invece, cercare di controllare e ridurre la popolazione viola questo terribile tabù.
    E pensare che l'attuale 1 % di preoccupati possa trascinare con se la maggioranza, è una cosa che tutti noi ci auguriamo, ma mi pare davvero difficile.
    Mi piacerebbe sentire l'opinione di Luca Pardi su questo punto.

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  8. Non sono molto ispirato oggi per rispondere a domande così difficili. Dawkins ha coniato il concetto di gene egoista, ma anche quello di meme. Speriamo che il "nostro" meme del rientro dolce proliferi. Al momento non sembra molto vincente, ma non si sa mai.

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