Pochi giorni fa il Capo del Dipartimento della Protezione Civile, Franco Gabrielli, ha lanciato una proposta insolita per una persona che fa direttamente capo alla Presidenza del Consiglio, cioè al governo. La proposta era che di fronte ai ricorrenti disastri causati dal dissesto idrogeologico si dovrebbe smettere di costruire alcunché per 10 anni e votare tutte le risorse alla riparazione del territorio devastato dalla cementificazione.
Venerdì pomeriggio nel mio paese, Pontassieve, si è sentita per l'ultima volta la sirena dell'Italcementi che ha svolto per 80 anni la sua attività nei pressi del centro abitato di Pontassieve. Il cementificio chiude, le persone che ci lavoravano perdono il lavoro, e questo è un dramma. Ma non ci si può fermare a questo. Monica Marini, una dei candidati alla sindacatura per la prossima primavera, era alla cerimonia di chiusura e su questa ha scritto parole toccanti sulla sua bacheca Facebook. Io le ho risposto così:
Cara
Monica, come ti ho detto anche in un'altra occasione, sarete voi
amministratori locali, più di quelli di Roma, Bruxelles, Washington e
Pechino, a sopportare il peso, nei prossimi anni, della transizione a
cui siamo chiamati. La chiusura del cementificio
fa parte della transizione, come quella delle acciaierie e, alla fine,
delle fabbriche di automobili ecc. Il lavoro dovrà essere creato in
altre attività ecologicamente sostenibili, con l'idea di fondo che il
modello produttivista della manifattura non è resuscitabile e che quello
del capitalismo finanziario è alla fine (a meno che non riescano a
buttarci in una guerra totale). Purtroppo chi fa politica nelle capitali
ancora non l'ha capito, pensano che sia possibile, con qualche
operazione di razionalità economica, tornare a CRESCERE, nessuno che si
chieda se questo è semplicemente possibile. Nessuna grandezza fisica può
crescere indefinitamente, non la produzione, non i consumi, non la
popolazione umana (con tanti auguri alle famiglie numerose ed alla loro
retorica), ad un certo punto gli ecosistemi che ci sostengono smettono
semplicemente di funzionare. Quello che ci vediamo intorno è, secondo
me, il segno del malfunzionamento dell'ambiente che, da una parte, non
ci concede più le risorse con la stessa facilità di secoli o anche
decenni fa, dall'altra non accetta più gli effetti delle nostre
attività. Non è più sufficiente far riferimento allo SVILUPPO
SOSTENIBILE inteso, in effetti, come CRESCITA SOSTENIBILE (un ossimoro)
si deve davvero voltar pagina. E in questo voltar pagina non c'è nulla
di prevedibile nè di scontato. Ci si deve lavorare proprio a partire
dalle comunità locali. Su questo tema sarebbe interessante un incontro
con l'associazione delle Città di transizione
nate nel mondo anglosassone, ma già presenti in Italia. Capisco il
dramma della chiusura di una fabbrica, ma si deve anche riflettere sul
fatto che certi tipi di attività industriale che nella fase espansiva
erano indispensabili ora diventano via via sempre più marginali. Il
problema non è tenere aperte le attività per forza, ma crearne di nuove.
Il problema è che chi fa politica ha studiato troppa economia e poca (o
punta) ecologia, ma alla fine, o, come dicono gli economisti, nel lungo periodo è l'ecologia che comanda.
<< Il problema è che chi fa politica ha studiato troppa economia e poca (o punta) ecologia, ma alla fine, come dicono per l'appunto gli economisti, nel lungo periodo è l'ecologia che comanda. >>
RispondiEliminaCaro Luca, condivido in pieno il tuo commento e in modo particolare l'ultima frase, anche se mi ha lasciato perplesso per una parte.
Che i politici capiscano poco di ecologia non mi stupisce, basta vedere le decisioni che assumono e, per altro verso, la piega patetica che hanno preso in tutta europa i partiti c.d. Verdi.
Però gli economisti che riconoscono la superiorità a gioco lungo dell'ecologia, mi sembrano, per il momento, pochini e, soprattutto, ancora marginali (purtroppo).
Non sono stato chiaro Lumen, hai ragione, intendevo "nel lungo periodo" come dicono loro ...
RispondiEliminaHo corretto, spero si capisca il senso.
RispondiEliminase tenessero in conto che la pacchia in Italia si sta ancora facendo perchè ci mandano dall'estero cibo e energia a credito di niente, si preoccuperebbero un pò. Ho visto nella mia vita passare l'economia del mio comune dal primario, al secondario, al terziario in pochi decenni e ora il 90% vive di servizi e pensioni. E lo farà fino al collasso, che è già cominciato con la crisi, che non finirà mai. L'unica soluzione sarebbe tornare a vivere del necessario, ma ormai senza auto, riscaldamento, vacanze, Ipad, Ipod ecc...nessuno accetterebbe volontariamente di vivere.
RispondiElimina"… le persone che ci lavoravano perdono il lavoro, e questo è un dramma."
RispondiEliminaMa possibile che una società avanzata come la nostra non riesca a far sì che perdere il lavoro non sia un dramma? Eppure vediamo che ogni giorno qualcuno in Italia si suicida perché ha perso il lavoro e non ne trova un altro. La chiusura di stabilimenti obsoleti e magari anche inquinanti dovrebbe essere motivo di soddisfazione. L' «interregno» in attesa di trovare nuova occupazione e reddito potrebbe essere gestito senza troppi drammi e privazioni, anche se si dovrà per forza rinunciare a qualcosa. Una volta si risparmiava per i tempi duri, c'era qualcosa da parte con cui attutire i colpi del destino, le avversità.
Un secolo fa oltre la metà degli Svizzeri erano contadini (e il paese era povero). Oggi solo uno scarso 5% della forza lavoro è nel settore e la moria di aziende agricole continua. Non è un dramma o una tragedia, anche se gli agricoltori e una parte (esigua) dell'opinione pubblica se ne dispiacciono. La chiusura di una fabbrica di automobili non dovrebbe essere una tragedia, anzi.
Ma bisognerà garantire un minimo a tutti. Il "reddito garantito senza condizioni" (BGE - Bedingungsloses Grundeinkommen, basic income) forse sarà una necessità per garantire la pace sociale. Di questo reddito si parla e si parlerà nel prossimo futuro (io personalmente ho delle riserve ).
In un certo senso si tratterebbe (soprattutto) di mettere compiutamente in pratica l'ormai noto assioma 'pensare globalmente, agire localmente'...
RispondiEliminaE in questo agire localmente una parte fondamentale (oltre ovviamente all'implementazione di adeguate & diffuse pratiche di birth control & family planning e di una saggia conversione/riduzione dei consumi) a mio avviso potrebbe/dovrebbe essere svolta dal ritorno di ampie fasce di popolazione (umana) alle campagne e cmq. a centri medio-piccoli adeguatamente sottratti al 'digital divide', in contro-tendenza rispetto all'attuale urbanizzazione incontrollata che ha portato alle odierne metro(mega)lopoli sovraffollate & inquinate, peraltro generalmente venerate dai "comunitaristi' di destra, di sinistra & di centro...
Il reddito minimo garantito mi pare impraticabile anche solo da un punto di vista finanziario, perchè le risorse possono essere create solo da una crescita continua della produzione, che è proprio la cosa che è venuta a cessare e che non vedremo mai più.
RispondiEliminaMolto meglio la possibilità di un lavoro "pubblico", anche saltuario e a tempo, nel campo dell'ecologia e della cura del territorio, dove il lavoro da fare è enorme e (quasi) senza fine.
"Molto meglio la possibilità di un lavoro "pubblico", anche saltuario e a tempo, nel campo dell'ecologia e della cura del territorio, dove il lavoro da fare è enorme e (quasi) senza fine."
EliminaCome non darti ragione! Basta con l'idea di un reddito fisso, congro e garantito e magari anche sempre crescente.
Tuttavia un minimo bisognerà pure garantirlo a tutti (alloggio, acqua, pane, elettricità, istruzione, sanità, previdenza sociale, occupazione non possono più essere considerati lussi ma pure necessità ). Io però metterei l'accento su "minimo" (almeno pane e acqua e un tetto, no?). I lussi invece non sono necessari (fra questi ci metto anche - horribili dictu - anche una certa concezione dell'istruzione e della sanità - come se una laurea e il mantenimento in vita di quasi-cadaveri siano ormai diritti acquisti).
Un tale sosteneva la necessità della "rotazione" dei posti statali garantiti. Una cosa che trovo interessante. È chiaro che non tutti possono fare i ricercatori, ma la stragrande parte dei "posti statali" può essere occupata da chiunque. Un po' per uno non fa male a nessuno! Dopo un paio di lustri da statali garantiti e ben pagati si può benissimo industriarsi e rendersi utili in altri campi.
Ma come dicevi tu una volta i "sinistri" intendono per lavoro un'occupazione di otto ore al giorno con reddito fisso e garantito. Questo temo che non sarà più possibile. Temo? No, anzi, meglio.
può darsi, ma solo per avere da mangiare. Mentre ancora il mantra attuale è tutti i diritti in cambio di niente.
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