Oggi all'Area della Ricerca del C.N.R. di Pisa c'era il presidente dell'ente prof. Luigi Nicolais da Sant'Anastasia (NA). Si, lui, il ministro della Funzione Pubblica del gov. Prodi, il predecessore dell'indimenticato Renato Brunetta, ma anche tante altre cose. Alle 14:30 era previsto un'incontro fra il presidente e il personale nell'auditorium dell'Area, l'incontro è stato anticipato alle 14:10 per poi iniziare effettivamente alle 14:30.
Brevemente introdotto dal presidente dell'Area dott. Claudio Montani, Nicolais si è presentato all'audience soffermandosi solo sugli aspetti professionali e non su quelli politici, non ha mai menzionato il fatto di essere stato per due anni ministro della Repubblica (questo mi ha fatto una buona impressione, sono sempre colpito dall'understatement). Poi ha iniziato una noiosissima e prevedibile nenia sui benefici della ricerca che, complice il filetto di cernia della mensa, mi ha rapidamente portato fra le braccia di Morfeo. Sono stato risvegliato da una collega che mi ha dato di gomito (sembra che avessi la bocca aperta e fossi prossimo a russare! Oh ragazzi, ma io mi sveglio alle cinque e alle 14:30 sulle poltrone dell'auditorium avrò diritto ad una defaillance? :-)) mentre Nicolais continuava con la consueta retorica della ricerca, dell'innovazione, della competitività del sistema paese, del non c'è sviluppo (leggi crescita) senza ricerca, dell'interdisciplinarietà. Roba da riaddormentarsi all'istante e risvegliarsi nel 2100 a giochi fatti.
Questo è stato per me un altro saggio di quello che sono le nostre classi dirigenti che, a giudicare dalle domande dell'audience divisa fra le speranze mal riposte dei lavoratori atipici (leggi precari), qualche sessantottino/a di risulta, e qualcuno col piglio professionale di quello che sembra sapere il fatto suo non sembrano essere peggio del popolo che dirigono.
Una ragazza "giovane" (per definizione perché più giovane della media dei presenti) e precaria (ops atipica) domanda a Nicolais: "ma se io le domandassi oggi, sig, Presidente, se ho delle prospettive continuando a lavorare qui lei cosa mi risponderebbe?". Lui sorride benevolo e dice, "dott.ssa siccome peggio di così non può andare, io le dico che le prospettive ci sono". Io ho già il cervello in tilt alla prima frase: "PEGGIO DI COSì NON PUò ANDARE". Ah, come vorrei prendere il microfono e dire urbis et orbis: "oh certo che si, esimio Presidente, può andare molto peggio di così, ci sono paesi in cui sta andando ed è andata peggio di così, il problema è che voi (classe dirigente) non avete ancora capito bene cosa sta succedendo alla cosa che tentate, e magari anche con una certa abnegazione, di dirigere.
Il mondo che lei e i suoi colleghi si immaginano, anche con abnegazione e umiltà, di dirigere sta andando in pezzettina, la crisi del debito del CNR è una piccola crepa che unendosi alle crepe più grosse finirà per far crollare tutto l'edificio. La scienza e la ricerca vanno a pezzetti insieme all'ALCOA, all'ILVA, alle aziende automobilistiche e giustamente. A tutto c'è un fine. L'errore è aver finto per tanto tempo che non ci fosse. Eravamo stati avvisati per tempo, più di 40 anni fa, dal Club di Roma. Vi ricordate "i Limiti dello Sviluppo"? Andatevelo a rileggere cari colleghi, fate questo piccolo sforzo e vedrete che abbiamo buttato via quasi mezzo secolo di scienza e coscienza inseguendo, anche noi, miti irrealizzabili.
Non avete capito ad esempio che la retorica non basta più a nascondere il fatto che le condizioni della ricerca non sono più quelle di solo un quarto di secolo fa (per non parlare di mezzo o un secolo addietro) in termini di ritorno dell'investimento. Per chi fa ricerca questo dovrebbe essere evidente, ma si preferisce non vedere altrimenti saremmo costretti a pensare qualcosa di davvero innovativo, ad esempio qualcosa che non pigia più il piede sull'accelleratore della competizione, perché la competizione è ottima quando le opportunità sono abbondanti, ma quando si restringono è un fatto ecologico che alla competizione deve subentrare la cooperazione altrimenti è guerra fra bande. Esattamente quanto sta avvenendo a tutti i livelli delle società che questi signori si ingegnerebbero, ognuno al suo livello, di dirigere.
La Scienza in cui siete cresciuti, in cui siamo cresciuti, è agonizzante. Se ci vuole la macchina più grande dell'intera storia umana per fingere di aver trovato una particella che forse non esiste. Se si deve fingere che invece quella particella esista proprio alla vigilia di importanti decisioni politiche che determinano l'entità dei finanziamenti alla stessa macchina (Ah si sto parlando dell'LHC, del Large Hadron Collider). Se da anni, fra il serio e il faceto, nei corridoi su cui si affacciano i laboratori universitari e dei centri di ricerca, si sussurra che "la pubblicità è l'anima della Scienza". Se i grandi progetti vincenti (pochi invero) sono fin dall'inizio definiti sulla base del potere e passano oltre la vista degli oscuri ricercatori come me, vuol dire che il problema non è transitorio, è terminale.
Prima se ne prenderà atto e prima inizieremo a ridefinire i limiti e le finalità della scienza in un mondo in cui l'overshoot ecologico della specie umana non richiede competizione per convincere qualcuno che l'ultimo ritrovato (probabilmente inutile) è essenziale per rilanciare la crescita, ma razionale programmazione di una ritirata con il minor numero di perdite possibile verso una società globale ecologicamente, economicamente e socialmente sostenibile.
Le conoscenze che ha accumulato la scienza degli ultimi due secoli potrebbero e dovrebbero essere da guida in questa ritirata, a patto che non si creda di poter continuare come se negli stessi due secoli non fosse successo nulla e che si potesse, seguendo una retorica scientista che unica, fra le molte retoriche dei secoli scorsi, resiste pur mostrando la corda, proseguire sulla via della crescita eterna grazie ai sempre nuovi conigli tecnologici estratti dal cappello della ricerca.
Il mondo è pieno di gente e sempre più vuoto di risorse e di opportunità ecologiche. La scienza si deve occupare di questo, ma se si spera di farlo con lo stesso metodo che ci ha portato a questa situazione le probabilità che possa essere ancora utile sono scarse.
condivido totalmente. se ci troviamo in queste condizioni e che buona parte della scienza e' stata utilizzata non per migliorarsi ma per accelerare e aumentare la distruzione. i posteri rideranno di noi
RispondiEliminapierino
"la competizione è ottima quando le opportunità sono abbondanti, ma quando si restringono è un fatto ecologico che alla competizione deve subentrare la cooperazione altrimenti è guerra fra bande."
RispondiElimina"Il mondo è pieno di gente e sempre più vuoto di risorse e di opportunità ecologiche. La scienza si deve occupare di questo, ma se si spera di farlo con lo stesso metodo che ci ha portato a questa situazione le probabilità che possa essere ancora utile sono scarse. "
Bello bello
Dario F
Sei sicuro caro Luca che il Prsidente Nicolais abbia usato uno stile understatement?
RispondiEliminaAnche lui da politico qual'è ha capito che questo è lo stile che si deve usare per sperare di piacere almeno a qualcuno se non a tutti.
E’ chiaro che la nostra classe dirigente faccia retorica e demagogia ma non concordo con te quando scrivi “…. le condizioni della ricerca non sono più quelle di solo un quarto di secolo fa (per non parlare di mezzo o un secolo addietro) in termini di ritorno dell'investimento”. Secondo me per quanto investono il ritorno è altissimo in termini di risultati. Io parlo di quei pochi spiccioli che arrivano e che sembrano non essere apparentemente pilotati. Ci sono anche molte idee geniali o comunque facilmente utilizzabili, la cui applicazione non viene però concretizzata. Concordo con te per quanto riguarda invece “i grandi progetti vincenti…. sono fin dall'inizio definiti sulla base del potere e passano oltre la vista degli oscuri ricercatori come me, vuol dire che il problema non è transitorio, è terminale”. Non li definirei però “vincenti”. Proprio perché assegnati solo sulla base del potere sono per loro stessa natura perdenti perché perdono di vista quelle che dovrebbero essere le reali finalità della scienza.
Ma come sfruttare le conoscenze acquisite dalla scienza per costruire una ritirata efficace che guardi verso il futuro? Io vivo anche di scienza esattamente come te, se trovo stimoli e quindi entusiasmo mi appassiono in quello che faccio e sono disponibile anche al cambiamento, ma in questo momento non riesco a vedere questa strada. Continuo a vedere, invece, solo i tanti “conigli tecnologici” che ci costringono alla competizione e non alla collaborazione. E’ anche facile però parlare e dire che tutto è sbagliato e che dovremmo fare diversamente, ma qualcuno è in grado di indicare concrete soluzioni?
sb
Ottimo post.
RispondiElimina"Il mondo è pieno di gente e sempre più vuoto di risorse e di opportunità ecologiche. La scienza si deve occupare di questo"............
Secondo te, come si può fare?
buona giornata
p.s. ho ripreso il tuo post sul mio blog, citato.
RispondiEliminaBeh sb non hai nemmeno tutti i torti. Anche se vana molta ricerca costa relativamente poco se confrontata, ad esempio, con quanti soldi girano per i cacciabombardieri o per i giocatori di calcio. Con un Cristiano Ronaldo si manderebbe avanti il CNR per due anni o più. Ma quello che cerco di dire è un'altra cosa. Il fatto che la competizione faccia emergere l'eccellenza è un assunto accettato senza dimostrazione empirica. L'affermazione viene propagandata da quelli che il successo l'hanno già avuto, i vari caporioni dell'Accademia che, chi più chi meno, saranno anche intelligenti (e perfino molto intelligenti), ma sono la dimostrazione che "quella" competizione fa prevalere non l'eccellenza, ma altre qualità. Poi siccome loro sono quelli che danno le definizioni l'affermazione si autoavvera. Io prendo ad esempio gli ecosistemi. Negli ecosistemi immaturi, quindi all'inizio della colonizzazione, la competizione permette alla vita di colonizzare l'ecosistema in modo equilibrato (che è quanto chiamerei eccellenza) quando i sistemi sono maturi inizia progressivamente a prevalere la cooperazione. La ricerca è oggi un sistema maturo in cui si finge di dover combattere alla frontiera, alla conquista di nuovi spazi infiniti. Non è così. Il che non taglia la strada nè all'innovazione nè alla genialità. IO credo che la genialità emergerebbe più in uno schema collaborativo che in uno competitivo. Puoi sapere quanta scienza va perduta ogni giorno per il semplice fatto che la letteratura sceintifica (peer reviewed) è dominata da un certo ambiente geo-politico? Non ho risposte certe neppure io, ma quello che vedo non mi convince.
RispondiEliminaAssolutamente d'accordo sul fatto che in uno schema cooperativo emergerebbe la genialità, nella competizione a volte cadono anche i più forti, semplicemente perchè la loro "madre Venere si era dimenticata di immergere anche il calcagno"...il problema è che i una guerra tra "poveri" come quella che stiamo combattendo adesso, tutti i poveri sono concentrati nella eliminazione reciproca.
RispondiEliminaIo conosco un po' il mondo della ricerca non conosco altri sistemi che te invece descrivi anche in questo blog. Non capisco perchè debba esistere competizione in un ecosistema immaturo. Se metti un fagiolo in una stanza ed un sostegno ad una certa distanza lui andrà a cercarlo in un modo ancora sconosciuto. Se metti due fagioli e due sostegni si combatteranno per lo stesso sostegno o si spartiranno i sostegni in maniera equilibrata? Forse solo dopo aver fatto questo potrebbero decidere di collaborare e legarsi insieme.
sb