Oggi è il World Population day.
Rientrodolce vi partecipa con il proprio bollettino Overshoot che siamo riusciti a chiudere serata di ieri.
Come sempre è un bel malloppo.
Spero possa interessarvi.
Overshoot è il bollettino dell'associazione Rientrodolce e si occupa di riportare dati, fatti e opinioni che riguardano la sovrappopolazione. Il nome Overshoot viene dalla definizione che se ne da in ecologia. Riporto di seguito da definizione di Overshoot data nel glossario del Global Footprint Network (l'Istituzione che misura l'Impronta Ecologica umana a livello globale e dei singoli paesi).
Overshoot: l'overshoot globale si verifica quando la domanda dell'umanità sulla natura supera l'offerta della biosfera, e la sua capacità rigenerativa.
Tale superamento porta ad un impoverimento del capitale naturale che sostiene la vita sulla Terra e all'accumulo di rifiuti, come l'anidride carbonica nell'atmosfera.
A livello globale, deficit ecologico e overshoot sono la stessa cosa, poiché non vi è alcuna rete di importazione delle risorse per il pianeta.
Overshoots locali si verificano quando un ecosistema locale viene sfruttato più rapidamente di quanto può rigenerarsi.
Quello che non capisco, e vorrei capirlo: di fondo sostenete una popolazione mondiale di decrescita? Decrescita moderata, mi pare di aver letto, ma di fondo è la decrescita voluta da Thomas Malthus che certamente non era un umanitario in senso stretto.
RispondiEliminaAggiungo un commento eventualmente da leggere:
RispondiEliminahttp://4realinf.wordpress.com/2011/05/11/genocidio-programmato/
Non conosci Malthus, leggi il saggio di Marisa Cohen su Overshoot N.2 qui: http://www.rientrodolce.org/media/overshoot/overshoot_n2.pdf. Quella della decrescita della popolazione è uno dei tabù del nostro tempo, forse quello più resistente. O affrontiamo una decrescita per scelta o ci becchiamo quella imposta. Tertium non datur.
RispondiEliminaNuova sparata di Ettore Gotti Tedeschi (la crisi è dovuta al calo demografico - i paesi emergenti invece (Cina, India, Brasile ecc.) sono popolosissimi). Anche l'Italia soffrirebbe di un calo demografico (ma quando mai, siamo più di 60 milioni, molti di più che alla fine della guerra quando l'Italia risultava - per il cattolicissimo De Gasperi - «sovrappopolata»).
RispondiEliminaHo commentato così questa notizia nel blog dell'UAAR:
Il problema della Chiesa è la liberazione della sessualità dalla procreazione. Se la ammette è finita. Chi fa bene l’amore non ha certo bisogno dei preti (il nostro teologo cattolico dovrebbe cercarsi un altro lavoro). Ettore Gotti Tedeschi è un uomo di Chiesa: non è un prete, ma fa parte del sistema. Logico che spari sentenze demenziali come quelle riportate. La Cina, l’India, il Brasile ecc. sono in crescita esponenziale perché partono da un livello bassissimo e devono recuperare, allestendo fra l’altro l’infrastruttura. Le popolazioni di questi paesi hanno comunque redditi medi abissalmente inferiori ai paesi industrializzati e non so se li eguaglieranno mai (non me lo auguro nemmeno, per ovvi motivi).
Paesi invece che hanno ridotto i tassi di natalità, come la Corea del Sud e l’Ile de la Réunion, godono di livelli di vita paragonabili ai nostri. Puoi aumentare le dimensioni della torta, ma se aumentano a dismisura i consumatori di torta le porzioni saranno le stesse o anche più piccole.
I politici e gli economisti hanno anche loro un problema: la crescita economica è indispensabile alla loro sopravvivenza. Se i consumi calano o stagnano è crisi e guerra civile e ci vanno di mezzo anche loro (qualche avvisaglia l’abbiamo in Grecia e altrove: la gente è incazzata nera).
E basta con questa storia che c’è da mangiare per tutti e che è solo un problema di equa distribuzione. C’è anche un problema di produzione (”il cibo non cresce spontaneamente sugli alberi ed è poi distribuito dal vento” [G. Sartori]). C’è anche un problema drammatico di risorse idriche. Il problema dell’acqua potrebbe diventare anche più acuto della fine del petrolio.
Se vivessimo nel paese di Cuccagna o in paradiso – dove come si sa c’è abbondanza di tutto – non ci sarebbero problemi e discussioni: ce ne sarebbe per tutti. Sembra però che non ce ne sia per tutti (a cominciare dal petrolio). Perciò sono – siamo – tutti nervosi.
Scusa Sergio, ma il problema non è neanche di puro rapporto cibo/popolazione, ma assai più complesso. Anche se si trovassero le risorse tecniche e di produzione per sfamare e dissetare 20 o 30 milardi di umani il problema è: che vita sarebbe? Quali disastri ambientali, quali città da incubo dovremmo vivere? E poi, un pensiero che dice: bisogna procreare umani fino a che il pianeta non scoppia, che pensiero è? Qual'è il rispetto che un simile pensiero ha per l'ambiente, gli animali, le piante, la biosfera? Chi è questo secondo Hitler, perché di questo si tratta, che osa dire questo? Il pianeta sarebbe solo un mero contenitore della nostra sconfinata arroganza e della nostra sopraffazione violenta su tutti gli altri esseri viventi ( e anche indifferenza verso la sorte di tanti uomini)? Il pianeta sarebbe un grande Awscwitz dominato da un uomo che avrebbe perso ogni umanità, che non è altro che appartenenza alla natura, alla biosfera di cui noi siamo un componente come gli altri. Tanti mali del mondo contemporaneo provengono dalla dimenticanza umana di questa appartenenza...
RispondiElimina@ Agobit
RispondiEliminaMa sono perfettamente d'accordo: non c'è solo il problema di sfamare miliardi di persone, ma anche quella di una vita che meriti questo nome. Che senso avrebbe assegnare una ciotola di riso o 200 g di spaghetti Barilla al giorno a tutti in un ambiente devastato, pieno di centrali nucleari (non credo che chiuderanno le centrali, anzi, vedi Cina e Giappone), di inceneritori, depuratori, discariche, mari inquinati ecc. ? Non di solo pane vive l'uomo, diceva quel tale, ma anche - aggiungo io - di bellezza, sogni, spazi, diversità. Un mondo senza elefanti e tigri e natura selvaggia e tante altre cose non mi sembra attraente.
Il fatto è che ogni specie vivente, animale o vegetale, è tenuta in scacco da altre specie e non può espandersi oltre un certo limite. Il limite noi l'abbiamo abbattuto. Rendendoci conto però dei danni che facciamo e dei probabili sviluppi se continuiamo su questa strada dovremmo imporcelo noi il limite. Ma come si fa se tutti vogliono andare in macchina e in aereo e non rinunciare a niente? Ci fermerà la natura, e senza troppi riguardi temo. Ma se l'evoluzione tende(va) al formicaio umano? Pazienza, tanto non ci saremo più. Peccato però.
La questione delle varie scuse, per vivere meglio, tutti in piccola parte, non regge. Meglio a me che agli altri!
RispondiElimina