venerdì 13 aprile 2012

Demografia accademica.

Tempo fa traducemmo un testo di Bob Engelmann che fu pubblicato sul N.4 di Overshoot (pag 58 e seguenti) e sul blog di ASPO-Italia. Il testo contestava il modo tradizionale, accademico, di affrontare la questione della popolazione umana, usato dalla maggioranza dei demografi.



In un numero speciale dedicato alla popolazione umana la rivista Science forniva, nel 2011, un saggio molto eloquente del modo convenzionale di affrontare il tema. Tale modo convenzionale è anche autoreferenzialmente definito "scientifico". L'autorevolezza della fonte è un sigillo definitivo. Nell'editoriale di presentazione del numero, scritto da Ronald Lee e intitolato Outlook on population growth, bastano due periodi per illustrare quello che voglio dire:

La realtà pratica è che le proiezioni demografiche ignorano in gran parte i vincoli economici e relativi alle risorse, per concentrarsi invece su altre forze che modellano la fertilità e mortalità,  forze che sono debolmente legate ai cambiamenti economici e ambientali. E 'davvero difficile capire in quale altro modo procedere, dato il nostro stato attuale di comprensione.

Stupendo, siccome non ci capiamo granché (del resto la demografia è, accademicamente parlando, contigua alle scuole di economia che operano la stessa separazione fra uomo e ambiente) facciamo come se l'uomo esistesse in una realtà separata. E infatti l'editoriale continua:

A quanto pare, a partire dalla Rivoluzione Industriale la crescita della popolazione si è realizzata principalmente in una sorta di zona neutra in cui il progresso tecnologico, la crescita economica, e le migrazioni hanno permesso di crescere alla popolazione , evitando quella sorta di feedback negativo che avrebbe sostanzialmente alterato la fertilità o la mortalità.

Bravo! E non ti viene in mente che, data la situazione: cambiamenti climatici, picco del petrolio, riduzione delle risorse minerarie, progressivo consumo delle terre fertili e riduzione drammatica della biodiversità, crisi idrica ecc, questa "sorta di zona neutra" stia diventando un ricordo del passato? Non sarebbe il caso di fare un passettino avanti e magari guardare a come i vecchi neo-malthusiani del Club di Roma avevano affrontato il problema demografico, da un punto di vista scientifico, già 40 anni fà? Troppo rischioso, anche nell'Accademia trionfa l'effetto gregge, esporsi con tesi eccessivamente eretiche non è innovativo è semplicemente troppo rischioso per la carriera.

Ricordo che Luigi De Marchi definiva i demografi accademici dei "cacastecchi" che penso possa essere tradotto come "stitici". Mai un volo di fantasia, nemmeno minimo, restiamo grigiamente incollati al convenzionale. Anche sull'autorevole rivista scientifica Science.

domenica 1 aprile 2012

Ho letto.

In un mondo dove molti, troppi, sono presi da una sorta di logorrea maniacale di comunicazione che li porta a scrivere, scrivere, parlare, parlare, mi trovo sempre più spostato sul lato dell'afasia. Ognuno deve propalare il proprio credo e le proprie convinzioni, ma più comunica più sente l'inutilità della propria voce nel vocio assordante della discoteca globale, più alza la voce meno viene ascoltato. Allora leggo e suono la chitarra.

Negli ultimi mesi ho letto quattro libri a sfondo prevalentemente economico sociale.
Il contagio di Loretta Napoleoni, Il Capitalismo di Geminello Alvi, Come crollano i mercati di John Cassidy e Uscita di sicurezza di Giulio Tremonti.

  

Geminello Alvi è, come sempre, complesso (a volte incomprensibile) e suggestivo, ottima lettura.
Loretta Napoleoni, di cui avevo apprezzato Maonomics, è piuttosto prevedibile e anche un po' superficiale, c'è di meglio, anche della stessa autrice.
John Cassidy è per la prima metà un Bignami di una parte di Storia del Pensiero Economico, quella che interessa a lui per spiegare la crisi attuale. La seconda parte è una ricostruzione, piuttosto confusa, della crisi dai subprime in poi e dei suoi effetti negli Stati Uniti. Da leggere.
Giulio Tremonti è chiaro e appassionato, dal mio punto di vista anche credibile. Qualcuno vorrebbe chiedergli, è ho visto che sul suo sito qualcuno lo fa, "ma te dov'eri"? E lui risponderebbe, e in effetti risponde, nel G20 eravamo 19 contro 1. Da leggere.

Tutti restano quasi esclusivamente all'interno del discorso politico economico. L'unico che sgarra un po' da questo clichè è Alvi che capisce che non si può continuare con il far entrare nella sfera economica qualsiasi cosa, qualsiasi attività. Nessuno mai, nemmeno di sfuggita, da segni di aver capito che la crisi sia malthusiana.