venerdì 11 dicembre 2009

La quantità di emissioni è proporzionale al numero di emettitori. Ma a Copenaghen non ne parlano.

Qualsiasi persona di buon senso lo sa. Il numero esorbitante di individui della nostra specie che abita questo pianeta è, insieme al livello esorbitante di consumi della parte più ricca di questi, la causa principale della crisi ecologica in corso. Ma nella mega-conferenza di Copenaghen, dove si fa grande sfoggio di ecologismo alle vongole, questa semplice verità (semplice, ma evidentemente anche molto scomoda) non viene affrontata. Non sarebbe difficilissimo.

Uno studio commissionato da Optimum Population Trust alla London School of Economics ha stimato che una riduzione delle emissioni di 1 tonnellata di CO2 facendo uso del controllo delle nascite (il rapporto parla di family planning) costa 7$ da confrontare con 24$ per l'energia eolica, 51$ per l'energia solare (fotovoltaica) e 57-83$ per il carbone con cattura e immagazzinamento della CO2. E' ovvio che tale cifra sarebbe ancora minore nei paesi industrializzati che sono i principali emettitori procapite. Fare un americano o un europeo in meno aiuta molto più che fare
un africano in meno. Pensiamoci. Save the children, use condom!!!

sabato 5 dicembre 2009

Gli elefanti di Jay Forrester.

Forrester, nato nel 1918, è il padre della dinamica dei sistemi e maestro del gruppo di giovani che, guidato da Donella Meadows, redasse nel 1970 il primo rapporto per il Club di Roma: I limiti dello sviluppo.

Oggi sulla mail list di ASPO è stato inoltrato un suo messaggio che per la semplicità e la forza con cui colpisce i tabù mai affrontati nel dibattito sul cambiamento climatico, mi ha commosso. Lo traduco e pubblico per intero, per chi preferisce l'originale inglese aggiungo anche quello.

Il cambiamento climatico

in questa discussione sul cambiamento climatico e sulla buona reputazione della scienza(1) vi sono due grossi elefanti nella stanza di cui molto pochi si occupano. E sono 1) la crescita della popolazione e 2) l'aumento della produzione industriale procapite. Il cambiamento climatico è solo un sintomo di queste due forze trainanti. La "gente" in Dinamica dei Sistemi (2) dovrebbe sapere che occuparsi dei sintomi è perdente. Tuttavia i sintomi sono più visibili ed è più facile chiamare a raccolta la gente a lottare contro i sintomi, e, in questa situazione, richiamare l'attenzione sulle reali cause sottostanti non è politically correct.Con le due potenti forze che causano la domanda eccessiva sull'ambiente, trascurate e fuori controllo, non c'è quasi speranza di poter annullare i sintomi. Inoltre, l'attenzione sui sintomi tipo il cambiamento climatico, la fame, la penuria di acqua, le guerre per il territorio, ecc, conduce erroneamente le persone a credere che ci stiamo occupando del futuro.

Una delle caratteristiche di un sistema complesso è quello di condurre le persone a combattere su scelte politiche che hanno scarsa influenza nel determinare un cambiamento. Cito alcune righe del mio articolo “Apprendere attraverso la dinamica dei sistemi come preparazione per il 21simo secolo”. Paragrafo 4.2: Politiche di basso-effetto. Azioni inefficaci.“I sistemi complessi differiscono dai sistemi semplici in un altro modo. Nei sistemi semplici le politiche per ottenere risultati migliori sono ovvie e funzionano. Per evitare di bruciarsi le dita su una stufa si tengono le mani lontane dalla stufa. Ma nei sistemi complessi le politiche apparentemente influenti hanno spesso effetti molto scarsi. Quando mi capita di parlare a gruppi di business executive chiedo quanti di loro hanno avuto l'esperienza di affrontare un problema serio, mettendo in atto azioni per correggere la situazione, per scoprire cinque anni dopo che non c'è stato alcun miglioramento. La maggior parte alza la mano.

Forse chi legge ha avuto la stessa esperienza nel settore educativo. La qualità dell'educazione è stata severamente criticata, molti insegnanti hanno cercato rimedi, e spesso poco è cambiato. Io credo che una percentuale molto alta, diciamo il 98%, delle politiche in un sistema (complesso NdT) hanno effetti molto scarsi nel determinare un cambiamento. Semplicemente non hanno peso. Ciononostante la maggior parte dei dibattiti in cui ci si accanisce all'interno delle comunità, delle aziende e dei governi sono intorno a politiche che non hanno alcun effetto. Tali dibattiti sono uno spreco di tempo e di energia. I dibattiti intorno a politiche scarsamente efficaci distolgono l'attenzione dalle poche azioni politiche che potrebbero produrre un miglioramento.”

Jay W. Forrester
Professor Emeritus of Management
Al Massachusset Institute of Technology.

(1) Si fa riferimento al recente scambio di mail fra studiosi del clima hackerati da un sito universitario inglese pubblicati su vari blog e siti internet , che dimostrerebbero la malafede dei climatologi implicati sui dati relativi al riscaldamento globale e sulla loro interpretazione (NdT).
(2) Il messaggio originale è uscito su una mail list di specialisti di dinamica dei sistemi.(NdT)

Climate Change

In this discussion of climate change and the reputation of science,there are two big elephants in the room that very few are addressing.These are population growth and the increase in industrial output percapita. Climate change is only a symptom of the two big driving forces. People in system dynamics should know that addressing symptoms is a losing game. However, the symptoms are more visible; itis easier to rally people behind fighting symptoms; and, in this situation, calling attention to the real underlying causes is politically incorrect. With the two powerful forces that are causing the excessive demands on the environment unaddressed and unrestrained, there is almost no chance of suppressing the symptoms. Furthermore, the focus on symptoms like climate change, hunger, water shortages, wars over land,and many others, misleads people into believing that the future is being addressed. One of the characteristics of a complex system is that it draws people into arguing over policies that have little leverage for causing change. I quote some lines from my paper, D-4895-1, "Learning through System Dynamics as Preparation for the 21st Century." "4.2. Low-Leverage Policies: Ineffective Actions "Complex systems differ from simple systems in another way. In simple systems, the policies to yield better results are obvious and they work. To avoid burning your fingers on a hot stove, you keep away from the stove. But in complex systems, the apparently influential policies often have very little effect. "When I talk to a group of business executives I ask how many have ever had the experience of facing a serious problem, devising policies to correct the situation, and five years later find there has been no improvement. Most will hold up their hands. Perhaps you have experienced the same in education. The quality of education has been severely criticized, many educators have tried remedies, and often there is little change. ......." I believe that a very high percentage, say 98%, of the policies in a system have very little leverage to create change. They do not matter. However, most of the heated debates in communities, companies, and governments are about policies that are not influential. Such debates are a waste of time and energy. Debates about low-leverage policies divert attention from the few policiesthat could lead to improvement. "

Jay W. Forrester
Professor Emeritus of ManagementSloan School, MIT

Grazie professor Forrester!!!

venerdì 24 aprile 2009

Rileggere Malthus

Per il mio articolo ispirato dalla lettura del "Saggio sui principi di popolazione" rimando al blog di ASPO-ITALIA dove è stato pubblicato oggi.

sabato 4 aprile 2009

Si va avanti.

Il fine settimana scorso si è tenuto a Livorno il terzo congresso dell'associazione Rientrodolce che si è data fra altri l'obbiettivo di promuovere un Malthus day.
Le mozioni del congresso si possono leggere qui.

mercoledì 25 marzo 2009

Senza una decrescita della popolazione ogni azione è vana.

Tutte le azioni che si possono immaginare per affrontare le questioni legate alla crisi economica ed ecologica, saranno vane se non si penserà ad una rapida convergenza della natalità a valori che inducano l'inizio della decrescita demografica. Più tarderemo ad accorgerci di questo più le generazioni future soffriranno.

Purtroppo l'impressione è che una cortina fumogena copra questa "scomoda verità".
Cito me stesso in un breve intervento fatto lunedì scorso per la presentazione del numero di Diritto e Libertà dedicato alla Terra. Ma in realtà cito Robert Engleman del Worldwatch Institute che nel suo libro More, Population, Nature, and What Women Want spiega come sia possibile innescare un decremento virtuoso della natalità semplicemente fornendo alle donne di tutto il mondo i mezzi per controllare la propria fertilità. Già oggi le donne dei paesi a più alta natalità sono informate sull'esistenza dei mezzi anticoncezionali e vorrebbero usarli. Non è necessario attendere, come sostengono i teologi della crescita, che tutte le donne del mondo raggiungano il tenore di vita occidentale. Già oggi si potrebbe fare molto. Ecco il video del mio intervento.

giovedì 19 marzo 2009

I preservativi sono sempre esistiti.


... o almeno esistono da millenni. Abbiamo sempre cercato un modo di controllare la nostra fertilità e di difenderci dalle malattie. Non sarà un pastore tedesco a farci cambiare idea.

martedì 17 marzo 2009

Non era un mostro ....

In un post "riciclato" di qualche giorno fa scrivevo:

"La totalità del neo-malthusiani che conosco, incluso me stesso, rifiutano interamente l’odiosa dottrina sociale di Malthus"

Alberto Licheri, radicale, amico e compagno di battaglia sul tema demografico da anni, ha commentato nel modo che segue:

Credevo anche io che Malthus avesse scritto cose atroci, ma non mi sembra sia così. Il capitolo IV del libro III dell'edizione accresciuta dell'opera è intitolato "Dell'unico modo efficace per migliorare le condizioni dei poveri". In esso Malthus proponeva di prevenire la crescita della popolazione attraverso la castità e il rinvio del matrimonio. Insomma, l'unica atrocità era la contrarietà alla contraccezione, atrocità di cui sono colpevoli anche coloro considerano Malthus un mostro.Le citazioni di Malthus che circolano in cui sembra auspichi la riduzione della popolazione per fame e/o malattia traggono in inganno perché sono decontestualizzate.

Dunque sono cascato nella trappola delle citazioni deconstestualizzate anche io che ho sempre criticato aspramente chi lo faceva. Esiste un florilegio di citazioni decontestualizzate (e anche di operazioni apertamente truffaldine) che hanno determinato lo screditamento e la damnatio memoriae del Club di Roma. Avendole sempre attaccate devo oggi pensare che almeno alcune di esse fossero in buona fede. Questo mi insegna diverse cose: 1) si deve essere pazienti con chi si pensa che sbagli e spiegare, spiegare, spiegare, e colpire con la critica solo dopo che si è sicuri della malafede o della stupidità. 2) Che Malthus è meno peggio di quanto pensassi perfino io che sono il promotore del Malthus day. Ma quale contraccezione esisteva nel XVIII secolo? Che il 14 febbraio 2009 si festeggi il primo Malthus day.

Un grazie ad Alberto.

lunedì 16 marzo 2009

Contributi

Oggi:

1) Un contributo al tema demografico di Maria Luisa Cohen su Italians di Severgnini.
Errata Corrige:

La frase:
L'Italia non è spopolata e bisognosa di più abitanti, anzi: abbiamo insieme ad altre nazioni europee, la più alta densità di popolazione mondiale.
deve essere:
L'Italia non è spopolata e bisognosa di più abitanti, anzi: come altre nazioni europee, abbiamo un'alta densità di popolazione.

La versione corretta è pubblicata sul sito di Rientrodolce.


2) Una lettera di uno psicologo informato sul problema delle risorse (ma forse non su quello della sovrappopolazione) sul blog di ASPO.

giovedì 12 marzo 2009

Malthus non aveva previsto la finestra energetica fornita dai combustibili fossili altrimenti avrebbe avuto ragione.

Faccio un copia/incolla con piccole modifiche da un mio vecchio intervento sul forum di radicali italiani.

Malthus nel suo Saggio sul principio della popolazione (1789), afferma che le risorse alimentari aumentano nel migliore dei casi in modo lineare (progressione aritmetica: 1,2,3,4 .....) mentre la popolazione cresce secondo una progressione geometrica (1,2,4,8 ....). E’ ovvio che l’aspetto meramente matematico del problema popolazione/ risorse è superato. Ma Malthus è stato il primo a contestare il concetto di crescita infinita (influenzando Ricardo) Quindi spesso coloro che si contrappongono polemicamente ai fautori della crescita infinita si definiscono neo- malthusiani anche se oggi, in particolare nel campo della dinamica delle popolazioni in rapporto alle risorse ecologiche, gli strumenti matematici sono molto più raffinati di quelli di cui disponeva Malthus alla fine del ‘700.

La totalità del neo-malthusiani che conosco, incluso me stesso, rifiutano interamente l’odiosa dottrina sociale di Malthus. Alcuni di essi sostituirebbero volentieri all’idea di Malthus di un controllo della crescita demografica attraverso vizio, malattia, fame e astinenza, l’idea di un rientro attraverso: salute alimentare e salute riproduttiva con la coltivazione di qualche vizio ricreativo e conviviale con un generoso ed informato uso dei mezzi contraccettivi.

Finestra fossile. Ciò che Malthus non aveva previsto nel suo saggio era la scoperta dell’uso dei combustibili fossili che ha aumentato la possibilità di crescita dei mezzi di sostentamento rispetto alla popolazione. E a causa di questo fatto che quasi tutte le risorse sono in realtà aumentate negli ultimi due secoli e mezzo, corrispondenti all’industrializzazione. Se questo ha bisogno di una dimostrazione basti dire che per ogni caloria che oggi ingeriamo in alimenti che vengono dall’agricoltura industriale, 10 calorie sono state spese in petrolio sotto forma di combustibili per i macchinari, fertilizzanti (prodotti dagli idrocarburi), pesticidi, energia necessaria per pompare l’acqua nei campi, immagazzinamento lavorazione e refrigerazione dei cibi, distribuzione. Perchè si parla di finestra? Perchè i combustibili fossili sono il prodotto di milioni di anni di energia solare immagazzinata dalle piante in tempi lontani centinaia di milioni di anni, e noi li stiamo sfruttando in un tempo che si misura al massimo in secoli, ma che si è accellerato negli ultimi decenni. Si tratta di una finestra temporale limitata nel tempo. Oggi possiamo dire che dall’inizio dell’era del petrolio all’inizio del ‘900, abbiamo consumato la metà circa del petrolio esistente nel sottosuolo. Questo è ciò che ha permesso la crescita favolosa di popolazione ed economia. Ovviamente ha anche permesso quel progresso tecnologico di cui siamo tutti coscienti e che tutte le persone con un minimo di cervello, considerano l’unica speranza dell’umanità. Il punto su cui ci si divide è che alcuni vedono la tecnologia come una sorta di divinità in grado di risolvere, insieme alla legge di mercato, qualsiasi problema pratico di limitatezza delle risorse, mentre i neo- malthusiani pensano che questo non sia dato, e che sia quindi prudente pensare ad un rientro dolce della popolazione e del metabolismo socio- economico nei limiti concessi dalla capacità di carico del pianeta. Questo è quello che si chiama adattamento. E sarebbe la risposta intelligente al cambiamento in corso, la risposta stupida essendo il Business as Usual.

La capacità di carico è un concetto ben definito nello studio della dinamica delle popolazioni in ecologia ed ha numerose, osservazioni sperimentali che ne confermano la validità, anche se neglette dai nostri economisti. In particolare si è osservato (cfr Imhoff et al Nature 2004) che la popolazione della singola specie Homo Sapiens si appropria globalmente di almeno il 25% di quanto le piante producono sul pianeta in un anno. Da questo punto di vista si deve osservare che la specie umana rappresenta meno dell’1% della biomassa animale, (che beninteso non è poco) e una frazione infima della biomassa totale. Questa appropriazione raggiunge in alcune aree, generalmente quelle economicamente ricche o in rapido sviluppo, livelli catastrofici che possono essere sostenuti solo dall’uso generalizzato di energia fossile nella particolare forma dei combustibili liquidi, cioè di energia presa da un serbatoio, creatosi in particolari condizioni centinaia di milioni di anni fa, che si sta rapidamente (anche su scala storica) esaurendo. Malthus è quindi da me preso a simbolo di una posizione che riconosce i limiti fisici del pianeta.

martedì 10 marzo 2009

Procreazione assistita.

Maria Luisa Cohen segnala un articolo comparso sul Corriere della Sera del 6 marzo.

Secondo i dati dell'Istituto Superiore della Sanità, con la fecondazione assistita abbiamo ottenuto due vantaggi: le gravidanze in crescita e il boom dei tre gemelli (Corsera Cronache 9 Marzo) .
Mentre le coppie trattate nel 2005 erano 43.024, nel 2007 sono arrivate a 55.437.E se i bambini nati con tecniche di fecondazione arftificiale nel 2005 erano 3.385, nel 2007 sonostati 6.486, un po' piu' del doppio.

In realtà anche i più ferventi sostenitori della legge 40 considerano i parti trigemini un problema per i rischi che corre la madre e i nascituri.

In questo contesto, cioè quello del Malthus day, la questione della procreazione assistita va presa con le molle. Si rischia di apparire prescrittivi fino al limite della cineseria (non nel senso dei
porcai messi in commercio dai cinesi, ma delle leggi per la limitazione coercitiva delle nascite).
E a me le coercizioni non mi piacciono e non mi convincono.

Non proibirei mai la procreazione assistita, come non proporrei il controllo coercitivo (cinese)
delle nascite. Trovo tuttavia una forma di nevrosi collettiva quella del volere un figlio proprio (geneticamente) quando non viene e sottoporsi a bombardamenti ormonali ed altre diavolerie, inclusa ovviamente quella di farsi mettere nell'utero 3 embrioni (fermo restando che una nell'utero ci si fa mettere quello che più gli aggrada). Francamente con tutti i bimbi adottabili che ci sono in giro questa necessità di maternità e partenità genetica mi sembra molto primitiva. Ci sono i geni e ci sono i memi no? L'eredità genetica è solo un parte.
Magari ci sono genitori che fanno figli propri e poi li piazzano a fottersi il cervello
davanti alla TV, soddisfatti della propria eredità genetica (I GENI) senza fare nulla per quella culturale (I MEMI) per poi vederli crescere incapaci di fare alcunchè che non sia digitare alacremente sul tastierino di un I- Phone.
Ci sono poi genitori adottivi che portano un disgraziato nato in una favela o in una baraccopoli africana a fare il violinista o l'ingegnere. Moralismo? Può darsi. Il fatto però che si mettano così tanti ostacoli alle adozioni mi sembra più grave che metterli alla procreazione assistita. Fosse per me incoraggerei molto di più le adozioni che la procreazione assistita. E parlo sia di facilitazioni concrete sia di atmosfera culturale.
La procreazione assistita è circondata da questo alone di sogno fatto di cicogne, fenicotteri rosa, lettini, faccioni di bambini, pancioni, babbi ridenti, mamme felici, che sembra la presa di culo della presa di culo del Mulino Bianco in versione progesteronica. Se si parla di adozioni viene subito in mente una signora severa che interroga una coppia spaventata sulle reali motivazioni del loro desiderio di adozione. Ci sono tanti di quei bimbi che stanno male, ma male davvero, che considero le coppie gay che vorrebbero adottarli dei potenziali benefattori dell'umanità. E fanculo ai convinti sostenitori del principio: una famiglia ha bisogno di una madre e di un padre.

Luca Pardi

giovedì 5 marzo 2009

Un grazie a chi mi ha risposto!

Avendo ricevuto diverse risposte (15) da parte di lettori della rubrica di Severgnini Italians sul sito del Corriere ho deciso di dare una risposta collettiva. Alcuni lettori concordano totalmente con il contenuto della lettera. Atri concordano, ma pongono l’accento su questioni diverse dai limiti fisici. Quattro sono contrarie per diversi motivi. I motivi di critica sono:
1) L’invecchiamento del paese. Con le questioni annesse di perdita di “dinamismo” e conseguentemente di competitività e l’annosa questione delle pensioni.
2) Il non riconoscimento del problema delle risorse. Un lettore afferma che le risorse da cui dipendiamo si possono sempre importare. Una lettrice afferma che abbiamo ancora tanto spazio disponibile ancora disabitato (ad esempio il centro della Sardegna).
3) Un tema di critica verte piuttosto sul fatto che l’aumento di popolazione porti ad una perdita dell’italianità del nostro paese.
4) Vi è poi la critica di Rino che è di ordine etico e che riporto integralmente (e anonimamente):

Caro amico,
io mi sto chiedendo invece che senso abbiano le Sue considerazioni.
Ho 74 anni, ho avuto 6 (sei) figli, sono nato poverissimo e tuttora non sono ricco. Li ho fatti studiare tutti, e ho insegnato loro che i figli ed una buona moglie sono il sale della vita. Hanno seguito il mio consiglio e sono pieno di nipoti meravigliosi.
Se avessi, al tempo, osservato la Sua tranquilla dottrina, sarei
un povero vecchio, avaro, ottuso e probabilmente ricco.
Che poi la gente in gran parte la pensi come Lei per fortuna non
vuol dire nulla di più se non che si son persi i "valori".
Ma so già che questa è - oggi - una banalità.
Salutissimi.

Rispondo alle varie critiche.

Relazione fra risorse e popolazione. Tale relazione è alla base di qualsiasi seria considerazione ecologica. Il superamento del livello critico di una popolazione (non solo quella umana), viene indicato come tracimazione ecologica (ecological overshoot) che corrisponde al superamento della capacità dell’ecosistema che ospita la popolazione data di sostenerla. Per quanto riguarda la nostra specie tale capacità è stata innalzata enormemente dalla scoperta dell’uso dei combustibili fossili che sono alla base, anzi sono la vera causa (probabilmente irripetibile) dello straordinario aumento della produttività agricola e dello sviluppo tecnologico seguito alla rivoluzione industriale. In questi ultimi anni, grazie al lavoro di ASPO (Association for the Study o Peak Oil), mi sono convinto che le risorse energetiche fossili e quella nucleare, siano giunte a loro volta in prossimità di un punto critico globale. Tale punto critico corrisponde appunto al picco globale delle fonti fossili che determina il momento in cui la disponibilità di quelle risorse inizia inesorabilmente a declinare dopo quasi due secoli di crescita. Andare nei dettagli del fenomeno del picco del petrolio e delle altre risorse minerali appesantirebbe eccessivamente questa risposta e pertanto rimando alla vasta documentazione presente sul sito di ASPO. Comunque dopo questa lunga premessa mi permetto di smentire la convinzione di alcuni lettori secondo i quali non ci sarebbero problemi di approvvigionamento di risorse. L’approvvigionamento di risorse naturali sarà in futuro un problema sempre più grave e, probabilmente, foriero di conflitti politici e militari. L’overshoot della popolazione umana è testimoniato da molti dati convergenti. Chi si illude che anche nel nostro paese esistano ancora vaste aree disabitate e che, perciò, non debbano esserci preoccupazioni può essere facilmente smentito dai dati sull’Impronta Ecologica, sull’Appropriazione Netta di Produzione Primaria, e sulla Impronta Umana (Human Footprint). Ciascuno degli indicatori citati richiede una certa applicazione per essere compreso, ma non è oltre la comprensione di un cittadino mediamente istruito, ma con la volontà di capire un po’ al di la della melassa di conformismo e stupidità felicemente distribuito dai media. Alcuni scritti rintracciabili sui siti di ASPO-Italia e dell'associazione Rientrodolce, potrebbero aiutare per una introduzione al tema. Ma al di la dei tecnicismi, diciamo, ecologici, negli ultimi due anni ho insistito su un dato immediatamente comprensibile che ci mette a confronto con la realtà dell’invadenza di Homo Sapiens sul nostro pianeta. Se si prende la biomassa totale dei vertebrati terrestri, che è l’insieme di Mammiferi, Uccelli, Rettili e Anfibi (esclusi quindi i Pesci perché non sono terrestri), si scopre che di questa solo il 2% è selvatica, il restante 98% è costituito per un terzo dalla biomassa umana e per due terzi dagli animali domestici cioè prevalentemente: bovini, ovini, suini e pollame. Il biologo O. Wilson ha scritto nel suo libro Il futuro della vita, questo pianeta non potrà sopportare un altro secolo di crescita (economica e demografica nda) come quello appena finito.

Considerazioni socio-economiche ed etiche. Di fronte ai fatti presentati nel paragrafo precedente appare ovvio come io consideri le questioni come l’invecchiamento, i regimi pensionistici (che pure mi riguardano personalmente avendo 52 anni), e le questioni etnico religiose legate all’immigrazione del tutto marginali. Intanto l’invecchiamento di una società che riduca il suo tasso di natalità è una conseguenza inevitabile della transizione demografica ed è anche un transiente destinato a regolarsi nel tempo con l’acquisizione di una struttura delle età un po’ meno sbilanciata di quella delle società in rapida crescita. Inevitabile perché, volenti o nolenti, non possiamo (caro Rino) continuare a crescere indefinitamente a prescindere da quanto siano “sale della vita” i figli e le buone mogli (e suppongo anche i buoni mariti). Per quanto abbia sempre molta paura di chi sbandiera “i valori”, di fronte alle catastrofi rappresentate dal progressivo degrado degli ecosistemi terrestri occuparmi del tema del mio prossimo assegno di pensione, mi apparirebbe davvero il prodotto di una vera eclissi di valori. Per quanto riguarda la perdita di competitività e di dinamismo delle società invecchiate è proprio quello di cui ha bisogno il nostro tempo, per organizzare un governo sensato della decrescita o, come lo abbiamo chiamato noi: un rientro dolce dell’umanità entro limiti ecologicamente e socialmente sostenibili. Infine a Clemente che, concordando con me sul problema della sovrappopolazione, mi dice che certe cose alcuni le capiscono a 20, altri a 30 altri a 80 anni e altri ancora non le capiscono mai, rispondo che mi sento di tentare di convincere quanta più gente mi è possibile che, a prescindere dall’età, è tempo per tutti di capire tutto adesso! Ne va della nostra vita e di quella dei nostri figli, che sono si il sale della vita, ma rispetto ai quali abbiamo sicure responsabilità. Non so se saremmo avari, ma saremmo sicuramente ottusi a non considerare questa tutt’altro che tranquilla evidenza sperimentale.

mercoledì 4 marzo 2009

Una mia lettera è stata pubblicata sul sito del Corriere della Sera, all'interno della rubrica Italians di Beppe Severgnini. La lettera è riportata qui di seguito. Sto ricevendo, nel mio mailbox personale, diverse risposte favorevoli e contarie alle opinioni espresse nella lettera. A queste risponderò a mia volta collettivamente da questo blog nei prossimi giorni.


Siamo più di 60 milioni: sicuri sia un bene?

Cari Italians,
la scorsa settimana i media hanno riportato la notizia secondo la quale la popolazione residente in Italia avrebbe superato i 60 milioni di abitanti con un saldo positivo di 434.000 unità circa (la somma delle popolazioni di Valle D'Aosta e Molise), grazie ad un piccolo aumento della natalità ed all'immigrazione. I toni a volte entusiastici dei media non sono stati criticati da nessuno. Il fatto che un aumento della popolazione locale e globale sia un fatto positivo è considerato un dogma di fede, mentre ogni accenno a problema della sovrappolazione resta un tabù. Nessuno si chiede per quanto tempo potremo continuare ad aggiungere ogni anno alla popolazione italiana l'equivalente delle popolazioni di città come Bologna o Genova. Nessuno che si chieda come, in un periodo di penuria energetica, si possa far fronte ai bisogni, anche meramente alimentari, della popolazione residente. Continua l'illusione della marcia trionfale della crescita anche quando il ponte del Titanic dell'economia globale si inclina inesorabilmente, indicando la catastrofe prossima della più presuntuosa delle grandi scimmie.
Luca Pardi, gattopardi57@yahoo.it

lunedì 2 marzo 2009

Lettera pubblicata sul Tirreno

La lettera che segue è stata indirizzata a vari giornali nel quadro delle azioni previste dal Global Population Speak Out (GPSO). A quanto ne so è stata pubblicata solo dal Tirreno.

Il tema della sovrappopolazione è, da sempre, un tema tabù. Ideologie politiche e religiose impediscono che si sviluppi un dibattito pubblico sul tema della popolazione su basi puramente scientifiche. Abbastanza spesso si parla di esaurimento delle risorse, ancor più spesso dell’inquinamento e dei suoi effetti sulla salute umana e sugli ecosistemi terrestri, in primis sul clima. Ma è quasi sempre assente, con qualche meritevole eccezione come quella del prof. Sartori, la denuncia pubblica del nesso fra le varie crisi che si stanno manifestando in questi decenni, quella ecologica, quella energetica, e quella economica, e l'esplosione demografica degli ultimi due secoli. Nel campo delle soluzioni a queste crisi poi, si propongono ambiziosi progetti fondati su complessi accordi internazionali di dubbia praticabilità, come il protocollo di Kyoto per il clima, una nuova Bretton Woods per la finanza ecc.. , o sull’uso di sofisticate tecnologie la cui praticabilità è spesso sopravvalutata. Ma si rinuncia in partenza all’uso della più semplice delle tecnologie disponibili: quella dei metodi anticoncezionali che, affiancata da serie politiche di educazione alla salute sessuale e riproduttiva e di empowerment delle donne, potrebbe ridurre la pressione antropica su questo pianeta in modo incruento e conveniente per tutti.

giovedì 26 febbraio 2009

Perchè un Malthus day?

Malthus è stato il primo ad indicare in modo chiaro, benchè modellisticamente rozzo, il problema dei limiti fisici del pianeta in rapporto alla crescita della popolazione.
La sua sfortuna fu quella di formulare la sua nota legge (cfr il post del 17 febbraio) nel momento storico in cui iniziava quell'uso dei combustibili fossili che ha favorito un generale aumento delle rese agricole lo sviluppo dell'industria, ed una conseguente esplosione della popolazione umana.
Malthus non può e non deve essere ricordato per la parte caduca del suo pensiero legata all'atmosfera culturale in cui visse, ma per il primato nel cogliere il fattore primario di tutte le crisi ecologiche: la sovrappopolazione.

Thomas Robert Malthus nacque a Roocherry (Bran Bretagna) il 14 febbraio 1766.
Si propone l'istituzione di un giorno che ne ricordi l'attualità della sua opera in particolare
per quanto riguarda il tema della sovrappopolazione umana e dei limiti della crescita.
Questo giorno potrebbe essere il 14 febbraio. Abbiamo un anno di tempo per organizzarlo. Questo servirà anche a sensibilizzare quante più persone possibile sul tema della sovrappopolazione umana. Vorrei costituire un comitato per la celebrazione del primo Malthus day nel 2010. Esiste gia un gruppo Facebook per il Malthus day. Pubblico questo blog che si occuperà di questioni legate alla popolazione, chiunque voglia contribuire è il benvenuto.