mercoledì 1 dicembre 2010

La ragazza con l'orecchino di perla.


Nel 350simo anniversario della sua fondazione (30 novembre 1660) la Royal Society chiede a 10 intellettuali britannici a quali grandi domande, secondo loro, la Scienza è chiamata a rispondere nei prossimi tre secoli. Sette di questi dieci intellettuali sono catturati dai grandi enigmi (che resteranno tali) da Discovery Channel: cosa c'era prima del big bang, riusciremo a colonizzare l'universo, riusciremo a spiegare il concetto di infinito, comprendere cosa sia la coscienza ... etc, due si rivolgono a temi più terreni: la sopravvivenza della nostra specie e le nuove tecnologie per l'autoproduzione (non quelle della permacultura, ma quelle iper-tech dei printer 3D. Ma è la scrittrice Tracy Chevalier, autrice del romanzo "la ragazza con l'orecchino di perla" che mette i piedi nel piatto di una scienza ormai distaccata dalla realtà:

Tracy Chevalier: Come faremo a far fronte alla crescente popolazione mondiale?Possiamo parlare quanto ci piace di energie rinnovabili, di riciclaggio e di agricoltura sostenibile, ma è la popolazione la questione che conta davvero. Eppure è quello su cui tante persone scelgono il silenzio. Abbiamo reso la riproduzione un diritto umano insindacabile. Fare così ci porta o ad essere per l'eugenetica o ad essere autoritari e repressivi, come nel caso del figlio unico in Cina. Ma prima o poi dovremo fare qualcosa. Non importa quanto ricicliamo, quanta energia rinnovabile produciamo e quanto cibo in più produciamo, verrà un momento in cui la popolazione mondiale sarà insostenibile. C'è di più, la pressione sulle risorse avviente ad entrambe le estremità dello spettro della popolazione, non solo nascono più bambini, ma la gente vive più a lungo. Si immagina perfino che alcune persone potrebbero presto vivere per 200-300 anni. Questo potrebbe essere un trionfo della medicina, ma un disastro per il mondo. Così mi piacerebbe vedere gli scienziati creare un modello di crescita della popolazione in grado di prevedere il punto di rottura per il pianeta e in questo quadro poter organizzare una politica globale.

Un piccolo problemino: non abbiamo tre secoli di tempo per risolvere il problema demografico e un ritorno della Scienza fra i comuni mortali è altamente desiderabile.

11 commenti:

  1. Il punto di rottura del pianeta - un buon concetto. Solo che è praticamente impossibile mettersi d'accordo, anche perché ormai l'ossessione della crescita economica obnubila tutte le menti nel mondo intero: è ormai l'unico discorso di tutti - tutti - i politici del pianeta (e dei capi religiosi, per i quali il numero è sempre potenza).
    Ieri ho sentito parlare degli 11 miliardi prossimi venturi per i quali occorrerà produrre cibo: sono rimasto sorpreso. Finora la cifra per così dire ufficiale era di 9 miliardi verso il 2050. Indi poi - si diceva - l'umanità si assesterebbe a quel livello (9 mld). E perché si assesterebbe? Giustamente Sartori diceva tempo fa che se non si fa qualcosa già adesso l'incremento demografico è destinato ad aumentare, anche se il tasso di crescita calasse.
    Che fare allora? Niente, non possiamo fare niente. Dobbiamo rassegnarci al peggio. La rottura avverrà in tempi e modi che non sappiamo e che verosimilmente non sono troppo lontani (probabilmente già in questo secolo). Siamo ormai un treno ad alta velocità lanciato verso l'abisso e che niente più può fermare. Lo storico dell'arte Gombrich affermava che la crescita demografica era il fenomeno più vistoso del XX secolo e che ormai non si sapeva più cosa fare (perché naturalmente tutti vogliono bambini e mica glielo si può impedire, mica siamo in Cina). Quando Gombrich diceva queste cose eravamo «appena» tre mld (probabilmente già in eccesso).
    D'altra parte dobbiamo anche ammettere che la «società stazionaria» (di tre o nove mld) è difficile da immaginare. Poi ogni specie si espande, a spese di altre, finché non trova un limite (scarsità di cibo, distruzione dell'ambiente, rapido collasso). Dunque l'espansione economica e l'incremento demografico sono destinati a continuare - non all'infinito, naturalmente. Solo una catastrofe, una serie di catastrofi immani (altro che tsunami o terremoti), un gran botto nucleare - in una guerra per l'accaparramento delle ultime riserve di petrolio e altre risorse - porrà fine alla follia dell'homo insipidus insipidus. Non vedo altra possibilità. Sì, sono ormai rassegnato. Tuttavia è chiaro che continuerò a dire che così non possiamo continuare ancora a lungo - ma è un parlare al vento, si passa per scemi o pazzi o neomalthusiani o nemici del genere umano.
    Io comunque non ho figli e non avrò contribuito al disastro. E a pensarci bene è meglio così.

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  2. Si, Anonimo, capisco. Però possiamo sempre fare come se fosse possibile fare qualcosa. Per quel che costa. E forse, pur dopo alcune o molte tribolazioni, potremmo rendere la transizione meno brutale di come la immagini. Esistono civiltà che si sono fermate sull'orlo del baratro, non possiamo dire con certezza che questa civiltà globale non abbia la forza di farlo. Del resto, come dice Yann Arthus-Betrond "è troppo tardi per essere pessimisti".

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  3. Caro Luca,

    la tua breve risposta è direi ambigua. Da un lato è una ammissione e dichiarazione d'impotenza ("possiamo sempre fare come se fosse possibile fare qualcosa" - tradotto: facciamo finta che sia malgrado tutto possibile fare qualcosa - sai che voglia e entusiasmo!).
    Dall'altro lato mi ha fatto sorridere il divertente paradosso "è troppo tardi per essere pessimisti". Poi ho riflettuto sul significato di questo paradosso e lo interpreto così: "Bando alle chiacchiere. Manca pochissimo al tracollo, anzi possiamo darlo per certo, scontato. Lo stesso non facciamo i disfattisti, non stiamo qui con le mani in mano. Tentiamo l'impossibile, e fosse anche soltanto a futura memoria. Non ricordate quel detto del pessimismo della ragione e dell'ottimismo della volontà? Allora forza, facciamo qualcosa."
    Interpreto bene? Sì, mi sembra un atteggiamento positivo e giusto. Ma ovviamente la grande questione è: «Che fare?». Perché in questo momento storico le grandi questioni sono l'economia, i posti di lavoro, il reddito, i consumi (anche le migrazioni e il governo mondiale). Invece di essere contenti della crisi dell'automobile se ne fabbricano ancora di più. Nel 2000 circolavano circa 550 milioni di veicoli nel mondo. Oggi in soli dieci anni la cifra è raddoppiata e si continua. Hai voglia a dire l'ottimismo della volontà...

    Bisognerebbe anche riflettere sulla tabuizzazione dell'argomento demografico. Perché non se ne può parlare, perché nemmeno i Verdi hanno il coraggio di affrontare la questione? Ci siamo fatti fregare persino dalla Chiesa cattolica che è tutto un inno alla vita e ci bolla di cultori della morte. Nessuno che dica alla Chiesa: ma quale vita? quella di miliardi di persone senza cibo e senz'acqua?

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  4. Anonimo, ma perché non ti firmi? Dici cose interessanti e condivisibili, hai paura che ti vengano a predenre le Guardie Svizzere durante la notte? Perché se è così forse mi devo preoccupare anch'io. ;-)

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  5. L'anonimato non mi piace, non ho firmato per ... pigrizia. Comunque rimedio ora, vedo che è semplice presentarsi, me l'immaginavo più difficile (ma non sono sicuro di averlo fatto per bene - com'è complicata la vita).

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  6. La spiegazione del paradosso fatta da Sergio mi ha fatto pensare al racconto liviano dei Romani in trappola alle gole di Caudio, che provano ad improvvisare delle fortificazioni "per non aggiungere la colpa alla sventura" (in cui si erano cacciati loro, come noi) pur sapendo che avrebbero solo suscitato lo scherno dei nemici.
    So bene che Luca non é proprio di questo avviso, e con lui la quasi totalità dei decrementisti, ma il punto é proprio quel "non glielo puoi mica impedire", provare a contenere entro limiti più accettabili una popolazione cui si continua a riconoscere la libertà di procreare come vuole. Così non lo risolviamo il problema.
    Si dirà chè sarebbe una mostruosità draconiana, una illiberalità degna della Cina, come osservava Sergio.
    A me piace ragionare su logiche concrete, guardo attorno a me cercando le risposte che storicamente hanno funzionato meglio, lasciando perdere auspici che non servono a niente e improbabili soluzioni di fantasia: e la risposta migliore che ci sia stata è quella cinese.
    Aggiungo: un conto é essere liberali, un altro è esserlo ideologicamente. Se una regola, per dura che sia, ha una sua ratio, io sono per la regola, al diavolo l'ideologia.
    Evitare la distruzione del pianeta è una ratio più che sufficiente per sacrificare qualsiasi assurda libertà, non é siccome al mondo uno ha sempre fatto tutti i figli che voleva, questo vuol dire ipso facto che si potrà fare sempre cosi.
    Ciao
    Roi

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  7. Caro Roy

    ti confesso che io sono un tifoso della Cina e della sua politica del figlio unico, senza la quale oggi in Cina ci sarebbe forse mezzo miliardo di persone in più. E sono molto preoccupato di una eventuale democratizzazione di quel paese perché la politica del figlio unico andrebbe probabilmente a farsi benedire e buona notte.
    Intanto penso che i Cinesi, popolo molto pragmatico e di buon senso (basta pensare che diedero un calcio nel sedere ai gesuiti salvandosi dal cristianesimo), abbiano usato il bastone e la carota per applicare questa benedetta politica. Il bastone delle multe e delle angherie, ma anche la carota della persuasione capillare. Certo anche l'opera di persuasione più blanda è sempre coercitiva, ma non così crudele. Senza quest'opera ben difficilmente quella politica sarebbe stata accettata in un paese di sette-ottocento milioni di abitanti.

    Da noi le anime belle rifiutano i metodi cinesi. Giusto, capisco, siamo europei e democratici e democristiani. Ma il bello è che l'Italia, senza coercizione, ha applicato il metodo cinese alla lettera diventando il fanalino di coda mondiale quanto a tassi di fecondità (poco più dell'1%, adesso il tasso - "grazie" soprattutto agli immigrati, come ripetono tutti giulivi - sta risalendo, hip hip hurrà). Com'è stata possibile una cosa simile, nel cortile di casa del Vaticano? La cosa si spiega, secondo me, col boom economico del dopoguerra e con l'arrivo della pillola. Ma è stato soprattutto il boom a rivelare agli italiani che la vita può essere bella anche senza una nidiata di figli rompicoglioni.
    Ora ci sono è vero dei problemi grossi, sia in Cina che in Italia. In Cina molti non troveranno moglie o un'amica, l'Italia è piena di vecchi e deve importare immigrati, come del resto l'Europa tutta. Ma penso che da un punto di vista globale questi problemi dei Cinesi e degli Italiani o degli europei siano poi relativi, o comunque il minore dei mali.
    Purtroppo, complici il Vaticano e gli economisti, stiamo "ripartendo ", anzi siamo già ripartiti da un pezzo anche noi italiani. Dopo vent'anni di popolazione stabile di 57 milioni (erano sempre 57, la Madonna!), ecco che abbiamo superato il capo dei 60 ("grazie" soprattutto all'immigrazione: lo dicono e ripetono tutti). Chissà dove metteranno l'immondizia a Napoli. Ma non si potrebbe usare il Vesuvio come inceneritore? Ridiamo per non piangere.

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  8. Caro Sergio, sulla visione generale del tema e sui problemi relativi -è proprio il caso di dire- di Italia e Cina, siamo sulla stessa lunghezza d'onda.
    E' una cosa che mi fa piacere, vista la congiura del silenzio che ci circonda e l'alienazione ideologica che si usa come arma dialettica: tu prova a dire che siamo in troppi, e molto (molto) facilmente salterà fuori l'accusa di egoismo, cinismo, o persino razzismo. Ma immagino non ti giunga nuova.
    Ad ogni modo, qualcosa mi dice che non sei cattolico... ateo, la butto lì:)
    Ciao
    Roi

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  9. Be', sì, cattolico non sono più da un pezzo: non credo più in Dio dai miei 17 anni (dopo un "tirocinio" di una quindicina di anni con suore e preti...!). E ammetto anche di essere anticlericale: lo sono ridiventato con Wojtyla. Non cattolico dunque, ma forse ... cristiano?! Mah, non so, non credo nemmeno questo. Essere buoni, educati, solidali significa essere cristiani? Poi io non sono buono e solidale e non sempre educato ...
    Ammetterai però che tra i più fieri oppositori di una stabilizzazione e riduzione del carico umano terrestre vi è proprio la Chiesa cattolica: i motivi di questa opposizione sono palesi. Ci sono però dei teologi cattolici (Küng, Drewermann) in ansia per la sovrappopolazione (lo è anche il Dalai Lama). In un suo libro Drewermann, un teologo davvero geniale e a suo perfetto agio in campo scientifico, stimava il carico umano ecocompatibile a 1,5 mld. Oggi questa cifra è stata innalzata a 3 mld, ma oggi siamo più del doppio. Drewermann, che è anche un grande zoofilo (e vegetariano), si rammarica anche per la sparizione di tante splendide specie animali per colpa dell'uomo che ha invaso praticamente ogni nicchia. Sembra che ci siano ormai solo 2000 tigri. Come diceva Cioran: "Dove prima vedevi degli splendidi cavalli selvaggi ci sono oggi invece uomini." Avranno pure un'anima immortale, ma quanto fanno purtroppo e spesso schifo!

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  10. In effetti la Cina andrebbe conosciuta meglio invece di giudicarla con il metro dell'arroganza occidentale. Inoltre è indubbio che si debba essere grati alla Cina per l'autoregolazione che si è imposta, l'esempio è l'India che la sorpasserà presto in popolazioe e problemi.

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  11. Quell'ammissione mi vien fuori con la facilità di un j'accuse. La cosa incredibile è che un personaggio intellettualmente truce come Wojtyla, tanto esiziale in materia demografica (e non solo in questa), sia stato santificato ante litteram da una vastissima opinione pubblica mondiale, non sempre e non solo cattolica. Lui come l'altro fulgido esempio delle eroiche virtù cristiane, miss "leccare i piedi al ricco e non lavarli al povero" (mi sembra che Hitchens la chiamasse così).
    Data l'enormità della popolazione indiana a cui Luca si riferiva, a me faceva più ribrezzo il fanatico antiabortismo della santa albanese dell'India che l'aborto obbligatorio dei cinesi, rimedio estremo ad un male estremo (cosa che in Cina hanno appreso sulla pelle di decine di milioni di morti per carestia. Forse meglio questo per certi cristiani, meglio lasciar fare alla natura).

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