martedì 1 febbraio 2011

Cosa succede nella valle del Nilo?

Abbiamo seguito sui giornali e in televisione l'escalation delle sommosse nei paesi del Nord Africa culminate con la settimana della Rivoluzione dei Ciclamini in Egitto. La quasi totalità delle analisi (almeno quelle che ho personalmente letto e ascoltato sui media) vanno poco oltre la superficie dei fatti. I regimi totalitari e oppressivi, la crisi economica, l'assenza di futuro per i giovani ecc.

Il 15 gennaio Toufic el Asmar ha scritto sul blog di ASPO, una ricostruzione storica delle frustrazioni arabe e delle ragioni politiche di queste rivolte, con un post significativamente intitolato Non tutto è conseguenza del picco del petrolio o dei cambiamenti climatici.

Pochi giorni fa su The Oil Drum, Gail Tvenberg ha proposto una diversa interpretazione della situazione egiziana che va invece proprio in direzione opposta a quella di Toufic, la riassumo qui per amore del dibattito, non per presentare una verità rivelata.

Cosa c'è dietro la rivoluzione egiziana?
L'Egitto ha un sistema di sussidi per cibo ed energia, ed sono proprio gli introiti provenienti dalle esportazioni di petrolio e gas a garantire i fondi per mantenere in piedi questo welfare e la conseguente relativa concordia sociale. Come si vede dal grafico seguente, dalla metà degli anni novanta le esportazioni di petrolio sono andate declinando, in corrispondenza con il Picco locale della produzione petrolifera, e attualmente, i circa 680.000 barili al giorno di produzione sono consumati totalmente all'interno del paese. In pratica l'Egitto è diventato un importatore di petrolio.



Contemporaneamente pur essendo cresciuta la produzione di gas la sua esportazione è rimasta costante dal 2005.


Lo spazio per continuare a sostenere i sussidi interni per prodotti petroliferi e gas si è perciò andato restringendo e la situazione finanziaria del paese si è degradata. Ulteriori pressioni sul budget derivano dall'aumento generalizzato dei prodotti alimentari, in particolare di cereali di cui l'Egitto è uno dei principali importatori (l'Egitto importa il 40% del cibo e il 60% del grano) e dall'aumento della popolazione che in un decennio è passata da poco più di 60 milioni di abitanti a quasi 80 milioni vanificando ogni eventuale progresso economico del paese.



Un aumento pari a 2% annuo. Come noto, dal periodo dei Faraoni, la popolazione egiziana abita una striscia molto limitata di territorio lungo le rive del Nilo, il resto del paese è sostanzialmente desertico. E' importante notare che un ulteriore fonte di reddito per il paese si è ridotta a causa del minore traffico attraverso il Canale di Suez seguito alla crisi economica ed alla recessione che ha colpito l'Europa. Fra il 2004 e il 2008 il governo ha perseguito una politica di riforme dell'economia finalizzate ad attrarre investimenti dall'estero per garantire la crescita. Ma questa crescita si è distribuita in modo ineguale nella popolazione e se l'Egitto nel 2001 era un paese ragionevolmente egualitario in termini di distribuzione del reddito (indice di Gini 34,4% prossimo a quello della Gran Bretagna) oggi lo è molto meno.

2+2 fa sempre 4.

4 commenti:

  1. Cosa succede nella valle del Nilo? Che c'è un mucchio di giovani senza lavoro e senza prospettive. Lo stesso in Tunisia, in Algeria e in quell'inferno che è la striscia di Gaza (40 km per 10 km, densità 1'100 per km2). Una crescita demografica spaventosa.
    Non c'è lavoro e reddito dignitoso per tutta questa gente. Gli appelli all'innovazione e alla crescita economica non servono. Si parla sempre di crescita economica, un appello quotidiano incessante. Ma si vorrebbe sapere che cosa deve crescere (vero, Silvio e Marcegaglia). Quali "grandi e nuovi progetti industriali" potrebbero assorbire tutta questa massa di gente? Così tanto per fare s'incentiva l'edilizia (che distrugge per sempre terreno utile all'agricoltura), il settore automobilistico (trainante per l'indotto), l'industria farmaceutica, magari anche gli armamenti. E poi?

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  2. Quanto sta accadendo sulla sponda meridionale del Mediterraneo dimostra in maniera sufficientemente chiara la totale inconsistenza del legame "necessariamente" esistente tra bassa età media di una popolazione e benessere economico-sociale di quest'ultima, legame peraltro costantemente, entusiasticamente e implacabilmente ammannitoci dai natalisti selvaggi clerico-nazionalisti italofoni...
    Tuttavia notoriamente non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire :(

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  3. Un articolo molto interessante sullo stretto rapporto tra alta percentuale di giovani e disordini sociali si può trovare (riportato) sul Blog IL FENOTIPO CONSAPEVOLE: http://ilfenotipoconsapevole.blogspot.com/2010/10/youth-bulge.html
    Purtroppo su questo argomento ho trovato molto materiale in lingua inglese, ma pochissimo in italiano.
    Se qualcuno ha qualche segnalazione da darmi, lo ringrazio in anticipo.

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  4. Caro Luca, il tuo post sull' Egitto é stato da me citato nella discussione sul Iraq tenutasi lunedì scorso in ARET.
    Abbiamo citato il tuo come esempio di analisi geopolitica correlata ai fattori energetici e demografici.
    COmplimenti

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