mercoledì 8 giugno 2011

Salutiamo i radicali e passiamo oltre.

Cari lettori, mi ero solo preso un mese sabbatico. Stanchezza, un trasloco e un po' di mancanza di motivazione.

Quando in politica si vedono mese dopo mese, anno dopo anno, ripetersi gli stessi rituali sostenuti dallo stesso linguaggio, con le stesse argomentazioni, anche da parte del personale politico che è stato in qualche modo investito da un tipo di diversa informazione, si capisce che la comunicazione non è riuscita e se ne deve prendere atto.

Rientrodolce, e di riflesso questo blog che via via ho sempre più personalizzato per non coinvolgere troppo l'associazione nel mio percorso, sono nati radicali, ai radicali si sono prevalentemente rivolti, ..... intendo Radicali, quelli di Pannella.

L'idea era che siccome Pannella aveva coniato il termine stesso di rientro dolce, si potesse fare breccia nell'area sia in termini di crescita culturale, con una vera e propria metabolizzazione dei limiti dello sviluppo, della critica della finanza e del sistema monetario, del problema demografico, sia in termini di iniziativa politica. Ma l'evidenza mostra che Torre Argentina è tutta concentrata sul suo passato, non accetta nulla che non sia geneticamente romano, non digerisce nulla che non sia ortodossia radicale convenzionale. Ho ascoltato il lungo soliloquio di Pannella ieri mattina. Siamo sempre alla Peste Italiana.

Può darsi che, come dicono alcuni, vi sia una maggioranza silenziosa radicale che ci stava a sentire, che simpatizzava, ma il fatto che in sette anni non si sia manifestata, e abbia lasciato che i temi dell'economia, dell'ambiente e dell'energia restassero appannaggio della componente crescista-lomborghiana, significa che non abbiamo convinto. E quindi che abbiamo fallito. Prendiamone atto.

Del resto non è grave. I radicali sono una componente, una corrente, di un partito di centro-sinistra che nelle politiche ecologiche, energetiche e, meno che mai, demografiche non rappresenta nulla che sia distinguibile da quello di centro-destra. Una componente minoritaria. Il suo esponente di spicco, perché digeribile dal sistema politico, Emma Bonino non ha mai degnato di un commento nessuna delle nostre argomentazioni. Ho avuto il sospetto che a volte ci mandasse contro qualche cane da guardia dell'economicismo libbberista, ma forse anche in questo mi illudo, probabilmente non aveva neppure bisogno di sollecitare nessuno.

In ogni caso Bonino si è sempre organizzata i suoi incontri-iniziative appoggiandosi alle competenze anti-ecologiste di Amici della Terra che gli garantivano l'apprezzamento dei vari ENI, ENEL, e compagnia tecno-fossile cantante.

TAV, inceneritori, rigassificatori, guerra alle rinnovabili elettriche sono lo spartito che questa componente ministeriale del partito ha sempre suonato. Una musica che abbiamo tentato di contrastare senza successo. Non ho paura di dichiarare nè le mie sconfitte nè di denunciare i miei errori.

Gli amici che abbiamo avuto nella classe dirigente di questo partitino si sono sempre occupati di altro rispetto alle emergenze che gli segnalavamo anno dopo anno accampando scuse che hanno il sapore della beffa e perseguendo politiche ambientali accettabili, scontate, estetiche. A che pro continuare a perder tempo?

Sulla questione demografica, che pure era nelle corde radicali, nulla è stato fatto. Una richiesta di ormai più di un anno fa di scrivere una mozione demografica da discutere in parlamento, ebbe come esito il nulla, non solo perché non fu mai presentata, ma perché il nostro lavoro fu totalmente stravolto dall'on. Zamparutti copiando documenti ONU che poi ci fu sciegato erano ormai obsoleti. Nulla.

Le scuole Coscioni sul tema ambientale vengono realizzate fingendo che nel mondo scientifico alcuni temi essenziali quali: l'esaurimento delle risorse, i cambiamenti climatici e la sovrappopolazione siano materie di dibattito fra tecnici con vedute diverse. Fingendo, come si fa regolarmente sui media, che la Scienza sia democratica, che si possa ogni volta ripartire da zero chiedendoci se e come si possa parlare, ad esempio, di sovrappopolazione o Picco del Petrolio. Catastrofisti contro ottimisti. Il tutto condito da un certo entusiasmo lomborghiano per le magnifiche sorti e progressive della ricerca (libera) e del mercato (libero). Concetti la cui astrattezza permette ogni tipo di conclusione.

Tutto questo definisce e spiega l'origine della stanchezza, della mancanza di motivazione e quindi del silenzio.

Non so come proseguirò a comunicare su questo blog, nè se lo farò.

Quello di cui sono convinto (distinguendo credenze, convinzioni e fatti) è che i mesi e gli anni a venire ci aiuteranno a convincere più persone che l'era della crescita è finita con il Picco del Petrolio e che quest'ultimo rappresenta l'ipostasi dei limiti delle risorse disponibili per un metabolismo sociale ed economico come quello dei paesi sviluppati e in via di sviluppo. Non è chiaro però se sia ancora possibile un rientro dolce, o se sia solo possibile mitigare gli effetti del rientro amaro, o se, infine, non si dovrà semplicemente subire gli effetti del collasso.

La crisi del sistema finanziario è stata determinata dal fatto che esso è incompatibile con un sistema in stasi economica. Per i padroni del vapore si tratta di far "ripartire l'economia", cioè la crescita (almeno per una percentuale corrispondente al tasso di interesse), per noi si tratta di cambiare il sistema monetario e la finanza in modo che il dato di fatto che stiamo toccando il limiti dello sviluppo, sia metabolizzato. Si tratta di un cambiamento di paradigma che attualmente la politica reale non è in grado di accettare, ma che probabilmente potrebbe diventare maggiormente evidente in futuro e attraverso una presa di coscienza collettiva entrare nel DNA degli amministratori.

Quelli che l'hanno capito perseguono strade diverse come quelle volontaristiche delle Transition Town, dei GAS, delle tecnologie appropriate e del cambio degli stili di vita, della decrescita oppure tentano di far entrare, con grande fatica nella politica le informazioni giuste. Noi di Rientrodolce abbiamo tentato questa strada con i radicali, e il nostro insuccesso ci ha levato molte energie. Prendere atto di un insuccesso non vuol dire morire. Significa mettersi a fare altro.

Salutiamo i radicali e passiamo oltre.

3 commenti:

  1. Luca, ti stimo lo sai...però per me è un errore questo tuo sentir necessario un "addio" ai radicali. A meno che forse tu non intenda "basta con lo spendere energie per convincere solo loro: il mondo è ben più ampio, rivolgiamoci a tutti". Su questo son d'accordo. Del resto anche le altre associazioni radicali mi pare si rivolgano più ai "non radicali" che ai radicali nella loro azione. Forse l'errore di fondo è quello di aver pensato più a Radicali Italiani che al resto del mondo...ma si può far così anche senza dire addio ad un legame coi radicali, no? Non credo che nel transnazionale la maggioranza sia così crescitista. I radicali non son solo "radicali italiani". Per fortuna.
    Per il resto, se si vuol dire che "rientrodolce" esiste in quanto tale ed è apolitica ed apartitica, lo si faccia pure, può essere un'occasione di crescita - come dire: basta cercare (o esigere) il consenso dei genitori ma vivere la propria vita indipendente in modo adulto...è un passaggio di crescita fondamentale anche negli esseri umani.

    Ciao, Edo

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  2. Penso che dopo questi dieci anni resterò idealmente radicale nel modo di pensare, penso anche che lo farò senza tessere di partito e di area in tasca. Tutto qui.

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  3. Per me questo blog è diventato un vero punto di riferimento. E avendo un po' di pregresso, direi non solo per me. Anche perché nel suo genere è abbastanza unico.
    Io spero che andrai avanti comunque, il tuo lavoro qui è impagabile.

    Ciao, Roi

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