venerdì 13 settembre 2013

La mano invisibile.

E' proprio vero che si dovrebbe sempre "andare ai testi originali". Ho trovato il passaggio in cui nel suo An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, Adam Smith definisce la famosa Mano Invisibile. Traduco il passaggio.

.. il fatturato annuo di ogni società è sempre esattamente uguale al valore di scambio dell'intero prodotto annuo della sua industria, anzi è proprio la stessa cosa di quel valore di scambio. Quindi siccome ogni individuo, si impegna più che può, sia per impiegare il suo capitale a sostegno dell'industria nazionale, sia per indirizzare tale settore affihché la sua produzione sia di grande valore, ogni individuo necessariamente sgobba per rendere il reddito annuo dell'intera società il più grande possibile. Egli generalmente, per la verità, intende promuovere l'interesse pubblico, sa quanto lo stia promuovendo. Preferendo supportare l'industria interna rispetto a quella estera, egli promuove solo la propria sicurezza, e indirizzando l'industria in modo che la sua produzione sia di grande valore, egli persegue solo il proprio guadagno, ed è in questo, come in molti altri casi, guidato da una mano invisibile a promuovere un fine che non era nelle sue intenzioni. Né è sempre il mal peggiore per la società che sia così. Perseguendo il proprio interesse, egli spesso promuove quello della società più efficacemente di quando intende realmente promuoverlo. Non ho mai visto molto il bene fatto da coloro che ostentano di fare affari per il bene pubblico. Si tratta di un vezzonon molto comune tra i commercianti, e bastano poche parole per dissuaderli da esso.

Ed ecco lo stesso testo in lingua originale per chi ama la semplice liquida chiarezza dell'inglese.

.. the annual revenue of every society is always precisely equal to the exchangeable value of the whole annual produce of its industry, or rather is precisely the same thing with that exchangeable value. As every individual, therefore, endeavors as much he can both to employ his capital in the support of domestic industry, and so to direct that industry that its produce may be of the greatest value; every individual necessarily labors to render the annual revenue of the society as great as he can. He generally, indeed, neither intends to promote the public interest, nor knows how much he is promoting it. By preferring the support of domestic to that of foreign industry, he intends only his own security; and by directing that industry in such a manner as its produce may be of the greatest value, he intends only his own gain, and he is in this, as in many other cases, led by an invisible hand to promote an end which was no part of his intention. Nor is it always the worse for the society that it was not part of it. By pursuing his own interest he frequently promotes that of the society more effectually than when he really intends to promote it. I have never known much good done by those who affected to trade for the public good. It is an affectation, indeed, not very common among merchants, and very few words need be employed in dissuading them from it.

In grassetto il passaggio più importante, sottolineato quello su cui vorrei attirare la vostra attenzione. Non è sempre il male peggiore che l'agente economico agisca liberamente seguendo il proprio interesse egoistico, spesso è un bene.

Non essendo un economista ho scoperto l'acqua calda. Ma l'ho trovata saporita.
Questo passaggio è diventato il totem a cui sacrificare ogni interesse pubblico. La base dell'ideologia del darwinismo di mercato. Quella dei cretini neocon o reaganiani e thatcheriani. Di quelli che parlavano di "privatizzare il chiaro di luna" e boiate simili.

E' diventato tale attraverso il passaggio accademico dei mercati perfetti della scuola di Losanna con Walras e Pareto, ma poi in modo parossistico con la scuola di Chicago, fino a diventare una religione.
Qualche decennio di trattamento supportato da questa ideologia distruttiva e il sistema è arrivato al collasso. I classici dell'economia politica borghese, fra cui Smith, avevano ben presente che non tutto può e deve essere mercato. Alcuni di loro avevano impostato una teoria del valore che includesse le risorse naturali e John Stuart Mill aveva perfino previsto la necessità del passaggio ad una economia stazionaria.

La comprensione del fatto che le libere transazioni fra un grande numero di agenti che perseguono il proprio fine egoistico possa condurre ad un esito positivo per la società in generale, intuizione in se corretta, è diventata, come dice John Cassidy (non propriamente un comunista combattente) in "Come crollano i mercati", una fede secolare da promuovere con fervore religioso.




Scriveva Karl Polanyi negli anni 40' del 900: La nostra tesi è che l'idea di un mercato autoregolato implicasse una grossa utopia. Un'istituzione del genere non poteva esistere per un qualunque periodo di tempo senza annullare la sostanza umana e naturale della società; essa avrebbe distrutto l'uomo fisicamente e avrebbe trasformato il suo ambiente in un deserto.

A dispetto dell'ottimismo di maniera di molti amici e conoscenti di formazione socio-economica, mi sembra che quel deserto sia sempre più esteso.

23 commenti:

  1. << John Stuart Mill aveva perfino previsto la necessità del passaggio ad una economia stazionaria. >>

    Santo subito !

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  2. Anche io, e una volta non lo ero, sono diventato critico verso il liberismo portato all'eccesso. Ma non dimentichiamoci i contesti. Il famigerato liberismo reaganiano non nacque d'improvviso dalla testa di giove: fu generato dal fallimento mondiale della politica keynesiana avvenuto negli anni 70. Nessuno si ricorda la crisi mondiale dell'economia (allora per mondiale si intendeva America ed Europa) caratterizzata da inflazione alle stelle e recessione economica. Fu una crisi tanto devastante che si dovette inventare il termine "Stagflazione". In Italia l'inflazione era a due cifre. Ricordo per inciso che l'inflazione colpisce soprattutto chi ha poco: quel poco dimezzato vale zero. Chi invece ha molto, se dimezzato ha ancora tanto. La Gran Bretagna era in piena decadenza economica e sociale. Gli Stati Uniti accumulavano merci invendute, il dollaro vanamente ancorato all'oro trascinava nel tracollo l'economia mondiale. Carter fu travolto dal ridicolo e dal fallimento interno ed estero. Fu Reagan, la scuola di Chicago, le teorie economiche di Milton Friedman (ispirate dal nobel Von Hayek), la Tatcher che ridiedero il via all'economia , tanto è vero che Clinton e Blair si guardarono bene dal lasciare il liberismo in economia quando andarono al potere. Rinacque l'economia in tutto il mondo, si sviluppò l'economia asiatica (Corea. Tailandia, Taiwan e poi persino Cina e ora India...) e sud americana (brasile). Fu una rivoluzione mondiale in definitiva positiva: tante aree sottosviluppate e povere si avviarono allo sviluppo. Purtroppo la ripresa economica fu gravata dalle conseguenze ambientali. La crisi stessa del modello liberista ha molto a che fare con le conseguenze ambientali: basti pensare che il grosso della bolla liberista è nato sull'aumento del prezzo del petrolio, oltre all'esaurimento delle altre risorse. Io credo poi che la devastazione irreversibile del pianeta non sia solo colpa dello sviluppo economico innescato dal liberismo.Ricordiamoci che le economie dirigiste e stataliste non risparmiarono l'ambiente, ma furono forse anche più devastanti. Ma soprattutto la causa prima del disastro ambientale è imputabile alla spaventosa, esplosiva, incredibile crescita della popolazione del pianeta divenuti tutti consumatori: da uno a sette miliardi nel giro di un secolo. Chi non vede questo è un cieco. Questo è il primum movens di tutto il disastro. Quando critichiamo il liberismo ricordiamoci poi che le politiche che prevedono un forte controllo dell'economia si basano su un ruolo enorme dello Stato e della sua burocrazia. Le economie socialiste e comuniste sono fallite, in maniera peggiore di quelle keynesiane . Controllare poi capillarmente l'economia (unica maniera per impedire la libera iniziativa e il libero mercato) comporta un prezzo altissimo in termini di libertà individuale e di diritti della persona.

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    1. Come dice qui sotto Francesco tutto dipende da che cosa si pensa sia più importante. Mantenere la vitalità del sistema naturale o estendere il deserto? Poi certamente, nel lungo periodo, l'ambiente troverà un nuovo punto stabile (omeostaticamente parlando) con o senza di noi non saprei dire. Ma certo rimarranno scolpite nella pietra le glorie del libero mercato e i suoi inenarrabili successi.

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    2. Non mi sembra che le glorie dello Statalismo, scolpite sul muro di Berlino -almeno nella sua forma estrema-, siano state molto gradite da chi quel muro lo abbatté con le mani e con le unghie. Né la devastazione ambientale dei paesi statalisti fu minore: certo l'economia era meno globalizzata.Ma questo non ha molto a che vedere con il liberismo, quanto con la tecnologia. Ormai le barriere, lo vediamo tutti i giorni, non funzionano più. La gente chiede benessere, chiede libertà. Si tratta di coniugarli con i limiti del pianeta, con la salvaguardia della natura. La sfida si gioca su questo punto.

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  3. E non controllare la libertà individuale ne comporta uno ancora più alto in termini di salvaguardia ambientale. Considerato che in fin dei conti l'ambiente è sempre la cosa più importante, lo sviluppo delle aree povere è stato una tragedia.
    Magnifico post.

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  4. Eppure c'è chi è ottimista:

    http://www.ilgiornale.it/news/cultura/basta-catastrofismi-terra-sta-bene-e-migliorer-ancora-949747.html

    Cosa ne pensate?

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    1. Ridley soffre di quell'ottimismo scotomico che non permette di vedere i problemi e si concentra su quanto sia bello il migliore dei mondi possibili. Ho letto in qua e in la il suo libro, anzi confesso di averlo qui sulla mia scrivania (quantunque gia coperto di cose più interessanti). Fa la lista di come si sta meglio di quando si stava peggio, e di come si sta meglio rispetto a dove si sta peggio. Una scelta di un'intelligenza e originalità che può essere giustificata solo dal desiderio di trovare una nicchia editorialmente vitale. Desiderio soddisfatto visto che c'è una grande richiesta di propagandisti di regime con la medaglia di scienziato. Fossi un po' più furbo lo avrei fatto anche io. Purtroppo, e per fortuna, gli scienziati hanno un vizio comune che ho potuto riscontrare nella stragrande maggioranza di quelli che conosco (e non sono pochi), quello dell'onestà intellettuale. Ma certo sul Giornale questo tipo di pubblicità progresso ha molto successo e non aiuta perché comunque anche a destra qualcuno che capisce le emergenze ecologiche e ambientali c'è.

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    2. L' "Ottimista razionale" di Matt Rydley è un libro da leggere e da rileggere, ma per capire quanto sia
      intriso d'ottimismo mal riposto.

      Vedere sempre e solo solo il peggio è sterile e inutile, ma gongolarsi nella visione d'un meglio e dell'ottimo, senza capire come, e quindi agire per otttenerlo, è pessima cosa.

      Il prezzo da pagare per uscire da quest'epoca "D'inesaudite attese" aumenta di giorno in giorno letteralmente.
      Ma la merce, ovvero un mondo nuovo in cui proseguire il plurimillenario esodo umano ci verrà consegnato senza imballo e nella quantità minina ordinata.E con i danni del trasporto a carico del destinatario.
      Amen.

      Marco Sclarandis

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  5. Se vogliamo considerare i contesti, è doveroso ricordare che socialismo e comunismo sono nati e hanno prosperato come reazione a sistemi politici ed economici che venivano percepiti ingiusti da una grande massa di lavoratori.
    E questo credo sia un dato storico che molti liberisti/libertarian in genere dimenticano, o fingono di dimenticare.

    - Janus

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  6. Comunque mi preme sottolineare il fatto che questo post l'ho scritto per evidenziare il fatto che Smith non considerava che sempre l'azione individuale fosse positiva per tutti, ma molte volte, e che il fatto che l'imprenditore si comportasse in modo egoistico poteva non essere un male (probabilmente avrebbe potuto convenire sul fatto che a volte lo fosse). L'aver reso quella Mano Invisibile anche Infallibile e Sempre è il passaggio dalla filosofia economica alla religione.

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  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  8. Dichiarazioni di Letta alla «47ª Settimana sociale dei cattolici italiani - Torino, 12-15 settembre 2013"»

    "Quando andavo a scuola negli anni Settanta eravamo tutti bianchi, quasi direi ariani - ha raccontato il premier - oggi la scuola è multietnica, le scuole sono luoghi dove, se Dio vuole, i nostri bambini imparano da subito la presenza di colori diversi intorno a loro e danno a noi adulti un messaggio di candore e semplicità, che dobbiamo imparare a cogliere". Subito dopo il presidente del Consiglio ha affrontato il problema del bassissimo tasso di natalità del nostro Paese. "Siamo una società sterile, che non fa figli e che sulla demografia sta perdendo la scommessa della vita", ha spiegato nel suo intervento alla
    Settimana sociale dei cattolici. Secondo Letta, infatti, i report sulla demografia ci dicono che "solo perché ci sono bambini immigrati noi teniamo un livello minimo, ci deve dire che c’è un campanello d’allarme sul futuro che sta suonando". Un campanello a cui il governo intende "dare delle risposte".

    Bassissimo tasso di natalità in Italia ... società sterile ... che sta perdendo la scommessa sulla vita ...
    Musica per le mie orecchie!

    Ma perché gli Italiani non fanno più figli? Non sarà che tanti figli scocciano pure, che la vita può offrire altre consolazioni per rimuovere il pensiero del nostro destino ineluttabile? Chissà se Letta si è mai posto il problema del perché gli Italiani non facciano più tanti figli come una volta. La pillola, il benessere, l'edonismo ... Sì, certo, sono questi i motivi principali. Ma non è quello che ha voluto il capitale? Formare dei consumatori incalliti sempre a caccia dell'ultima novità? Consumo, ergo sum. E non più: ho dieci figli, sono orgoglioso di loro, anche se ho le pezze al culo.

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  9. Ma poi leggo questo articolo di Repubblica e rimango di sasso, mi sento sorpassato, antico, inadeguato, un ferro vecchio - perché il mondo che qui si prospetta, e anche a breve scadenza, il 2025, è semplicemente incredibile (e mi fa anche un po' paura). Non mi sento di fare critiche negative, non ho le conoscenze e le competenze per valutare gli sconvolgimenti del futuro prossimo. Ma non tutto mi sembra negativo, anzi.

    http://www.repubblica.it/scienze/2013/09/12/news/dodici_meraviglie_tecnologiche_di_oggi_ecco_come_ci_cambieranno_la_vita_domani-66373787/?ref=HRERO-1

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  10. Luca: se ti piace leggerti i classici prova con Keynes. E' molto piu centrato sul momento attuale e costituisce la migliore confutazione possibile di Adamo smith

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    1. Confesso che i classici mi annoiano. A volte li leggo per necessità. Il passaggio di Smith l'ho incontrato per avventura. Anche Keynes (come Marx) mi sembrano incapaci di dare una risposta al presente, poi vedo che gli economisti keynesiani sono un po' meno fanatici degli altri e li preferisco, ma non mi sembrano risolutivi nemmeno loro sul piano dell'elaborazione scientifica.

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  11. Nota a piè di pagina:
    il saggio J.S.Mill (a disdoro dell'implacabile natalismo clerico-nazional-ultraliberista) aveva compreso anche la necessità di promuovere il più possibile 'birth control' e 'family planning'...

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  12. a livello economico si può dire ciò che si vuole, basta continuare col BAU fino alla totale distruzione di tutte le risorse e molto probabilmente del pianeta e del genere umano. A livello umano l'avidità e l'egoismo la fanno da padrone e solo sublimando la natura umana attraverso l'introspezione psicologica e spirituale uno riesce a non partecipare al progetto malefico della distruzione sua ed altrui. Come diceva il Goldoni: "Io che sono senza malizia, vivo con indifferenza". Ossia non si faceva fagocitare dalle passioni dell'avidità, del sesso, ingordigia, prepotenza e prevaricazione sul prossimo. Quindi vivendo libero, non era succube della mano invisibile. Santo subito?

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  13. Consiglierei la lettura dell'ultimo post del prof. Mobus:

    http://questioneverything.typepad.com/question_everything/2013/09/peak-neoclassical-economics.html

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  14. A me pare che anche l'"andare ai testi originali" non sia di per sé una garanzia di giustezza di questa o di quella teoria se non si è capaci di verificarne i contenuti. Ringrazio comunque della traduzione. Voglio solo dire che per esempio la certezza della giustezza dei teoremi di Euclide o di Pitagora, come anche di Adam Smith, si possa avere solo in quanto i loro enunciati siano verificabili. Anche se la carta originale in cui essi sono scritti va perduta o non esiste più, la loro giustizia rimane. Ciò che è giusto rimane: indipendentemente dalla conservazione dei documenti antichi (invece ciò che è rimasto dell'economia politica odierna è solo la crisi). Senza verifiche da parte del conservatore di tali documenti, il conservatore può parlare della loro forma materiale non del loro contenuto immateriale. Chi, non intendendosi di numeri o linee, e/o in questo caso di economia (l'autore onestamente dice di non essere un economista, ma non creda che esserlo darebbe più autorevolezza alla sua bella traduzione, cfr. http://web.tiscali.it/nonsoloeconomia/barzellette.htm), si avvicina in modo meramente linguistico, come mero traduttore o come mero filologo, a quegli antichi documenti, non può comprendere l'essenzialità dei relativi enunciati. In quanto mero traduttore o mero filologo posso scrivere anche migliaia di libri sulle parole originali usate da quegli studiosi (cosa del resto che fanno da secoli oramai tutti i cosiddetti economisti universitari). Ma, ripeto, attenendomi alla sola filologia (o unilateralmente ad ogni altra disciplina, per quanto specialistica, compresa l'arte del tradurre), non posso comprendere né far comprendere quelle verità. Questo è il punto. Oggi, anziché comprendere la realtà, ci occupiamo ancora di Smith o di Keynes senza minimamente considerare che tutto ciò che riguarda l'economia, la moneta, i valori economici, ecc., dovrebbe essere esclusiva competenza di coloro che tali valori sanno creare. Lo Stato di diritto per non essere "diritto di Stato", e quindi crisi ad libitum, dovrebbe occuparsi di diritto, non di economnia, dato che lo Stato può solo distruggerla... Questo andrebbe capito.

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  15. E' difficile analizzare con serenità i pro e i contro delle teorie economiche classiche, in quanro sono tutte figlie, in un modo o nell'altro, della crescita infinita.
    Noi oggi siamo in crisi non tanto per i limiti di di queste teorie (che hanno tutte i loro pro ed i loro contro), ma proprio perchè sono diventate "inadeguate" e dobbiamo inventarne delle nuove, cosa tutt'altro che facile.
    Onore quindi agli economisti della decrescita (Maurizio Pallante & compagnia), che stanno cercando di aprire sentieri nuovi.

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  16. @Nereo Villa: tu entri in casa d'altri in questo modo?
    Primo, si va ai testi originali per rappresentarne correttamente le idee, e correggere eventualmente, come in questo caso, una certa impropria vulgata che vi si è affermata sopra col tempo. La correttezza delle teorie che essi contengono è un'altra cosa. Qui si sta ricostruendo ciò che Smith ha affermato veramente, non quanto questo sia più o meno corretto.
    Secondo, essere capaci, barzellette, si è e non si è capaci... ciao simpaticone.

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    1. Si infatti, ma probabilmente non sono stato bravo a spiegarmi. Quello che mi aveva colpito del passaggio, che è poi quello in cui nasce il meme di successo della "mano invisibile", è che Smith esprime la convinzione che questa benedetta mano, cioè il libero mercato, non sia tutto. Può essere un meccanismo che promuove il bene generale in determinate circostanze. Appare ovvio che la trasformazione di un'affermazione così debole, in un dogma di fede fa dell'economia neoclassica, che poi è quella che ha determinato le politiche economiche negli ultimi decenni, una vera e propria religione. Non capisco cosa c'entri questo con quanto dice Nereo Villa, ma sicuramente è un mio limite.

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  17. Per la mano invisibile: funziona in maniera eccellente se i vari operatori si trovano ad agire in condizione di parità. Io e te abbiamo due pezzi di terra, o due fabbrichette, compriamo e vendiamo alle medesime condizioni. Il migliore tra di noi a gestire il proprio lavoro prevale sul peggiore, e questo trionfo dell'egoismo del singolo imprenditore permetterà a tutti i clienti finali di costui di ottenere prodotti più economici ed efficaci. Non fa una grinza in un mondo in cui nasciamo tutti poveri ed uguali: in Italia negli anni '50 funzionava divinamente.

    Poi il tempo passa, e la variabile temporale stravolge lo scenario: le corporazioni si ingrossano, diventano monopoli in grado di dettare le regole della partita, e i rampolli degli imprenditori di successo ereditano la fabbrichetta del babbo e del nonno. Passato un lasso di tempo sufficiente, ci ritroviamo a vivere in un mondo in cui i servi della gleba lavorano inutilmente senza mai riuscire ad ottenere null'altro che un pezzo di pane; e nel quale i nipoti dei brillanti imprenditori di un tempo - per buona parte incapaci figli e nipoti di qualcuno - godono delle rendite accumulate senza più doversi porre il problema di competere con chicchessia. Non ne hanno alcun bisogno, e tradiscono la richiesta iniziale dello stesso Smith: e cioè il desiderio di lottare, di primeggiare nel proprio lavoro con la propria abilità.

    La mano invisibile di Smith ha ai miei occhi - di ignorante - due essenziali caratteristiche: funziona benissimo, ed è invariabilmente transitoria. Ha una durata di vita limitata: incenerisce essa stessa nel tempo i propri presupposti di base. E di tempo ne è passato tanto ormai.

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