martedì 16 settembre 2014

Ucraina e dintorni.

Jacopo Simonetta

La guerra provoca forti e spesso insane reazioni e quella in corso in Ucraina non fa eccezione.    Così, invece di sostenere le ragioni degli uni o degli altri, vorrei qui attirare l’attenzione su di una serie di aspetti ed implicazioni che la stampa tende a trascurare.   L’elenco non sarà certamente esaustivo, né si pretende di conoscere come davvero stiano le cose; tanto meno come si evolveranno.   Semplicemente, l’intento è di proporre degli argomenti di riflessione.
Premessa ad ogni ragionamento dovrebbe essere un dato fondamentale e totalmente ignoto: Come andranno a finire le cose sul campo?  
Personalmente, credo che sia realistico ipotizzare che questa fase acuta si concluderà su di una linea del “cessate il fuoco” che diventerà una frontiera di fatto, anche se mai formalmente riconosciuta.   Gli impatti di una tale situazione sul resto del mondo dipenderanno poi molto da quanto i vari governi coinvolti risulteranno dipendenti dai rispettivi partiti nazionalisti.   Potrebbe infatti risultare una situazione alla “georgiana” in cui, superata la fase acuta, si ristabiliscono relazioni quasi normali, perlomeno fra i paesi non direttamente coinvolti; oppure “alla coreana”, con un vero e proprio fronte di guerra, sia pure congelato a tempo indeterminato.
Molti altri sono gli scenari possibili, ma credo che qualcosa di questo tipo sia molto probabile e su questa ipotesi si basano le speculazioni che seguono.

Una prima considerazione che mi pare interessante è la seguente: la divisione dell’Ucraina in due parti, una legata alla Russia e l’altra all'Europa, era nell'aria fin dallo scioglimento dell’URSS ed avrebbe potuto essere una soluzione obbiettivamente ragionevole; perché dunque arrivare all'attuale situazione?   Ancora pochi mesi addietro Russia, Europa ed USA avrebbero probabilmente potuto imporla di comune accordo ad un governo ucraino che  ha ereditato da Yanukovich la situazione politico-economica peggiore possibile.
Si può discutere all'infinito sul perché questo non sia accaduto e su chi ne abbia la responsabilità maggiore, ma il fatto per me saliente è che una soluzione condivisa da quasi tutti (probabilmente anche in Ucraina) è definitivamente tramontata non tanto per la cosa in sé, quanto per i mezzi utilizzati per raggiungere tale scopo.   Mezzi che stanno ingabbiando tutti in un gioco delle parti sempre più vincolante.   Una situazione estremamente pericolosa perché facilmente può condurre i governi ad azioni molto più drammatiche di quelle inizialmente pianificate.
Un secondo gruppo di questioni è rappresentato da come questa crisi stia ridisegnando le mappe geopolitiche del mondo.
Da un lato abbiamo l’Europa che, fedelissima alla sua tradizione, si presenta all'ennesimo appuntamento con la storia divisa e sbandata.   In prima, grossolana approssimazione possiamo individuare quattro partiti: Il primo comprende soprattutto i paesi baltici, la Polonia, gli scandinavi e l’Inghilterra che propongono un intervento deciso, foss'anche militare.   Il secondo ha il suo vessillifero nella Germania, che vorrebbe in tutti i modi salvare i suoi ottimi rapporti commerciali con la Russia.   Il terzo comprende invece l’Ungheria (oltre a parte dell’opinione pubblica euro-occidentale) che tifa apertamente per Putin, sperando in una sua vittoria come prodromo di rischieramento dei paesi europei sotto l’egida del Cremlino.   Infine il quarto partito comprende paesi che, come l’Italia, vorrebbero dare la priorità agli interessi commerciali, ma non osano dirlo.
  Tutto ciò influenza, ovviamente, i rapporti fra i governi UE.   Negli anni scorsi la Germania, forte del suo prestigio politico e della sua forza economica, ha assunto una sorta di leadership informale in seno all’Eurogruppo, ma il degenerare delle situazione alle frontiere orientali dell’Unione ne stanno erodendo il prestigio e rinforzano i ranghi di coloro che sono insofferenti di tale primato e delle politiche che ne derivano.   Si giungerà ad un isolamento del governo Merkel,. ad un cambio di leadership e, dunque, di indirizzo politico dell’EU?   Possibile, ma comunque di limitata rilevanza globale poiché l’Europa ha perduto negli anni ’90 l’occasione per costruirsi una politica autonoma.   Man mano che le crisi (politiche e militari all'estero, economiche e sociali all'interno) si aggravano, gli spazi di manovra si restringono e la posta si alza.   Ne consegue che la cronica divisione degli europei e la loro completa dipendenza militare dagli USA ci stanno rapidamente riportando ad una situazione di totale sudditanza da una potenza straniera che, però, non è più l’America vincente della seconda metà del XX° secolo, bensì la potenza in declino della prima metà del XXI.   Di qui il desiderio di alcuni di abbandonare una barca che fa evidentemente acqua per saltare su di una che, affondata 30 anni fa, sta oggi cercando di recuperare parte dell’impero perduto con una politica di potenza finanziata perlopiù cedendo la più strategica delle sue risorse (l’energia) a paesi che ostacolano tale intento, pur non esitendo a finanziarlo.
Sul piano economico, conosciamo la melma “postpicco” in cui si dibatte l’Europa e certamente il peggioramento delle relazioni con la Russia non può che aggravare la situazione nel breve termine, ma sulla tanto temuta eventualità di un taglio delle forniture energetiche pesa il semplice fatto che l’economia russa dipende da quella europea ancor più di quanto quella europea non dipenda da quella russa.   Un fatto questo molto positivo perché, indubbiamente, rappresenta un freno per tutti gli attori coinvolti.
Un fatto curioso a questo proposito è che, mentre ha avuto molta eco l’offerta del tutto immaginaria degli USA di fornire all'Europa il gas attualmente comprato in Russia, pochissima eco ha ricevuto l’analoga proposta avanzata dall'Iran.   Una proposta questa difficile, ma certamente meno fantastica di quella americana.   Ma, soprattutto, una proposta che, incrociandosi con le trattative sul nucleare e con le vicende belliche in Medio Oriente, potrebbe contribuire a modificare molti degli equilibri-chiave storicamente consolidati.
Veniamo quindi agli USA che hanno sempre lavorato per indebolire la costruzione europea e che, in questi ultimi anni, hanno attaccato massicciamente la nostra moneta per sostenere la loro.   Di fronte al degradarsi della situazione in uno scacchiere che si credeva stabile, si trovano improvvisamente nella situazione di avere di nuovo bisogno degli europei.   Politici abili potrebbero sfruttare quest’opportunità, ma dubito che ce ne siano.   Indipendentemente da ciò, gli USA si trovano di fronte al fatto che non potranno affrontare gli enormi costi connessi con il mantenimento dello status di “unica iper-potenza mondiale” conquistato nel 1989 ancora per molto.   Naturalmente lo negano, ma lo sanno benissimo.   Solo che la loro scelta di un’alleanza strategica con la Cina si è rivelata un boomerang ed il colosso asiatico, adesso che si sente abbastanza sicuro del fatto suo e che  a sua volta è messo alle strette dagli effetti globali del “picco di tutto”, non nasconde più le sue mire imperialistiche.   Mire che, necessariamente, potranno essere soddisfatte solamente sottraendo “province” al fatiscente impero americano.
Di qui la strategia di Obama, tesa a spostare il fulcro dell’azione politico-militare americana in Asia; strategia messa a dura prova dall'esplodere contemporaneo della duplice crisi in Ucraina ed in Medio - Oriente (collegate fra loro tramite il possibile ruolo dell’Iran in entrambe)
E veniamo alla Russia.   Se da un lato l’opposizione filo-occidentale è stata praticamente silenziata dagli arresti degli anni scorsi e dall'attuale ondata di popolarità di Putin, dall'altro il presidente si trova oramai legato alle fazioni più fortemente nazionaliste dell’opinione pubblica.   Una situazione che al momento gli conferisce grande forza, ma che ne vincola moltissimo le possibilità di manovra.
Un altro fatto interessante è che, mentre smantella le organizzazioni filo-occidentali sul suo territorio, Putin sta attivamente cercando di ricreare una rete di gruppi politici a lui favorevoli in Europa.   Niente di nuovo, né di diverso da quello che fanno i paesi occidentali in Russia; la novità è semmai che, mentre tradizionalmente i sostenitori del Cremlino in occidente erano i partiti di matrice marxista, oggi il governo russo sta stringendo alleanze con partiti come lo Yobbik, Forza Nuova, Front National, Alba Dorata ecc.,  unici ospiti occidentali all'importante convegno promosso dal governo russo, guarda caso a Yalta.
Un altro dato su cui riflettere è che l’attuale crisi ucraina è nata dalla politica idiota di Yanukovich in merito all'adesione all'Unione Euroasiatica; progetto geopolitico su cui Putin aveva fondato tutta la sua strategia di lungo termine.   Ma all'Unione Euroasiatica per adesso hanno aderito solo due paesi: la Bielorussia ed il Kazakistan, i quali hanno però posto una serie di condizioni che il governo russo non deve aver gradito: in particolare la piena libertà di intrattenere qualsiasi rapporto commerciale con qualsiasi altro partner e possibilità di uscire dall'accordo; ma soprattutto l’esclusione dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud dal trattato (paesi che peraltro nessuna delle repubbliche ex-sovietiche ha riconosciuto, come del resto nessuna ha per ora riconosciuto l’annessione della Crimea).     Mentre la Bielorussia gioca il ruolo del mediatore politico e, soprattutto commerciale, fra Nour Sultan e Putin sono già volate reciproche minacce, neanche troppo velate.   Un fatto importante perché mentre la Bielorussia è un paese sfinito, come l’Ucraina, il Kazakistan sta cavalcando l’onda del suo petrolio scadente e costoso, ma pur sempre relativamente abbondante.
Un aspetto del puzzle che ci porta a considerare gli aspetti energetici della crisi.   Oltre alla citata questione delle forniture di gas all'Europa, si è data molta enfasi all'accordo di fornitura di gas siberiano alla Cina.   In realtà, dietro la fumata propagandistica per il momento c’è ben poco arrosto: i quantitativi sono minimi rispetto a quelli venduti in Europa e provengono da giacimenti comunque troppo lontani per raggiungere l’EU.   In effetti, era una trattativa già avviata e la crisi ucraina ha permesso ai cinesi di spuntare un prezzo migliore, mentre hai russi ha dato un buon argomento per la loro propaganda interna ed estera.
Rimane però vero che, in una prospettiva di medio periodo, la Cina potrebbe davvero diventare il mercato principale dell’energia russa, lasciando “al buio ed al freddo” un Europa sempre più avvitata fra crisi socio-economica, incapacità politica e  risorgere di nazionalismi.
Sarebbe un’impresa lunga e costosa, ma probabilmente possibile, soprattutto perché potrebbe fornire alla Cina la possibilità di giocare il ruolo di “terzo che gode fra i due litiganti”.   Infatti, una simile evenienza lascerebbe la Russia totalmente dipendente da un vicino che anziché un “un nano politico e gigante economico” in via di ridimensionamento, sarebbe una potenza imperiale emergente con concrete possibilità egemoniche sul buona parte del pianeta.   E’ vero che la crisi “postpicco” globale ha già segnato anche la Cina e che tale situazione non potrà che peggiorare, ma è anche vero che altri stanno facendo di tutto per accelerare il proprio declino, cosicché la posizione cinese potrebbe anche migliorare in rapporto alle altre potenze, almeno per un certo periodo.   E certamente satellitizzare la Russia potrebbe essere un’ottima carta per la Cina.   A questo proposito, viene da ricordare il fatto che poco più di un secolo fa la Cina fu facilmente soverchiata perché, certa della sua grande potenza storica, sottovalutò grossolanamente le capacità delle potenze allora emergenti.   Oggi alcuni fra i vincitori di allora stanno probabilmente facendo l’errore eguale e contrario ed i russi sono probabilmente fra questi.
  In conclusione, è presto per dire se tornerà una sorta di “Guerra Fredda, n.2”, ma di sicuro la frattura fra occidente e Russia c’è stata e probabilmente non sarà sanata presto; è anzi possibile che col tempo tenda ad allargarsi ancora.   Ciò cambierà gli equilibri e le alleanze a livello mondiale.   In occidente, probabilmente favorirà la crescita dei partiti di estrema destra e nazionalisti, ma potrebbe anche ricompattare buona parte dell’opinione pubblica moderata attorno ad un Patto Atlantico oggi quanto mai sbiadito.   In fondo, la paura di un nemico esterno (prima nazista e poi comunista) ha avuto un ruolo fondamentale nel compattare e far funzionare le democrazie occidentali per buona parte del XX secolo.    Un ottimista potrebbe anche spingersi a pensare che tale situazione potrebbe indurre europei ed americani ad abbracciare finalmente una decisa politica di riduzione dei consumi energetici e di sviluppo di energie rinnovabili effettivamente funzionali.   Un pessimista potrebbe invece pensare che la situazione indurrà i governi a lanciare anche in Europa avventure suicide come il fracking e simili, ma in ogni caso i progetti di sfruttamento commerciale dell’Artico subirebbero una brusca fermata ed almeno questa potrebbe essere una buona notizia.
  Inoltre, sarebbe la fine della globalizzazione, col il ridisegnarsi delle rotte commerciali e migratorie su basi principalmente politiche anziché esclusivamente commerciali.   Un terremoto che travolgerebbe molte imprese, ma che potrebbe anche aprire delle nicchie per attività economiche meno ciecamente distruttive di quelle oggi di moda.
  In sintesi, questa crisi sta indebolendo contemporaneamente l’Europa e la Russia a vantaggio di USA e Cina.   Se la situazione non si alleggerirà rapidamente, l’effetto principale sarà infatti che entrambi vedranno crescere la loro dipendenza da potenze “tutelari” sempre più disperatamente alla ricerca di risorse e di spazi politici da sfruttare per rallentare il proprio declino (USA) o per rilanciare la propria scalata all'egemonia globale (Cina).   Entrambi hanno già ampiamente dimostrato di essere dei validi alleati contro minacce provenienti da altri “imperi”, ma anche di non esitare a sacrificare le proprie provincie quando questo gli sia utile.    In altre parole, questa crisi indebolisce tutti a vantaggio del dipolo USA-Cina, due potenze divise su tutto, eppure visceralmente interdipendenti.
Chi vivrà vedrà.

9 commenti:

  1. Complimenti a Jacopo per l'ottima analisi geo-politica.
    La sensazione, così a pelle, è che la fine della globalizzazione sia davvero vicina (per i motivi energetici che ben conosciamo) e che pertanto la "povera" Cina si troverà a diventare la massima potenza mondiale quando,,, non potrà più farlo pesare su scala planetaria, in quanto il mondo si sarà nuovamente diviso - come una volta - in tante realtà regionali.

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  2. Complimenti anche da parte mia, trovo tutto inappuntabile.
    In fondo di questi 4 grandi attori, i 2 più direttamente coinvolti sono quelli che ne escono male; l'Europa è il soggetto più debole in assoluto e sta facendo il peggio possibile, con le solite divisioni e dimostrando di non conoscere l'aurea regola machiavellica (vezzeggiare gli uomini, oppure spegnerli; la via di mezzo è in casi del genere la cosa peggiore), e quel cavolo di Putin, che continua a fare il prepotente in casa altrui senza avere neanche un valido motivo per farlo. Così, tanto per reagire allo smacco della cacciata del suo cagnolino Yanukovich.

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    1. Non sono del tutto d'accordo. Putin ha volutamente fatto polpette delle norme di diritto internazionale, ma non è che altri le rispettino se non quando gli fa comodo. In particolare, dal suo punto di vista aveva sicuramente delle buone ragioni per voler mantenere il controllo della Crimea ed il governo ucraino avrebbe fatto bene a capirlo subito.
      E la cosa strana è che mentre la fase militare dell'occupazione della Crimea è stata tecnicamente impeccabile, la fase politica è stata gestita malissimo ed è probabilmente stato questo errore a scatenare le rivolte nel Donbass, con le conseguenze che sappiamo.
      Penso che sarebbe nell'interesse di tutti trovare un compromesso, ma sia Putin che Poroshenko dipendono oramai largamente dai rispettivi partiti nazionalisti e questo non è foriero di buone notizie.

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    2. In che senso "mantenere" il controllo della Crimea? Era territorio ucraino, ha allungato le mani. Sai meglio di me che nessuno stato rinuncerebbe così facilmente a un lembo del suo territorio.

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    3. L'Ucraina era russa (fino a ieri, prima che quel deficiente di Kruscev la "regalasse" all'Ucraina senza chiedere il parere dei Russi). Direi che è tornata a casa, anche se Putin non ha rispettato il galateo e fa il gradasso. Perché, gli USA rispettano il galateo forse? Bombardano e ammazzano come gli pare, adesso finalmente potranno bombardare anche la Siria dopo che quel cialtrone di Putin aveva loro imposto l'alt.

      Interessante la tua osservazione: "Sai meglio di me che nessuno stato rinuncerebbe così facilmente a un lembo del suo territorio." Ma l'Italia non ha già rinunciato alla sua sovranità aprendo le porte a tutti? Che strano! Le frontiere nel mondo globalizzato non contano più, non devono contare più, ma lo stesso poi qualche fesso le rivuole, anzi dice che non cederà un solo centimetro del suo territorio (il cioccolataio a Putin).

      L'uomo è un animale (fa parte ufficialmente del regno animale), anche se è dotato di ragione e anima immortale. Ma in quanto animale per vivere e sopravvivere ha bisogno di un territorio (non ha ancora le ali, non può vivere nell'etere). Nessuno di noi (almeno in occidente) vive all'aperto e all'addiaccio, ma torna sempre a casa sua e chiude la porta a chiave. Casa sua è il sancta sanctorum, la soglia è una frontiera inviolabile (lo riconosce persino la costituzione che riconosce il diritto alla proprietà privata). In quanto animale territoriale non intendo cedere nemmeno un centimetro del mio territorio di 100 metri quadrati al decimo piano di uno stabile.

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    4. Appunto, la Crimea era russa, ma fino a 60 anni fa. Mosca regala e Mosca riprende. Io sarei più tenero con Kruscev che non con Putin, che apprezzo in politica interna, ma per nulla in quella estera.
      Non ne faccio una questione di rispetto delle regole, quelle possono essere giuste o sbagliate, possono proteggere il galantuomo come il farabutto. Non mi scandalizza la violazione del galateo, ma il motivo che ha innescato tutta questa faccenda. Hanno dato un calcio nel sedere al lacché del Cremlino, allontanandosi da quella baracconata eurasiatica e il mostro russo porta via loro per ripicca un paio di brandelli di carne. E poi senti quanta ipocrisia, quante menzogne che sputano, la solita propaganda russa.

      Sugli Usa ti dico che hanno sempre rispettato fin troppo il galateo, in Siria hanno sbagliato alla grande. L'alleato naturale era, ed è, Assad, ma siccome fa loro schifo, continuano a cercare questi fantomatici ribelli"moderati". Non hanno imparato la lezione dell'Afganistan, e per andare contro la canaglia, ne hanno creata una ancora peggio. Non sanno più cosa sia la realpolitik.

      Un conto è che uno Stato rinunci a un pezzo del suo territorio a favore di un altro, e un conto che ci rinunci de facto in favore della feccia proveniente da fuori. Io mi riferivo solo alla prima situazione; ovviamente questo non toglie il carattere pazzesco della seconda. Dovremmo avere lo stesso atteggiamento anche con gli spazi esterni, comuni, e chiudere a doppia mandata rispetto a quelli di fuori.

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    5. << (Gli USA) Non hanno imparato la lezione dell'Afganistan, e per andare contro la canaglia, ne hanno creata una ancora peggio. Non sanno più cosa sia la realpolitik. >>

      Sottoscrivo alla grande. E se per quello, è dai tempi del Vietnam che gli USA danno l'impressione di non capire bene le lezioni della storia.
      Restano i più potenti di tutti, certo, ma non perchè abbiano fatto le scelte strategiche migliori; semplicemente perchè si fanno finanziare le (enormi) spese militari dal resto del mondo (tramite il dollaro).
      Ma non può durare ancora per molto.

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  3. Molto bella, avevo già apprezzato anche l'analisi geopolitica di Israele, complimenti.
    A proposito, mi interesserebbe una vostra opinione, dato che siamo tra persone con una certa forma mentis sul mondo moderno...cosa ne pensate della bomba atomica? Possibili guerre mondiali nucleari? Come vedete la presenza stessa dell'atomica in un mondo post-picco?
    Se ne parla troppo poco, ma è un fatto assolutamente da non trascurare.

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    1. Domandona! A quel che ne so le armi nucleari necessitano di una costante e costosa manutenzione, tanto che si da per scontato che solo una piccola parte degli immensi arsenali esistenti sia effettivamente operativa. Che succederà? Una speranza è che le smontino via via per alimentare le centrali di potenza: gli arsenali sono, credo, la riserva di uranio di gran lunga più importante oggi.
      Ma anche così rimarrebbe il pericolo delle scorie che, col degradarsi dell'economia, finiranno con l'essere trattate in modo sempre più approssimativo, fino eventualmente all'abbandono. Questo penso che significherebbe grosse fette di territorio "chernobillizato" in giro per il mondo.
      Una buona notizia è che molte specie animali e vegetali resistono molto meglio di noi alle radiazioni. Le piante perché sono strutturalmente protette da cancri e simili. Molti animali perché hanno vite naturalmente troppo corte per risentire della cosa. Ma queste sono idee che mi sono fatto pescando qua e la, quindi potrebbero essere anche molto sbagliate. Non è che per caso Luca conosce un nuclearista che potrebbe darci qualche ragguaglio più documentato?

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