sabato 23 ottobre 2010

Invecchiamento. La bomba ad orologeria immaginaria.

Oggi ospito una recensione di Marisa Cohen del libro di Phil Mullan "THE IMAGINARY TIME BOMB. Why an ageing population is not a social problem" (LA BOMBA AD OROLOGERIA IMMAGINARIA. Perché l'invecchiamento della popolazione non è un problema sociale). Quando Marisa la pubblicò a sua volta sulla mail list di Rientrodolce, non l'avevo considerata molto, ma ora la trovo molto interessante.
Avendo immediatamente ordinato il libro immagino che fra qualche settimana vi sorbirete anche il mio commento. Buona lettura.



"THE IMAGINARY TIME BOMB. Why an ageing population is not a social problem" (J.B.Taurus Publishers)


Posso solo fare una breve introduzione al pensiero dell'autore, ma non posso certamente entrare negli intricati grovigli delle pagine dedicate a complicati studi, ricerche, statistiche e diagrammi, referenze di autori (l'indice è lunghissimo), World Bank eccetera.

L'interesse di Phil Mullan consiste principalmente nello sgonfiare il mito della terza età come fonte di tutti i mali economici della nostra civiltà e la conseguenti manipolazioni di economisti e governi per diminuire le spese del welfare.

Phil Mullan prende le mosse dal fatto che demografi e commentatori politici ed economici hanno ribaltato il problema della sovrappopolazione in una crecente preoccupazione per il numero degli anziani e del pericolo che questa crescita rappresenterebbe per le società avanzate. Secondo tali vedute, stiamo entrando in una "Global Aging Crisis", che sarà fatale per i programmi politici delle nostre società e il rinnovo dei loro contratti sociali; la combinazione dell'allungarsi della vita e del declino delle nascite ha dato luogo ad uno spostamento generazionale, che renderà impossibile il mantenimento di una popolazione sempre crescente  di vecchi ed aprirà una specie di guerra generazionale.

Tale preoccupazione va di pari passo con quella per il declino della natalità, che ci tiene ostaggio della competitiva fertilità di paesi in via di sviluppo.

Cosi il problema demografico rinforza il doppio standard, perchè da una parte l'Occidente deplora e cerca di fermare il tasso di natalità dei paesi in via di sviluppo e dall'altra lamenta la mancanza di fecondità delle proprie società che porta alla crisi generazionale.

Quindi l'autore ritiene che molta parte di tali preoccupazioni fanno parte dell'ossessione della società contemporanea per la ricorrente parola "crisi", che riflette la continua ansietà e insicurezza, legate ai cambiamenti sempre piu' veloci a cui siamo sottoposti.

Come molte volte il timore ci fa vedere le cose in una luce sbagliata e può anche contribuire a realizzare le nostre paure.

Mullan sostiene che tali preoccupazioni hanno poco a vedere con i numeri, ma sono proiezioni ideologiche, intrise di emotività. John Maynard Keynes, per esempio, alludeva al pericolo che un declino della popolazione avrebbe causato una crisi della domanda, quindi una recessione.

Le prospettive pessimistiche si concentrano in particolare sull'invecchiamento della società, che dovrebbe invece essere un segno di positivo sviluppo che ha permesso l'allungamento della vita attiva.

E' dagli anni Ottanta che il gli anziani diventano un problema, con la loro marginalizzazione dal mercato del lavoro e, conseguentemente, dalla società.

L'interesse dell'autore è piuttosto rivolto alle conseguenze economiche, oltre a quelle sociali, come risposta al panico degli economisti e dei governi.

Confronta la spesa per mantenere un anziano e quella per mantenere un figlio. Un aumento nella proporzione degli anziani puo' abbassare i bisogni di investimento di una nazione e aumentare lo standard di vita, perchè le minori reclute nel mercato del lavoro richiedono minore investimento di capitale. Critica il concetto del rapporto di dipendenza degli anziani, a cui oppone l'elevato costo dei figli, che consumano molte più risorse pubbliche molto prima di poter pagare le tasse.

Il problema non è tanto che non ci siano abbastanza persone a sostenere gli anziani, ma piuttosto che gli anziani che vogliano ancora essere parte attiva del mercato del lavoro trovino le porte chiuse. Questo è frutto di un trend moderno, che sostiene i giovani e crea il problema di un accorciamento della vita lavorativa che inibisce l'apporto degli anziani, la nuova classe discriminata, alla società. L'età pensionabile riflette uno stigma sociale, ma è stato sempre un espediente per permettere ai giovani di entrare nel mercato del lavoro, una creazione del Welfare State.

L'autore ipotizza una ristrutturazione dell'economia che rifletta le nuove condizioni. Non si può continuare a ragionare con gli stessi principi del passato. Bisogna riconoscere che la realtà è cambiata: un sessantenne nel 2000 non é lo stesso che un sessantemme nel 1830.

-L'accesso a nuove tecnologier puo' incrementare l'output dei lavoratori inclusi, quelli piu' anziani, e renderli piu' produttivi.

-Nelle società industriali il livello tecnologico produce sufficiente ricchezza anche con un livello di crescita piu' basso.

-Inoltre, lo stesso miglioramento delle condizioni di vita influirà sulla salute e le capacità di lavorare delle future generazioni di anziani.

-Con l'aumento del numero degli anziani, questi avranno una più grande influenza sullo stato sociale ed economico dell'intera società.

-L'esistenza stessa della terza età è il risultato del progresso, la funzione del successo umano di migliorare la salute.

Infine, secondo Mullan il mito della vecchiaia è stato manipolato per giustificare il taglio delle pensioni pubbliche, perchè l'umore generale è che gli anziani consumano una considerabile parte della ricchezza comune.

Un nuovo morbo è stato individuato: al posto della paura di morire troppo presto, si è sostituita la paura di vivere tropo a lungo.A questa paura si aggiunge la constatazione che non si puo' piu' contare sulla famiglia, che ha pure cambiato struttura.

Il pessimismo che circonda tali argomenti ha spesso come conseguenza di abbassare le aspettative della gente su quale tipo di società e di mondo possiamo attenderci nel futuro, per noi e i nostri discendenti.

Il che equivale a non cercare mezzi per progredire, ma restare passivi.

Questo è un riassuntino, ma l'autore porta molti esempi convincenti.

Maria Luisa Cohen

1 commento:

  1. (Per quel che vale da parte di un emerito Sig. Nessuno quale il sottoscritto) condivido pienamente la tesi centrale del volume di Mullan: il tendenziale invecchiamento medio della popolazione italiana e gener.te "occidentale" NON costituisce affatto un problema...bensì un passo necessario sebbene non sufficiente per (cercare di) giungere alla soluzione della principale minaccia attualmente incombente sui fragili equilibri non solo ecologici ma anche socio-economici planetari: l'esplosiva crescita DEMOGRAFICA umana (con parallela crescita dei CONSUMI)!!!

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