venerdì 22 ottobre 2010

L'invecchiamento.

La scorsa settimana ho partecipato, come delegato di Radicali Italiani, al congresso dell'ELDR a Helsinki.
Il tema centrale del congresso era: la sfida rappresentata dall'invecchiamento delle società. Sembra che la parola "sfida" sia un eufemismo per definire (ottimisticamente) la situazione quando qualcosa ci sfugge di mano; l'ho sentita usare spesso anche in relazione alle questioni energetiche.


Thomas Cole. The voyage of life: old age. 1842

Il fatto è che se c'è una cosa che ci è sfuggita di mano è la nostra prolificità. Tutto il resto segue secondo una logica abbastanza stringente. Ma prenderne atto è apparentemente abbastanza difficile.

I liberali europei si pongono il problema di come governare questa transizione. E' già qualcosa. Ma come virtualmente tutti i politici affrontano il problema con dei principi che sono altrettanti intralci: 1) la quasi totale settorialità del tema (cioè la demografia non è parte dell'ecologia, di ambiente si parla dove si parla di ambiente!) 2) il nostro fine è promuovere, sostenere, incrementare la crescita economica, cioè mantenere il paradigma vigente. Fortunatamente i liberali europei non propongono, come lo IOR, la dicotomia fra maggiori consumi e maggiore natalità, ma finiscono per limitare tutta la questione demografica ai due sottotemi: pensioni e immigrazione. Poi non volendo prendere il toro per le corna partoriscono un topolino di risoluzione finale che non affronta il nocciolo del problema.

Il fatto che l'Europa invecchi è un contributo al declino di una popolazione umana in evidente condizione di overshoot ecologico. Governare l'invecchiamento delle società fa parte della "sfida" di governare la decrescita. In pratica: continuare a fare meno figli consumando meno risorse. Questo, che non è certamente Business as Usual, viene spesso visto come "crollo del capitalismo". Io sono poco incline a vedere in una necessità fisica (la riduzione del metabolismo sociale ed economico) la fine dell'imprevedibile. Sono altresì poco incline a credere nelle rappresentazioni teleologiche della Storia. Sono abbastanza convinto che, ancora una volta, la Storia ci sorprenderà e permetterà a schiere di storici di spiegarci, a posteriori, l'inevitabilità di quanto è accaduto.

9 commenti:

  1. Vista l'esplosione demografica del XX sec, l'invecchiamento della società é il migliore dei problemi possibili e il minore di quelli esistenti.
    Sostenere ancora la crescita economica nell' attuale consolidata condizione di overshoot di cui parlavi é una follia.
    Nessuna voce extraradicale fuori dal coro?
    Lietopensanti ancor prima che liberali.

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  2. Non so, sembra che il tabù sia molto persistente. Gli unici politici che ammettono l'esigenza di controllare le nascite sono effettivamente i radicali anche se, almeno ai vertici, neanche loro ammettono che anche il paradigma econonomico basato sulla crescita infinita sia in crisi.

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  3. Indimenticabile Capezzone che predicava: "C'è bisogno di crescita, crescita, crescita."
    Dalla mattina alla sera io sento solo una parola: crescita. Quando i consumi tirano il mezzobusto del telegiornale è radioso, depresso se i consumi ristagnano.

    Comunque mi sono fatto ormai la convinzione che non ci sia più niente da fare per quanto concerne la demografia. Qualsiasi accenno al problema è evitato come la peste, persino dai verdi o ambientalisti di varia estrazione. Il ministro dei trasporti svizzero, dimissionario per limiti di età (era ministro da 15 anni!), ha ricordato un paio di giorni fa che "se tutti volessero vivere come noi europei avremmo bisogno di due pianeti" (il ministro ha in effetti un'anima un po' verde). Ha anche ricordato en passant che la popolazione mondiale continua a crescere, un fenomeno apparentemente ineluttabile. Ma se è ineluttabile, e se non si può deprecare che anche gli altri miliardi di esseri umani vogliano star meglio o addirittura consumare come noi, di pianeti ce ne vorranno presto più di due (tanto è vero che persone molto intelligenti come S. Hawking e M. Hack pensano senza scherzi che sarà necessario colonizzare Marte, sia per sfuggire all'inevitabile surriscaldamento del pianeta che per sistemare il surplus di terrestri).

    La questione demografica è il grande tabù dei tempi moderni. Eppure nel 1994 uno studio dell'Accademia pontificia delle scienze era arrivato alla conclusione che la limitazione delle nascite era imperativa se si volevano evitare drammi: lo studio consigliava due figli per coppia. Dovette trattarsi di un incidente di percorso perché di questo studio nessuno sa niente (sicuramente mandò su tutte le furie il polacco).

    Comunque non preoccupiamoci troppo. Quando la natura sarà stufa di questo ridicolo h. sapiens sapiens lo spazzerà via senza troppe storie. Un'onda anomala e muoiono 250'000 persone, una bella scossa ad Haiti e schiattano altre 300'000 persone ("purtroppo" rimpiazzate il giorno stesso perché tante ne nascono ogni giorno sulla Terra).

    Lo tsunami demografico è inarrestabile. Io sono rassegnato. Facciamo ridere con i nostri appelli alla moderazione riproduttiva, anzi passiamo per pazzi o, peggio, per perversi delinquenti che propagano una "cultura della morte" (così dicono i preti, Giuliano Ferrara e Ettore Gotti). Destra e sinistra pari sono: vogliono soldi e consumi.

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  4. Caro Anonimo,
    lasciamo perdere Capezzone che fa parte dei nostri (radicali) errori del passato.
    preferisco passare per pazzo e perverso che unirmi al coro o tacere(pur di fare carriera: politica, accademica ecc.). Io sono pessimista, ma non al punto di smettere di ricordare a tutti che ci sono nel mondo 80 milioni di gravidanze indesiderate ogni anno e 270 milioni di donne che vorrebbero usare i metodi anticoncezionali moderni, ma non ne hanno la dispobibilità. Un piccolo sforzo da parte dei paesi che possono e questo problema potrebbe essere affrontato e, forse, superato. Un contributo al fine di stabilizzare la popolazione. Della stabilizzazione della popolazione parla anche Lester Brown nelle sue diverse edizioni di Plan B, anche se nel corso degli anni il tetto della popolazione è andato crescendo. Non molliamo.

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  5. Be', certo, non possiamo mollare, ma è terribilmente frustrante constatare che del problema demografico non gliene frega una mazza a nessuno, ma proprio nessuno. Negli anni '70 il Club of Rome poteva parlare del pericolo sovrappopolazione senza suscitare ripulse ed anatemi. Oggi nessuno - di color che possono - osa affrontare l'argomento. La Chiesa parla di suicidio dell'Europa per mancanza di figli e i politici si mostrano anche loro preoccupati dell'invecchiamento: chi pagherà le pensioni di anzianità? Santa Madonna, ma il problema si riproporrà tale e quale quando saremo venti miliardi e ci sarà un leggero calo demografico: tutti, preti e politici, cominceranno allora a preoccuparsi del calo (chi pagherà le pensioni di anzianità per i venti miliardi?).

    D'altra parte dobbiamo onestamente ammettere che le nostre preoccupazioni non fanno breccia, non sono recepite: non hanno dunque forza di persuasione, sono armi spuntate, anche se c'è un ampio disagio per la mancanza di spazio che genera stress e accresce l'aggressività (già Aristotele aveva notato una maggiore aggressività dei ratti man mano che il loro numero cresceva).
    Oggi la grande paura è la crisi economica, non l'incremento demografico. Dobbiamo farcene una ragione e ammettere che siamo voces clamantes in deserto. Una testimonianza a futura memoria, quando tutto crollerà (magra consolazione - ma del resto non ci saremo più). Mannaggia, c'erano le condizioni per star tutti un po' meglio, per fare finalmente di questa povera Terra davvero un Eden, e invece diventerà una discarica come Napoli e dintorni (non basteranno depuratori e inceneritori).

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  6. L'unica cosa su cui non concordo con Anonimo é che negli anni '70 non ci siano stati anatemi di fronte alle conclusioni del Club di Roma.
    Ma almeno c'era ben altro dibattito.
    Dopo sì, il problema é stato silenziato, col devastante contributo del polacco "santo subito".
    Quanto ai radicali, avevo in mente un'idea (uno stereotipo, evidentemente) diversa, ma sono pur sempre dei politici, e predicare la decrescita non fa per loro.
    Grazie Luca, ciao.
    Roi

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  7. @ Roy

    Sì, certo, "I limiti dello sviluppo" (il titolo originale era però I limiti della crescita") furono stroncati, ma perché il capitale non poteva accettare limiti al profitto. Penso fosse questa la vera ragione del rifiuto del Rapporto.
    Mi riferivo piuttosto al fatto che l'argomento della sovrappopolazione in sé non era considerato scandaloso, se ne poteva parlare, mentre oggi è un vero e proprio tabù.
    Da una parte abbiamo una Chiesa che senza il crescete e moltiplicatevi non ha praticamente più ragione di esistere ("cosa sarebbe una Chiesa senza poveri?", si chiedeva Pasolini), dall'altro c'è il problema dell'esplosione demografica nel cosiddetto terzo mondo che noi occidentali guardiamo con timore, sia per le sorti del mondo che per le nostre (è chiaro che i nostri privilegi non potranno resistere).
    Ma ci sono poi altre ragioni psicologiche che impediscono un sereno dibattito sulla questione. Per es. è difficile "prescrivere" il numero di figli. Noi italiani ed europei ci siamo dati spontaneamente una regolata grazie anche al boom economico del dopoguerra (oltre che alla pillola). Nessuno ci ha detto che era meglio un figlio o due: era per così dire nell'aria che con meno figli si vive meglio (e vivono meglio anche i figli), insomma lo Zeitgeist.
    Noto oggi generale imbarazzo nell'affrontare il tema.

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  8. Sui termini generali siamo senz'altro d'accordo (e immagino sia eufemistico quel "generale imbarazzo", benevolmente neutro, con cui hai fatto riferimento allo struzzismo imperante oggi sul tema).
    Su i "Limiti" invece, sono di avviso diverso perché le reazioni al rapporto del Club di Roma a me sembrano meno univoche.
    Certo non posso non convenire sulla matrice capitalistica di una significativa parte di esse (sia di quelle provenienti dal mondo della finanzia e dell'industria, sia di quelle più puramente economistiche).
    Il fatto però é che a mio avviso vi furono ripulse anche di segno diverso -opposto per certi versi.
    Da "L'imbroglio ecologico" di Paccino del '73, a "L'impostura del Club di Roma" di Braillard, di 10 anni dopo, emerse un orientamento di critica radicale alle tesi del Club di Roma, e soprattutto, di carattere antiborghese e anticapitalistico.
    Opere nel cui sforzo di organicità, gli autori cercavano di tradurre la paura che i paesi ricchi dessero il calcio alla scala dietro di sé, e non il rifiuto dei limiti al profitto.
    O l' opera di Clark (credo sia Il mito della bomba demografica, o qualcosa del genere), anch'essa anni '70; stroncatura cattolica in questo caso (nel '68 era uscita la nefanda Humanae Vitae di Paolo VI che anatemizzava la contraccezione) con cui l'autore arrivava alla ridicola e pazzesca conclusione per cui ci sarebbe posto nel pianeta per 40 mld di anime.
    A mio modo di vedere, così come variegati furono i consensi che l'opera seppe suscitare (forse una salutare ripresa di contatto con la realtà dopo l'ubriacatura ideologica e i sognanti trastulli del '68, forse il grande carisma di Peccei, forse la sostanza del testo), variegati furono anche i dissensi e a suo modo veri (stando al tuo giudizio) per chi li espresse.
    Cosa che in definitiva ci dà conferma della straordinaria densità concettuale dell'opera.
    Per cui io trovo che le reazioni violente, isteriche, scandalizzate ci siano state anche all'epoca; ma nel quadro di un dibattito ben più vitale, e che oggi si é ridotto a ben poca cosa(il tabù di cui giustamente parlavi).

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  9. Colin Clark: certo che mi ricordo bene di questo pazzo furioso che parlava di 40 miliardi di esseri umani. Non sapevo altro di lui: do un'occhiata in rete e apprendo che si era convertito al cattolicesimo e - udite udite - avevo partecipato alla stesura dell'Humanae vitae di Paolo VI. Adesso capisco, come pure Ettore Gotti Tedeschi. Se credono in Gesù bambino possono anche credere che la Terra possa nutrire 1000 miliardi di persone: Dominus providebit. Seeeee......

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