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lunedì 1 novembre 2010

Con il prof. Smil, alla ricerca della tranquillità perduta.

Chi mi conosce bene sa che non sono mai stato una persona tranquilla.
Tuttavia dal settembre del 2003, momento in cui mi sono reso conto del problema del picco del petrolio, sono poco tranquillo in un modo totalmente diverso. Come dimostrano i casi che occupano le prime pagine, e la rete, in questi giorni, quello Cassano, e quello Ruby- Berlusconi, non è facile modificare il proprio temperamento che, probabilmente, è in gran parte innato. Ma certamente la "cultura", l'ambiente in cui viviamo, ci modifica.

A volte ho nostalgia della mia mancanza di tranquillità precedente. Non ho avuto nemmeno la possibilità di scegliere, come capita al Neo di Matrix, fra la pillola rossa e quella blu. Sono entrato in un'aula universitaria per assistere ad un seminario postprandiale sul petrolio, uno di quelli in cui si sonnecchia cercando di non farsi notare dai colleghi, e ne sono uscito un'ora e mezza dopo assai poco addormentato. Da allora periodicamente cerco, a volte coscientemente a volte incosciamente, di trovare una seria smentita alla verità manifesta del picco del petrolio e dei suoi effetti sulla nostra vita.

E' stato così per me naturale leggere d'un fiato l'ultima fatica del prof. Vaclav Smil, sui cui testi ho studiato e imparato moltissimo, dal titolo: Energy Miths and Realities. Bringing science in the energy policy debate (Miti e realtà sull'energia. Portare la scienza nel dibattito sulla politica energetica).

I miti energetici che il prof Smil intende sfatare sono molti, alcuni piuttosto datati come "la credenza che il risparmio energetico riduca il consumo totale di energia" e la fede incrollabile nell'innovazione tecnologica che si manifesta nella patologia della generalizzazione della legge di Moore (che il prof. definisce maledizione di Moore). Questi miti persistenti includono, secondo Smil, anche le auto elettriche, le rinnovabili e il nucleare.
Questi miti vengono affrontati e smontati con una certa ironia e noncuranza, quasi che il professore volesse mostrare quanto poco impegno sia necessario per distruggerli. Nella seconda parte del testo si affrontano i miti che hanno ricevuto l'attenzione dei media in tempi recenti e che hanno anche una corposa letteratura tecnico scientifica: il picco del petrolio, il sequestro dell'anidride carbonica, la produzione di combustibili dalle piante e la fonte eolica. In conclusione Smil affronta il tema della transizione energetica e dimostra, come già Robert Hirsh nel 2005, che per portarla a compimento ci vogliono decenni.

In molte parti del testo il professore è, a mio avviso, molto convincente. Il suo scetticismo e pessimismo sul lato tecnologico ha toccato delle corde profonde di convinzione che mi appartengono da sempre. La retorica che viviamo nella nostra società riguardante l'innovazione e la ricerca sono una delle tossine più diffuse e che maggiormente ostacolano una discussione seria sulla possibile evoluzione del metabolismo sociale ed economico. Fra queste la maledizione di Moore e le conseguenti patologie iper-tecnofile della singolarità appaiono le più gravi. Altrettanto convincente è Smil nel discutere la fattibilità dei megaprogetti di sequestro della CO2 e dei biocombustibili.

Purtroppo nella mia ricerca della perduta tranquillità aspettavo molto di più dal capitolo sul Peak Oil che appare veramente poco convincente. Gia la partenza è sbagliata: retoricamente il prof. presenta la teoria della gola di Olduvai come una specie di main-stream picchista. Poi tutta la critica si concentra sulla curva di Hubbert e sulla presunta mancanza di analisi dell'economia del petrolio da parte dei "sostenitori" della teoria del picco del petrolio. Siccome chiunque legga e studi il problema del picco sa che il modello di Hubbert non è nè l'unico nè il principale strumento teorico in mano a chi si occupa dell'esaurimento delle risorse finite, e che il "discorso" economico è sempre presente nel dibattito, al punto che esiste ormai un vero e proprio corpus di economia politica sviluppata sull'idea che sono i flussi di energia a determinare il livello del nostro benessere, la critica di Smil finisce interamente fuori bersaglio e lascia il lettore (ed in particolare il sottoscritto) nella stessa condizione in cui era partito.



Per ulteriori approfondimenti sul libro di Smil consiglio la recensione pubblicata da Gail Tvenberg su The Oil Drum.