Visualizzazione post con etichetta Petrolio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Petrolio. Mostra tutti i post

giovedì 25 novembre 2010

Appuntamento con il mago dell'energia.


Come ogni anno all'inizio di novembre l'IEA (International Energy Agency) Agenzia intergovernativa per l'energia dei paesi OCSE, esce con il suo documento di analisi e previsione (qui si trova un sommario in italiano). Come ogni anno gli analisti si calano nel documento con particolare attenzione alle previsioni. Quest'anno la novità è nel fatto che l'IEA propone degli scenari di taglio dei consumi tali da raffreddare la dinamica del prezzo del barile di petrolio. La figura chiave è questa (ho solo tradotto la legenda):

da confrontare, per esempio, con una analoga figura di due anni fa:


 Come si vede i nuovi scenari confermano il picco del convenzionale che è ormai un fatto assodato da due anni anche per l'IEA, e diminuiscono la produzione totale a 96 milioni di barili al giorno nel 2035. Nel documento del 2008 la produzione raggiungeva un livello superiore ai 100 milioni di barili al giorno nel 2030. Le nuove politiche dovrebbero contenere la domanda, e quindi i prezzi, e prolungare un po' la vita dei combustibili fossili. Nello stesso scenario il prezzo è previsto aumentare fino a 113 $/barile (in dollari 2009) nel 2035.



Lo scenario 450 si riferisce ad uno scenario di contenimento delle emissioni tale da non far superare alla concentrazione di CO2 in atmosfera le 450 ppm.

Il world energy outlook è un documento piuttosto corposo e per leggerlo tutto ci vuole un po' di tempo. Un certo numero di commenti sono usciti le scorse settimane su The Oil Drum a cura di Gail the Actuary.
Io ho scritto un articolo pubblicato su Notizie Radicali. Magari più avanti ci ritorno.




sabato 9 ottobre 2010

Di cosa si stanno occupando nel Palazzo?

Traduco liberamente, nel seguito di questo post, il riassunto della relazione di Jeffrey Brown presentata al congresso ASPO-USA, che si sta svolgendo in questi giorni a Washington e pubblicato sul sito The Oil Drum.


I dati e le considerazioni che ne derivano, possono essere combinati con quelli che avevo pubblicato pochi giorni fa sulla dipendenza petrolifera del nostro paese e di tutta l'Europa per trarre la conclusione che non ci sarebbe tempo da perdere nel mettere in atto politiche di emergenza su tutto il territorio per affrontare in tempo una crisi che non farà prigionieri. Invece laggiù nel Palazzo di cosa si occupano in questi giorni? Ho perso il filo. Cosa c'è in ballo? La polemica sulla magistratura politicizzata? I dossieraggi incrociati fra papaveri di regime? E l'opposizione a cosa si oppone? Alle bestemmie del premier, vero? O alle sue barzellette di cattivo gusto? E gli italiani di cosa parlano?

Passiamo ai dati sulle esportazioni dei paesi esportatori.

Secondo un modello teorico di Jeffrey Brown quando un paese esportatore di petrolio supera il picco, supponendo un calo di produzione del 5% annuo susseguente al picco, combinato con una crescita del 2,5% in quello stesso paese, nei tre anni successivi al picco il paese produttore esporterebbe il 50% di tutto il petrolio che esporterà in tutto il seguito della sua storia petrolifera. Indonesia e RegnoUnito hanno superato il picco del petrolio in anni recenti come si può dedurre dai seguenti grafici.



(Le figure sono prese dal sito Energy Export Databrowser curato da  Jonathan Callahan)

Questi due paesi nel lasso di pochi anni dopo il picco, 9 per l'Indonesia e 6 per il Regno Unito, sono diventati importatori mentre il tasso di declino della produzione ha toccato negli ultimi anni il 25%.
 
Attualmente il consumo di petrolio in Arabia Saudita sta crescendo al ritmo del 6,9% annuo. A questo ritmo l'Arabia Saudita che è stata superata dalla Russia come primo esportatore globale, cesserà di esportare petrolio entro il 2030.

Se si osserva la situazione delle 5 nazioni leader nell'esportazione di petrolio, che collettivamente forniscono metà del petrolio importato nel mondo, il modello di Brown prevede che esse forniranno il 50% del loro rimanente volume di esportazioni in due anni. Oggi ci sono 33 paesi che producono più di 100.000 barili al giorno e per questi paesi la produzione è stata sostanzialmente piatta negli ultimi 5 anni, mentre il consumo è cresciuto dal 16 al 17,5% della produzione.

Il petrolio non convenzionale, sabbie bituminose e varie qualità di petrolio pesante, che è considerato un possibile importante contributo al mantenimento della produzione globale, è anche esso soggetto a questa legge. Se si considera Canada e Venezuela, i principali produttori di petrolio da sorgenti non convenzionali, la somma della loro produzione è in realtà in declino.

Come ci si poteva aspettare la preoccupazione principale è costituita dalla domanda di  Cina e India, che hanno aumentato le importazioni dall' 11.3% del totale nel 2005, al 17.1% nel 2009. Se questa dinamica continua nel 2015 esse assorbiranno il 25% delle esportazioni globali.